La variante Delta è ormai sulla buona strada per diventare dominante negli USA – si prevede accada entro al massimo un paio di settimane – e con essa torna prevalente anche il dibattito sull’uso delle mascherine tra i vaccinati.
La contea di Los Angeles ha imposto l’uso di mascherine al chiuso a tutti, anche ai pienamente vaccinati, ma si scontra con le autorità federali, in particolare con il CDC, secondo cui i vaccinati sono al sicuro dalla variante Delta e dunque possono non indossarle. Il capo dello staff di Biden, Ron Klain, ha ribadito in una intervista per il podcast Sway che il primo consigliere sanitario del presidente, il dottor Fauci, è molto deciso su questo punto: rassicurare gli americani che i vaccinati potranno ridurre le misure restrittive è essenziale per aumentare la fiducia nella vaccinazione e invogliare tutti, specie i più giovani, a prenotare la propria dose.
D’altra parte, l’OMS sta con la contea di Los Angeles: indica, infatti, l’uso di mascherine per tutti, nonostante la copertura dei principali vaccini utilizzati nei paesi occidentali (Moderna, Astrazeneca, Pfizer e Johnson&Johnson’s) sembri molto alta anche contro la nuova variante venuta dall’India.

La variante Delta continua ad essere una preoccupazione anche in Europa. Il Portogallo ha appena dovuto reintrodurre il coprifuoco, seguendo quanto è stata costretta a fare l’Inghilterra, che qualche giorno fa ha dovuto rimandare le riaperture di un mese, al 21 di luglio.
Se da una parte la preoccupazione per una nuova impennata di contagi dettati dalla variante Delta ha impedito all’amministrazione Biden di aprire i confini ai cittadini europei, nemmeno se vaccinati, dall’altra aumenta sempre più la pressione sulla Casa Bianca a reciprocare il favore e lasciar entrare gli abitanti del Vecchio Continente, che ha già riammesso l’ingresso ai cittadini americani per turismo.
Riporta il Corriere della Sera che le ambasciate europee a Washington, inclusa quella italiana, sono inondate di proteste da settimane non solo per la questione del turismo: le imprese attive negli USA non riescono a mandare dipendenti e manager oltreoceano, professori, studenti e ricercatori hanno difficoltà ad ottenere il visto per poter entrare negli USA nonostante abbiano contratti di lavoro o ammissioni in università americane. Inoltre, il Dipartimento di Stato ha istruito i funzionari a vagliare con assoluto rigore ogni richiesta di ingresso tramite le cosiddette NIE (National Interest Exception), erogate dalle ambasciate e dai consolati statunitensi. Insomma, sono ancora in vigore le stesse severissime restrizioni introdotte da Trump 15 mesi fa, e mai emendate dal nuovo presidente, nonostante la situazione sanitaria sia oggi drasticamente differente.

Un articolo del Wall Street Journal sottolinea che la mancanza di reciprocità stia ostacolando i rapporti transatlantici. Per questo l’associazione newyorkese GEI (Gruppo Esponenti Italiani), che accorpa aziende ed esponenti italiani che operano negli USA, ha scritto una lettera al Dipartimento di Stato ed al Presidente stesso chiedendo proprio di riaprire al più presto le frontiere degli Stati Uniti ai cittadini italiani.
Al coro si sono recentemente uniti anche il gruppo Air France-KLM (“attendiamo con ansia reciprocità da parte del governo USA. La rotta transatlantica è la più importante lunga tratta che abbiamo”, ha detto l’amministratore Benjamin Smith) e la Camera di Commercio americana. La Camera di Commercio ha infatti specificato che il ritorno di business e turismo europeo “aiuterebbe la crescita economica e la creazione di lavoro per gli americani in tutto il paese”.
“Sappiamo che le persone vogliono venire qui e vogliono viaggiare in altri paesi, lo capiamo”, ha detto la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki mercoledì, “abbiamo gruppi di lavoro con canadesi, europei e altri per determinare una tempistica di riapertura sicura”.