Il Grand Jury ha ufficialmente incriminato Allen Weisselberg, il Chief Financial Officer della Trump Organization. Weisselberg si costituirà giovedì mattina. Lo scrive il Washington Post che ha avuto la conferma da due persone informate della vicenda. Per il District Attorney di Manhattan, Cyrus Vance, si apre un luglio di fuoco. E non solo per lui.
Per ora nel mirino degli inquirenti c’è questo quasi 74enne amministratore dell’impero dell’ex presidente: è lui che per conto della Trump Organization ha firmato le tasse, è lui che ha presentato le richieste per gli ingenti prestiti ottenuti dagli istituti di credito.
Non si sa cosa gli inquirenti abbiamo scovato nelle casse di documenti depositati alla Procura distrettuale di Manhattan da Jennifer Weisselberg, ex nuora di Allen Weisselberg. Per ora su di lui penderebbe l’accusa di aver ricevuto e concesso benefici extra, come il pagamento delle rette di scuole private, automobili, appartamenti, e una serie di vantaggi economici ricevuti e concessi per se e per altri dirigenti dell’azienda non inclusi nella denuncia dei redditi. Peccati veniali paragonati a quelli che il suo boss, ex presidente degli Stati Uniti, rischia di essere incriminato. Di sicuro gli avvocati inquirenti dopo il rilascio forzato delle tasse private e societarie dell’ex presidente e la montagna di carte consegnata da Jennifer Weisselberg alla procura distrettuale, hanno avuto un panorama più chiaro delle vicende finanziarie della Trump Organization.
In una delle tante interviste mandate in onda dai network televisivi negli ultimi giorni Barbara Res, ex vicepresidente della Trump Organization, autrice del libro All Alone on the 68th Floor: How One Woman Changed the Face of Construction racconta le sue esperienze lavorative nei 18 anni trascorsi fianco a fianco con Donald Trump. Molti aneddoti e una assoluta certezza: non c’era nessuna decisione finanziaria che non venisse autorizzata da Donald Trump.

Partendo da questo presupposto gli inquirenti usano la stessa tecnica usata sia per sconfiggere la criminalità organizzata che per mandare in prigione i leoni di Wall Street: colpire le pedine più vulnerabili per arrivare ai vertici. La fantasia è poca, ma i risultati quasi sempre sono generosi. La pedina più vulnerabile è appunto Allen Weisselberg, l’onnipresente contabile in azienda sin dai tempi in cui Fred, il padre di Donald, era al timone. “E’ quello che conosce tutti i segreti della Trump Organization” afferma carico di veleno Michael Cohen, ex avvocato dell’ex presidente, finito in prigione dopo essere stato in malomodo scaricato da Donald Trump, per una indagine scaturita sui pagamenti fatti alla modella Karen McDougal nell’autunno del 2016 e pochi mesi dopo alla pornostar Stormy Daniels. Due assegni uno da 150 mila dollari e uno da 130 mila usati per coprire le scappatelle dell’allora candidato repubblicano alle presidenziali. Un particolare questo importantissimo, perché questi due assegni sono stati considerati come se fossero stati usati per mettere a tacere vicende legate alla campagna elettorale di Trump e quindi fondi elettorali non dichiarati in violazione ai limiti permessi. Trump disse di essere all’oscuro di tutto e Michael Cohen venne incriminato. Abbandonato da Trump dopo aver coperto le sue relazioni sessuali, decise di collaborare con gli inquirenti e per questo è stato interrogato dal District Attorney di Manhattan una decina di volte e molto probabilmente avrà testimoniato al Grand Jury che ha rinviato a giudizio Allen Weisselberg.
E come in tutte le detective story sono i piccoli particolari, o gli eventi imprevedibili, che alla fine smascherano il colpevole. Per anni Allen Weisselberg aveva conservato i documenti “scottanti” non in casa sua, troppo da principianti, ma in casa del figlio Barry, sposato con Jennifer. Una precauzione che si è trasformata in una maledizione. Barry e Jennifer dopo 18 anni di matrimonio hanno divorziato. Una rottura velenosa, carica di rancore. La donna ha accusato il marito di averla aggredita e ha ottenuto un ordine di protezione da parte della polizia. In pratica l’ex marito non poteva avvicinarsi all’abitazione. Ai primi di marzo, dopo aver consultato il suo avvocato, Jennifer Weisselberg ha contattato la procura distrettuale di Manhattan informando che aveva casse di documenti della Trump Organization nella cantina di casa. Gli inquirenti che da anni indagavano, li hanno immediatamente sequestrati. Pochi giorni prima Cyrus Vance aveva vinto la battaglia con gli avvocati di Trump per ottenere le dichiarazioni dei redditi, personale e societaria, dal 2011 al 2019. Due circostanze che hanno dato le munizioni agli inquirenti per fare i riscontri tra i libri contabili e le tasse pagate.
In questo scenario domani ci sarà l’incriminazione formale di Weisselberg e della Trump Organization.
Da vedere ora se Allen Weisselberg vorrà passare i prossimi anni in tribunale o, addirittura in prigione, o se deciderà di collaborare con gli inquirenti e racconterà anche lui, come ha fatto Michael Cohen, chi è che realmente prendeva le decisioni nella società.

Il minaccioso panorama giudiziario per l’ex presidente Donald Trump è ulteriormente peggiorato nel pomeriggio dopo che la Camera dei Rappresentanti ha approvato con 222 voti favorevoli e 119 contrari la formazione della commissione d’inchiesta per l’assalto al Congresso del 6 gennaio. Ai 220 democratici si sono aggiunti i due repubblicano Liz Cheney e Adam Kinzinger. Uno dei due probabilmente verrà nominato da Nancy Pelosi alla presidenza della Commissione. Caustico il commento di Liz Cheney alla dirigenza del partito repubblicano che in una nota scrive: “Dal 6 gennaio il coraggio del mio partito si è dissolto. Quotidianamente Trump ripete le stesse bugie che hanno provocato l’insurrezione e nessuno del mio partito ha la forza per contraddirlo. La nostra responsabilità parlamentare è di confrontare queste minacce non quello di assecondare e sviare la loro pericolosità”.
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