Forse ci siamo. L’arrivo della bella stagione e la campagna vaccinale che, pur con qualche alto e basso, prosegue a ritmo sostenuto nell’area metropolitana di New York fanno sperare che, dopo un anno e mezzo di emergenza, si stia finalmente voltando pagina sulla fase acuta della pandemia.
Con il lungo periodo di isolamento che potrebbe volgere al termine, gli americani sono ansiosi di riconquistare quegli spazi sociali che sono rimasti per troppo tempo off-limits e di riprendersi la gioia e la spensieratezza dello stare insieme senza eccessivi timori.
Questo risveglio post-pandemico non è soltanto sociale ma anche e soprattutto economico in quanto preannuncia la ripresa di molte attività commerciali che erano rimaste congelate dai distanziamenti sociali e dall’isolamento coatto dei vari lockdowns primi fra tutti, bar e ristoranti che costituiscono da sempre uno dei settori vitali dell’economia cittadina.

Ma, malgrado i casi di contagio siano in drastica diminuzione, i gestori dei locali newyorchesi si trovano ora di fronte ad una nuova “emergenza” che, a quanto pare, sta interessando, a vari livelli, tutto il paese: la mancanza di personale.
Per quanto il problema sembri avere un impatto su settori diversi, è particolarmente sentito nel campo della ristorazione che è forse anche quello che ha sofferto di più il regime di quarantena imposto dall’emergenza sanitaria tanto che in alcune zone del paese, i ristoratori stanno ricorrendo a rimedi estremi per scovare personale.
Per molti locali italiani poi, quello del reperimento di personale qualificato era già un problema in tempi precedenti alla pandemia.

“Riuscire a trovare competenze specifiche nel nostro settore è sempre stato un problema – conferma Rosario Procino, partner della nota pizzeria Ribalta nella zona di Union Square a Manhattan – In America non esistono scuole di formazione come i nostri istituti alberghieri che formano anche il personale di sala. Noi abbiamo sempre compensato a questa carenza con personale italiano. In questa fase, oltre a questa carenza qualitativa, ce n’è anche una quantitativa”.
Né il problema sembra essere circoscritto solo a camerieri e bartender.
Oltre ad essere proprietario di famosi locali di Manhattan come Il Gattopardo e Mozzarella e Vino, Gianfranco Sorrentino è anche presidente del Gruppo Italiano, consorzio storico che riunisce non solo ristoratori ma anche importatori, distributori e produttori impegnati, sin dagli anni 70, a valorizzare la tradizione gastronomica italiana negli Stati Uniti.

“Questa carenza di personale non riguarda solo i ristoranti – ci ha detto Sorrentino – Anche figure professionali diverse come ad esempio i rappresentanti, devono essere in grado di conoscere e spiegare ai clienti le caratteristiche dei loro prodotti. Un aspetto del lavoro in cui non solo la preparazione ma anche l’italianità in sé stessa è importante. E in questo, la pandemia ha provocato danni enormi che sussistono anche in questo periodo di ripresa”.
Nel 2020, nei mesi iniziali della pandemia, molti ristoratori hanno provato a sostenere economicamente i propri impiegati in attesa di capire cosa stesse effettivamente accadendo e sperando in una rapida risoluzione della crisi.

Uno di questi è Salvatore Fraterrigo, proprietario fondatore di Norma Gastronomia Siciliana, ristorante affermatosi qualche anno fa per l’autenticità della sua cucina siciliana e il cui successo lo ha indotto ad aprire un secondo ristorante a Manhattan, nella zona di Hell’s Kitchen, che ha aperto nel pieno della crisi.
“Quando all’inizio della pandemia ci è apparso chiaro che avremmo dovuto chiudere temporaneamente il locale per salvaguardare l’incolumità di nostri dipendenti – ha dichiarato Fraterrigo – abbiamo provato a sostenerli economicamente versando loro un compenso settimanale parziale. Ma il trascinarsi della crisi, mese dopo mese, a lungo andare ha reso la situazione insostenibile”.

Situazione analoga anche a Ribalta come conferma Rosario Procino: “Durante la pandemia siamo riusciti a mantenere a lavoro tutto il personale di cucina mentre abbiamo perso quasi tutto quello di sala. Con la ripresa e la riapertura graduale abbiamo dovuto ricostruire l’intero team. Adesso siamo vicini al 90% dei fatturati pre-Covid ma con il 30% di personale di sala in meno è dura”.
Sulle cause di questa crisi di manodopera i pareri sono per lo più concordi.
Nel periodo più buio della pandemia con l’attività economica in caduta libera e la conseguente impennata della disoccupazione, i governi statali e quello federale hanno tentato di contenere il danno economico erogando aiuti straordinari per le imprese e per le famiglie. Tra questi, un aumento quantitativo e un’estensione della durata dei sussidi di disoccupazione che hanno consentito a molti tra i gruppi sociali più vulnerabili di evitare la catastrofe finanziaria. Adesso però, con il virus in ritirata e le imprese che premono per recuperare il tempo perduto, da più parti ci si chiede se questi aiuti straordinari non siano divenuti un ostacolo per la ripresa in quanto costituiscono un disincentivo per il ritorno al lavoro.

Secondo Gianfranco Sorrentino “al momento, i sussidi di disoccupazione straordinari stanziati per aiutare i disoccupati, sono più alti dei salari di alcune categorie di lavoratori tipo lavapiatti e bussers e questo rende il ritorno al lavoro meno urgente”.
Un’ipotesi condivisa da Rosario Procino: “Con l’arrivo della pandemia buona parte della forza lavoro ha lasciato New York per posti dove si è lavorato anche durante la crisi come la Florida o, come è stato il caso per molti italiani, per tornare ai paesi di origine. Ma il problema principale, secondo me, risiede negli aiuti federali. E’ impensabile offrire aiuti economici alle aziende per assumere personale e allo stesso tempo offrire agli impiegati sussidi per stare a casa. Le due cose sono in forte contraddizione tra loro”.

Ma ci sono anche altri fattori da tenere in considerazione. Mentre la crisi ha messo in ginocchio molti settori economici come quello della ristorazione, per molti altri invece ha rappresentato una manna dal cielo. Aziende come Amazon, Walmart e Costco hanno aumentato considerevolmente il loro volume di affari e, per sostenere questo aumento, hanno assunto forza lavoro aggiuntiva spesso a livelli salariali superiori a quelli di molti ristoranti sopratutto quelli al di fuori dei grandi centri urbani dove i salari minimi sono più bassi.
La concorrenza inoltre, esiste anche nel campo della stessa ristorazione.
“Proprio perché in questo momento la domanda di impiego eccede l’offerta – ha evidenziato Salvatore Fraterrigo – anche coloro che sono disposti a tornare al lavoro sono molto selettivi e non accettano il primo impiego che viene loro proposto”.

Non bisogna dimenticare inoltre, che molti distretti scolastici in tutto il paese, non hanno ancora ratificato una piena riapertura delle aule costringendo molti genitori a restare a casa e creando altri problemi per la disponibilità di personale.
“Questo anno scolastico – ha dichiarato Gianfranco Sorrentino – le lezioni erano e sono ancora on-line e le famiglie si sono dovute organizzare per accudire i bambini e quindi uno dei genitori ha dovuto rinunciare a lavorare per stare a casa”.
In un clima di estrema polarizzazione politica come quello americano attuale, questo dato sulla scarsità di manodopera che persiste malgrado livelli di disoccupazione ancora relativamente alti, è diventato immediatamente il punto centrale di una controversia ideologica, con i conservatori che hanno colto la palla al balzo per reiterare l’adagio che, a lungo termine, i sussidi sociali si traducono in un disincentivo al lavoro e in un ostacolo alla ripresa economica.

Ma una serie di rigorose analisi accademiche condotte su questo argomento dimostrerebbero che il problema è relativo, nel senso che, pur essendo reale in una certa misura, si deve considerare legato ad un semplice cambiamento di circostanze.
Quando il paese era ancora nella fase peggiore della crisi pandemica, questi sussidi sociali hanno salvato dalla rovina migliaia di individui e di famiglie rendendoli capaci di continuare a spendere in una certa misura, contribuendo così al ciclo economico-produttivo.
Ora, con la ripresa in fase di accelerazione, e con la scadenza per molti di questi sussidi fissata per il prossimo settembre, la situazione dovrebbe ricomporsi e tornare verso una parvenza di normalità, soprattutto se si considera il fatto che a settembre, la ripresa dell’anno scolastico potrebbe anche sancire un ritorno in aula per tutti gli studenti che sono rimasti a casa durane questi ultimi mesi consentendo ai loro genitori di tornare finalmente al lavoro.