Fra il 2010 ed il 2020 la popolazione statunitense è cresciuta del 7.4% arrivando a quota 331.5 milioni. Lo attestano i dati del censimento decennale pubblicato lunedì 26 aprile dallo United States Census Bureau. Questo dato, però, fa registrare il secondo peggior tasso di crescita nella storia statunitense dagli anni ’30, la decade della Grande Depressione post crisi del 1929.
Su questo censimento si è abbattuta più di una maledizione. Già nel 2018, Donald Trump promise di inserire nella procedura alcune domande sulla cittadinanza, così da escludere gli immigrati irregolari residenti su suolo americano dalla conta. Da allora si sono susseguite battaglie legali e politiche fra il Congresso e la Casa Bianca sulle procedure da utilizzare per censire gli immigrati irregolari. Lo scorso anno, poi, Donald Trump tentò di forzare le tempistiche del censimento per avere i dati aggiornati entro la fine del suo mandato. Nel frattempo, però, sugli Stati Uniti si erano abbattuti la pandemia da coronavirus e la stagione degli uragani e degli incendi. A causa della prima, la popolazione ha cambiato le proprie abitudini creando non pochi problemi alla procedura di censimento: gli studenti del college hanno lasciato i campus per tornare a casa, nuovi disoccupati si sono spostati verso stati con maggiori opportunità e famiglie hanno deciso di andare a vivere là dove il costo della vita sembrava minore. Ma, secondo gli esperti, nonostante la travagliata storia di questo censimento, i dati pubblicati sembrano essere in linea con quelli di altri studi indipendenti.
Il tasso di crescita al 7.4% è il secondo più basso dopo quel 7.3% registrato negli anni ’30. Le motivazioni sono per certi versi analoghe: la crisi economica del 2008 ed il suo impatto sulla società hanno rallentato la crescita demografica del paese. Non solo più insicurezza finanziaria ha prodotto una minore natalità ma ha attirato meno immigrati soprattutto dal Messico. Sia per la minore attrattività degli Stati Uniti nell’ultimo decennio che per le politiche portate avanti da Donald Trump, l’immigrazione in entrata è drasticamente diminuita. L’ultimo anno, poi, ha fatto registrare record in negativo proprio a causa della pandemia. Poi, secondo gli esperti, anche la fertilità è in calo con una media di 1.73 figli per donna, meno della soglia che garantirebbe un pareggio fra nuovi nati e popolazione deceduta. Anche per questo, il Washington Post riporta che gli over 65 sono cresciuti del 35% e cresceranno ancora quando nei prossimi anni assisteremo ad un progressivo invecchiamento della generazione dei baby boomers.

Il censimento non è un esercizio di stile, serve principalmente ad allocare risorse, finanziamenti e seggi elettorali al Congresso. Dallo spaccato offerto dallo United States Census Bureau, le aree del Nord-est e del Midwest risultano in una fase di declino demografico in favore degli stati del Sud e del West. Texas, Washington, Colorado, Florida, Nevada, Idaho, Dakota del Nord e District of Columbia hanno tutti registrato un tasso di crescita superiore al +14%. Lo Utah guida gli stati demograficamente in crescita con un +18.37% di popolazione rispetto allo scorso decennio. Questo progressivo spostamento della popolazione ha cambiato la conformazione del Congresso: Florida, Carolina del nord, Colorado, Oregon e Montana guadagnano un seggio alla Camera dei Rappresentanti; il Texas ne guadagna due.
A scontare la crescita degli stati del Sud e del West sono state le aree urbane più costose e le aree rurali e post-industriali dove la crisi della manifattura ha colpito duramente la popolazione. Illinois, Mississipi e West Virginia registrano un tasso negativo di crescita mentre i sempre più deboli flussi migratori rallentano l’ascesa demografica della California, lo stato più popoloso negli USA. New York, Pennsylvania, Illinois, Ohio, Michigan e California perdono un seggio a testa. Un duro colpo per stati prevalentemente democratici alla vigilia delle elezioni di midterm del prossimo anno.
Mentre la California fa registrare per la prima volta un declino nel numero di seggi alla Camera, lo stato di New York continua la sua parabola discendente iniziata nel secondo dopoguerra. Dai 45 seggi alla Camera attestati nel 1940, oggi lo stato ne occupa soltanto 26.
Se questa tendenza dovesse consolidarsi, gli Usa rischierebbero il declino demografico, allineandosi di fatto a molti stati europei e dell’Estremo Oriente. Una prospettiva che, in assenza di forti flussi migratori in entrata, rischia di minare il famoso “eccezionalismo” americano.