Valeria Golino, attrice amata in Italia e in America, è un’icona femminile dall’inarrestabile talento. Nel 2013 ha esordito con la sua prima regia, Miele: secondo lei mettersi dietro la macchina da presa è “prendersi la responsabilità delle proprie idee”. In questo momento si trova a Los Angeles per la seconda serie di The Morning Show firmata Apple Tv. Ha vinto due volte la Coppa Volpi (1986 e 2015), tre David di Donatello e numerosi Nastri d’Argento. La sua ultima regia, Euforia, è stata presentata al Festival di Cannes del 2018. Inizia la sua carriera in Italia ma arriva presto negli Usa: la regista Lina Wertmüller la scopre nel 1983, e nel 1988 compare nel famoso Rain Man vincitore d’Oscar, dove recita accanto a Tom Cruise e Dustin Hoffman.

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Con le parliamo del debutto in America. “Sono stata scelta dall’Italia per un film della Paramount, Big Top Pee-wee (Kleiser, 1988), e sono venuta per la prima volta a Los Angeles pensando di ritornare, invece sono rimasta. Ho fatto film che sono stati visti in tutto il mondo: i due Hot Shots!, Rain Man, un film con Sean Penn, un altro con Carpenter, e molti altri… A Los Angeles ho vissuto per dieci anni, non ho avvertito particolari differenze con l’Italia, ero sempre in viaggio, sono anche andata in Messico per Puerto Escondido di Salvatores. In America c’erano più possibilità, l’industria è più strutturata, era il sogno di tutti allora. Ci sono anche differenze di mentalità: lì ho imparato la disciplina che prima non avevo, la tecnica, la professionalità. Ma la mia carriera è comunque partita dall’Italia, dove ho fatto i film di cui vado più fiera, i ruoli a cui sono più affezionata”.

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A prescindere dal covid, Valeria Golino vuole sottolineare che le cose sono molto cambiate per le donne. “Parlo per il mio lavoro. Soprattutto in America, le donne sono ovunque dalla regia, alla produzione, all’organizzazione. La serie su cui sto lavorando in questo momento per esempio, è piena di donne al potere. Perché vediamo solo quello che non è successo? Diamo spazio alle conquiste, prima c’erano cinque registe, ora ce ne sono mille. Più le donne saranno al potere, più si parlerà delle violenze. C’è questo shift of power che in qualche modo indebolisce gli uomini, forse rendendoli più violenti. Ho fede, ancora, che il cinema possa trasmettere delle idee. Senza inclusione forzata, senza razzismo, dando luce al pensiero nel modo giusto. Il covid ha tolto tante cose alle donne, ma anche agli uomini. E’ giusto capire quali lotte dobbiamo intraprendere, viviamo un momento di grande transizione”.

Me Too, body shaming, body positivity… e la voce delle donne. Un messaggio per non riesce a trovare la sua? “Dobbiamo tutte noi pensare a quello che è successo, levarci dalla posizione della vittima. Non lo siamo, non possiamo più esserlo. La vittima non ha una medaglia. Tutto quello che cerchiamo di fare dobbiamo viverlo da guerriere non da vittime, io mi rifiuto di esserlo. Bisogna andare “verso” le cose, non “contro” le cose”.
Un personaggio femminile a cui è affezionata è Grazia. “Respiro di Emanuele Crialese, è un film senza età, che si potrà sempre vedere. Era un momento di grazia, la protagonista porta questo nome. In quel ruolo ho potuto fare qualcosa di umano, al di là della cronaca, del superficiale”.

Raffinata, ribelle, ma a colpire è la tenacia: non solo come attrice ma anche alla regia. “Forse ho cominciato a fare film da regista troppo tardi, essendo donna e attrice dovrebbe bastarti. Invece avrei dovuto e potuto, se avessi avuto un’altra idea di me stessa. Adesso è diverso, le donne che vogliono provare possono cominciare da subito. Per me non è mai stato un peso essere bella, donna e attrice insieme. Mi rendo conto che potevo dare l’impressione di essere innocua. Mettersi dietro la macchina da presa è dire la propria, prendersi la responsabilità delle proprie idee, della propria immaginazione, esporsi veramente”.