Non c’è weekend per congressmen e senatori. Quasi tutti al lavoro per preparare l’articolo per l’impeachment per Donald Trump. Le accuse sono pesantissime: incitamento alla violenza contro gli Stati Uniti. L’altra possibilità per metterlo davanti alle conseguenze che la sua retorica ha causato sarebbe quella di applicare il 25.mo Emendamento della Costituzione che permette di rimuovere il presidente in caso di incapacità. Ma Mike Pence che è l’unico che ne può chiedere l’applicazione, ha aspirazioni politiche e non si vuole alienare i seguaci dI Trump e non la vuole prendere. E così Nancy Pelosi prepara il nuovo stato di accusa per Trump, unico presidente a subire due impeachment nello stesso mandato nei 245 anni di storia americana.
Sul tavolo resta solo un’altra possibilità: quella delle dimissioni, probabilmente quella che Trump malvolentieri sarà costretto a prendere dopo aver studiato l’autoperdono giudiziario, confutato dalla maggior parte dei giuristi costituzionali. Dimissioni sperando poi che Mike Pence gli conceda il perdono.
I tempi per preparare l’impeachment, fare il dibattito e votare non ci sono. Mancano 11 giorni all’investitura di Biden. Così i democratici, che dal 20 gennaio avranno la maggioranza anche al Senato, vogliono proseguire con l’impeachment anche dopo che Trump avrà lasciato a Casa Bianca e, se dovesse essere riconosciuto colpevole delle accuse che il Congresso gli muove, non potrà mai più prendere parte attiva alla politica. Addio sogni di presidenziali 2024!
Mentre l’America si chiede come questa violenta rivolta contro l’establishment politico sia stata possibile, l’Fbi dà la caccia ai barbari, i “lazzari” di Masaniello versione americana, che hanno saccheggiato il palazzo del potere. L’FBI li sta riconoscendo grazie alle telecamere a circuito chiuso e grazie anche al loro contributo con le foto che hanno postato sui social per vantarsi dell’impresa.
La violenta accozzaglia populista trumpiana, ora anche indagata per l’omicidio di un agente federale, viene riconosciuta e arrestata. Una fauna umana bizzarra, un po’ Hell’s Angel, un po’ KKK, un po’ comuni californiane Anni 70 tipo Charlie Manson, un po’ sciroccati dai videogiochi a caccia dei 15 minuti di celebrità. Su tutti lo sciamanno dei Qanon, come Jack Angeli si autodefinisce. Disoccupato dell’Arizona con il suo bizzarro costume un po’ Sioux un po’ vichingo ha postato la sua foto dicendo che vuole fare l’attore.
Richard “Rego” Barnet, invece, è quello con i piedi sulla scrivania di Nancy Pelosi e che per ricordo ha preso dalla scrivania della speaker una lettera e l’ha postata su Twitter cosa che ha permesso agli agenti di arrestarlo in un secondo e ora è in carcere in Arkansas. Lo hanno accusato oltre che di vandalismo di oggetti di proprietà federale, anche del furto per la lettera rubata. Oppure Adam Johnson, QAnon d’acciaio, che tutto sorridente si è fatto fotografare con il leggio di Nancy Pelosi tra le mani, ora in carcere nell prigione di Pinella in Florida in attesa di essere estradato.
C’è anche il rampollo di un giudice della Corte Suprema di Brooklyn, Aaron Mostofsky, figlio di Shlomo Mostofsky, “personaggio molto conosciuto nella comunità ebraica ortodossa” scrive il New York Post, magistrato della Corte Suprema di Brooklyn. AaRon è stato immortalato mentre si aggirava nelle sale del Congresso vestito un po’ da orso Yogy, un po’ da Chubaka di Guerre Stellari con giubbotto antiproiettile e uno scudo antisommossa. Aaron Mostofsky è al momento a piede libero anche se l’Fbi lo ha messo nella lista dei ricercati.
Gli agenti federali sono sicuri che anche se non li arresteranno tutti, ne prenderanno una bella quantità.
Una cosa da mettere in chiaro: i lazzari inferociti che devastano il Campidoglio non hanno nulla a che vedere con la stragrande maggioranza dei repubblicani che hanno votato alle ultime elezioni e che, soprattutto, hanno accettato democraticamente la sconfitta di Trump. Sono una scheggia impazzita della politica in gran parte maturata nei piccoli centri della provincia americana, quelli dove non succede mai nulla. Armati, religiosi, annoiati, eccitati dalle teorie farneticanti dei QAnon. Quel “basket of Deplorables” recriminato da Hillary Clinton e che Trump, al grido di “Arrestiamola Arrestiamola” rivolto all’ex first lady, è riuscito a catturare, esaltando il rancore antiestablishment che avevano, aiutato in questo da reti televisive amiche e complici che hanno preferito puntare sugli altissimi ascolti invece che sui contenuti dando un megafono alle migliaia di bugie dette, ai brogli elettorali, alle elezioni rubate e a tutto il populismo becero degli ultimi quattro anni.
Una base esaltata inamorata dallo slogan Make America Great Again creato da Roger Stone. E Trump ha coltivato fino all’ultimo questa componente razzista strizzando l’occhio ai Proud Boys esaltati nel primo dibattito televisivo con Joe Biden ai quali ha detto “Stay Back and Stand By”. Come fece con il KKK e tutti i suprematisti bianchi difesi dopo le violenze di Charlottesville, o i miliziani che vanno in giro armati e che avevano progettato il rapimento della governatrice del Michigan. Gruppi di esaltati convinti di rappresentare i valori americani che vogliono difendere a tutti i costi. Un fascia elettorale che Trump con i suoi tweet è riuscito a catturare diventandone il loro paladino cementato sin dall’inizio con il razzismo anti Obama con la sua folle teoria del falso certificato di nascita del suo predecessore. Un cinico calcolo politico per scoperchiare il vaso di Pandora dei bassi istinti riuscendo senza nessuna ideologia ad acciuffare milioni di americani e portarli al voto. Dei più dei 70 milioni di voti che ha ricevuto almeno la metà sono con lui. Bisognerà ora vedere se gli altri 35 milioni di elettori repubblicani lo seguiranno o prenderanno le distanze.