“Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo.”
Le parole di rispetto e fraterna solidarietà di Papa Francesco per le persone gay, lesbiche e transgender hanno fatto il giro del mondo. Francesco nella sua saggezza (e intuizione mediatica) le aveva pronunciate durante un’intervista televisiva concessa lo scorso anno, ma sono diventate dirompenti sulla scena mondiale solo qualche giorno fa alla Festa del Cinema di Roma, durante la prima del documentario Francesco del regista russo di nascita e americano di adozione, Evgeny Afineevsky.
Raramente un festival cinematografico ‘fa’ la storia, ma la Festa del Cinema di Roma c’è riuscita in questa edizione difficile e coraggiosa che vede emergere con ancora più forza la leadership intellettuale e spirituale del suo direttore artistico Antonio Monda. “Neanch’io mi aspettavo questa bomba” mi ha confessato Monda venerdì mentre scorreva la rassegna stampa del festival ricolma di articoli di tutti i media del mondo che sottolineavano la storicità del pronunciamento papale.
Tutto il magistero di Francesco va nella direzione dell’inclusività: da quel famoso “chi sono io per giudicare?” pronunciato in aereo all’inizio del pontificato che sconvolse tanti benpensanti e reazionari, alla rivisitazione del personaggio di Giuda, considerato fratello e amico secondo la lezione di don Mazzolari, all’ultima enciclica ‘Fratelli Tutti’, dove quel ‘tutti’ non ammette nessuna esclusione, nessuna eccezione, nessuna discriminazione di nessun tipo.

Tutti i papi, in maniera più o meno esplicita e ferma, a partire almeno da Pio XI hanno condannato il razzismo e la discriminazione nei confronti di minoranze etniche, linguistiche e religiose, quasi mai hanno esteso la richiesta di garanzie giuridiche, sociali e politiche alle persone omosessuali. Eppure gay e lesbiche nei secoli sono stati vittime innocenti di atroci persecuzioni: dai roghi dell’Inquisizione ai campi di sterminio nazisti, alle forche del regime degli Ayatollah. Solo Francesco però ha avuto il coraggio di dire quelle semplici parole a un ragazzo gay vittima degli abusi di un prete: “Juan, è Dio che ti ha fatto gay e comunque ti ama. Dio ti ama e anche il Papa poi ti ama”. Il Papa non ha detto ‘ti tollera’, ‘ti sopporta’ e nemmeno ‘ti accetta’ ha detto ‘ti ama’.
Il documentario ha fatto scalpore in tutto il mondo per i pochi minuti di intervista in cui papa Francesco auspica il riconoscimento giuridico delle unioni civili omosessuali, ma dipinge un ben più ampio affresco di questo pontificato. Afineevsky, già nominato agli Oscar per documentari sulle guerre in Ucraina e Siria, pur definendosi non-credente è infatti affascinato dal coraggio e dalla freschezza del messaggio a tutto campo di Francesco. Il regista esalta la straordinaria coerenza del pontefice nel sottolineare la concatenazione della questione ecologica e ambientale con le grandi migrazioni con la necessità del riconoscimento di un unico vincolo di fratellanza tra tutti gli essere umani come unica soluzione ai problemi del pianeta.
Il documentario, oltre all’ondata di reazioni positive e commosse della comunità LGBT, delle loro famiglie e di tante persone cristiane e no che hanno accolto con gioia questa apertura tardiva ed epocale ha suscitato un vespaio cosmico riguardo alla provenienza dell’intervista, ai tagli e al montaggio della stessa. Se vi interessano i gialli vaticani, la migliore ricostruzione della vicenda è quella della rivista dei gesuiti statunitensi, America magazine.
La mia conclusione è che la sostanza non cambia. Il Papa ribadisce, in maniera inequivocabile, una posizione che aveva già espresso da arcivescovo di Buenos Aires e cioè che senza intaccare la dottrina tradizionale sul matrimonio sacramentale tra un uomo e una donna, egli approva e incoraggia il riconoscimento di unioni civili anche tra persone dello stesso sesso.

Purtroppo diversi vescovi e cardinali in questi ultimi giorni si sono affannati in una valanga di cavilli, citazioni, distinguo e interpretazioni ampollose che miravano ad annacquare le parole semplici e chiare del Papa nel documentario di Afineevsky. Si va dal campione di arrampicata sugli specchi, il vescovo ciellino Camisasca di Reggio Emilia, al cardinale ribelle americano Burke, già socio del fraudolento Steve Bannon. Ignorateli e quando vi capiterà vedete il film. Vedrete che il messaggio di Francesco non ha bisogno di glosse e spiegazioni perché ha il profumo e la freschezza del Vangelo.