“Abbiamo tanta paura” dice Carla Rocca, sindaca di Solza (BG) “qui le pompe funebri non riescono a stare al passo con i morti”
Nella Bergamasca si muore…tanto, troppo. Ci sono più morti del numero ufficiale perché molte persone ormai muoiono in casa, senza aver neanche fatto il tampone. Rimangono in casa anche per non andare negli ospedali ormai stracolmi e magari morire senza i propri cari. In molti si chiedono come mai in Lombardia e in particolare in questa parte della Lombardia, la bassa Val Seriana e Bergamo, il contagio abbia raggiunto un livello intollerabile.
Se si torna indietro di un paio di settimane ci si accorge che quello che è accaduto ad Alzano Lombardo era forse evitabile. Il capogruppo di maggioranza in Comune, il leghista Anelli, aveva pubblicato un video su Facebook in data 7 marzo (in seguito rimosso) dove chiedeva di dare la priorità all’economia della zona per le scelte che riguardavano il territorio. La tardiva chiusura delle ben 370 aziende di Nembro e Alzano Lombardo (in cui lavorano circa 4000 persone e che producono un fatturato di circa 680 milioni di euro) ha causato probabilmente una buona parte dei contagi. Tante imprese infatti han chiuso solo dopo il decreto del 21 marzo mentre alcune che potevano farlo sono rimaste aperte. Ma non solo. C’è un’importante testimonianza -riportata da una assistente socio-sanitaria in visita ad un familiare- che rivela di aver visto pazienti Covid positivi insieme ad altri, nella stessa stanza, e questo sarebbe accaduto nella notte fra il 22 e 23 febbraio. Questa testimonianza è stata anche riportata dal quotidiano “Il Foglio”.
Sindaco Rocca, come sta vivendo questo momento e come lo stanno vivendo i suoi concittadini?
“Abbiamo paura. Le visite regolari sono sospese e non ci possiamo ammalare o ferire, ci sono persone con problemi cardiocircolatori che temono di non poter essere curati visto che il nostro ospedale di riferimento è quello di Alzano Lombardo, ma anche il Giovanni XXII di Bergamo è ormai in emergenza Covid. Pensi che tredici medici dell’Ospedale di Bergamo han pubblicato un appello disperato sulla Rivista scientifica Catalyst, (che fa parte del New England Jourmal of Medicine n.d.r.) dove raccontano che l’ospedale è ormai contaminato, su 900 letti 300 sono occupati da pazienti Covid e tanti anziani non possono venir rianimati. Han detto che si è davanti ad una “crisi di salute pubblica e umanitaria”.
Non ho mai visto nulla di simile, è una situazione allucinante, alcuni di noi sono in casa in salute mentre intorno a noi continua a morire gente, qui tutti hanno parenti o amici già morti o in ospedale”.
Anche lei pensa che le aziende si siano chiuse troppo in ritardo?
“Si, purtroppo ci sono state parecchie concause. Noi della Bergamasca siamo degli sgobboni, andiamo a lavorare anche malati, abbiamo una grande etica del lavoro. Qui nella bassa Val Seriana ci sono grandissime aziende che hanno molti interscambi con Milano, soprattutto nell’ area di Nembro e Alzano lavorano e vivono circa 25mila persone. Si sono tutelati gli interessi economici, il business, a scapito della salute. E’ chiaro che sono stati fatti degli errori, non si è delimitata l’area in tempo, non si è voluta rendere zona rossa, ditte ed aziende non hanno chiuso che dal 21 marzo, quando ormai i giochi erano fatti. Tanti poi si sono infettati in famiglia, nonni dai nipoti, magari solo raffreddati, figli che hanno infettato genitori”.
Quali sono le urgenze adesso?
“Mancano bombole di ossigeno negli ospedali, le farmacie sono ormai sfornite, pensi che i fornitori non vogliono neanche entrare nei nostri paesi! Sono i mezzi della protezione civile che devono portare rifornimenti perché la gente ha paura anche di avvicinarsi alle nostre zone, soprattutto a Bergamo”.
Sindaco, una domanda personale, ha anche lei parenti o amici in ospedale?
“Tutti noi abbiamo un parente o un amico in ospedale a lottare per vivere o qualcuno che conosciamo che purtroppo è morto. Le pompe funebri in queste zone non riescono a far fronte alle richieste, in più queste persone muoiono da sole. La famiglia di un positivo al Covid che si è ammalato ed è in ospedale viene messa in quarantena e l’unico modo di avere notizie sul loro stato di salute avviene tramite gli stessi dottori, che, a seconda del tempo che hanno, chiamano la famiglia. Spesso il paziente muore dopo una videochiamata con i suoi cari e non si possono neanche celebrare i funerali. Io stessa ho presenziato al funerale del suocero di una mia carissima amica, eravamo io, una nipote che non era in quarantena, il prete e un impresario delle pompe funebri”.
Come sarà il futuro?
“Per adesso sembra di vivere una condizione distopica, fuori è primavera, c’è il sole, ma siamo in casa, a leggere notizie sconfortanti, non cadono bombe ma ci sentiamo come in battaglia, sono crollate anche le certezze, le sicurezze. Dal punto di vista economico poi sarà un vero disastro, qui ci sono tantissime piccole e medie imprese che non sanno se potranno riaprire. Non credo che l’Italia potrà farcela da sola, c’è bisogno di un aiuto dall’Europa, di uscirne tutti insieme, altrimenti non ci salveremo”.
Ci sono famiglie bisognose nel suo paese, qualcuno che già non riesce ad andare avanti?
“Qui la Caritas di Bergamo sta facendo davvero tantissimo, insieme ai nostri comuni, per dare assistenza alle famiglie, portar loro la spesa, chi è in grado di pagare paga, ma a chi non ha soldi vengono comunque consegnati generi di prima necessità”.
Vuole mandare un consiglio anche a chi è all’estero?
“Quello che darei anche qui, cioè di comportarci tutti come se fossimo noi i portatori del virus e di conseguenza usare tutte le precauzioni. Questo virus sta dettando le condizioni e i tempi, dobbiamo prenderlo molto seriamente, ripensando alle nostre priorità”.