Vien voglia di parafrasare Karl Marx e Friedrich Engels, il loro celebre incipit al “Manifesto”: “Uno spettro si aggira…”; solo che lo spettro non è quello del comunismo, anche se è nato in una patria del comunismo realizzato, la Cina; e non si aggira nella sola Europa: si aggira in tutto il mondo.
Il Coronavirus, detto altresì Covid-19, è una realtà con cui globalmente dobbiamo fare i conti; agli occhi del mondo l’Italia, più ancora della Cina, ha assunto il ruolo di ’“untrice”; non è vero, non è giusto, ma questa è la percezione. Probabilmente l’Italia è “unta” come altri paesi, che forse neppure sanno di esserlo: in Africa, per esempio, dove non esistono reti di presidi sanitari, chi si dà pena di sapere di e per che cosa si muore? In regimi autoritari e dittatoriali, siano essi la Cina o l’Arabia Saudita, l’Iran o l’Egitto, chi può effettivamente controllare, confermare o smentire le comunicazioni ufficiali dei regimi?
Per restare all’Italia. In parte è responsabile per questa non lusinghiera fama. Quello che emerge dalla lettura dei quotidiani (non tutti, ma molti), e dalle televisioni, è l’immagine di un Paese preda di delirio irragionevole, e di irrazionale panico. Di ciò occorre ringraziare non solo il comprensibile timore di fronte a un pericolo di cui poco si sa, e tanto si ignora; un buon contributo viene da una classe politica che nel complesso non si rivela all’altezza della situazione. Una classe politica responsabile, capace di governare le situazioni, dovrebbe essere la prima a mostrare lucidità, fermezza, capacità di controllo.

Prima fase dell’epidemia. La parola d’ordine è stata rassicurante: “tutto è sotto controllo”; subito seguita da una seconda fase: “Aiuto, aiuto”. I giornali ci hanno messo del loro. Alcuni titoli: “Virus in Italia, quarantena per 50mila” (Il Sole 24 Ore); “Contagiati pure noi” (Il Tempo); “Italia infetta” (Il Giornale); “Da Conte a Corona: al male non c’è fine. Vade retro virus” (Libero); “Fermi tutti” (Il Manifesto); “Governo in quarantena” (La Verità); “Il virus dilaga in Italia” (Il Messaggero); “Virus, il Nord della paura” (La Repubblica). L’Oscar lo vince Libero, con “Il Governo agevola la diffusione del virus. Prove tecniche di strage”.
Dura un paio di giorni; ecco che qualcuno comincia a tirar qualche somma: compagnie aeree disertano gli aeroporti italiani; si blocca l’import-export; i turisti scelgono altre destinazioni per le loro vacanze… Si entra nella fase tre, quella tranquillizzante: “Non è così pericolosa”. C’è chi azzarda sia un’influenza un poco più “cattiva” delle solite.
Ma la paura, si sa, fa 90. Persone che si battono contro i vaccini, anche quelli antipolio; magari fumano trenta e passa sigarette al giorno, ecco tremebondi di fronte a un raffreddore, una linea di febbre, possibile “aperitivo” del Coronavirus…
Si predispongono zone “rosse” e “gialle”; paesi isolati con posti di blocco di forze di polizia ed esercito per il timore che il virus si diffonda ulteriormente; scene come se ne vedono nei film apocalittici. I diretti interessati reagiscono con composta rassegnazione. Ma c’è chi si abbandona a comportamenti quantomeno discutibili. Per esempio: perché due parlamentari indossano in piena aula di Montecitorio la mascherina sul volto e si fanno immortalare da telecamere e fotografi? Sono contagiati? In questo caso dovrebbero starsene almeno a casa. Non lo sono? Allora la mascherina è inutile, non sono portatori di contagio. Che dire del presidente della regione Lombardia? Non è positivo, ma si fa riprendere mentre cerca malamente di indossare la mascherina. Immagini che contraddicono platealmente il “messaggio” rassicurante che si vuol diffondere: “Non è il caso di allarmarsi”.

Trascorrono i giorni, e i bollettini sono contraddittori. I contagiati crescono; non sempre sono malati effettivi, spesso sono persone che smaltiscono la loro influenza senza troppi danni. Non mancano i decessi: persone anziane che già “covavano” altre patologie che li hanno indeboliti, resi più fragili. Purtroppo accade ogni anno, con ogni influenza. Ma questa volta i timori, gli allarmi, la paura crescono.
Arrivano le prime, elementari, raccomandazioni: lavarsi spesso le mani. Evitare contatti fisici, rinunciare ad amichevoli abbracci, baci, strette di mano. Un parlamentare della destra nostalgica propone di ripristinare il saluto romano in uso sotto il fascismo. Poi si rimangia la proposta, ma già basta averla fatta. Il “tutto è sotto controllo”, diventato “la situazione è grave”, convertito successivamente in “non bisogna preoccuparsi troppo”, si trasforma in “emergenza preoccupante”.
Controvoglia il Governo, pressato da alcuni leader della maggioranza (Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, per dirne due), vara una serie di misure queste sì eccezionali, come la chiusura per due settimane di tutte le scuole di ogni ordine e grado e su tutto il territorio nazionale. Un provvedimento mai preso nella storia recente del Paese, adottato, si fa sapere con il conforto di esperti e scienziati. In effetti alcuni virologi di fama (Roberto Burioni, Ilaria Capua) sono d’accordo; altri obiettano: misura inutile, se non sarà ulteriormente prolungata. L’intero paese sostanzialmente si blinda: chiusi cinema e teatri, sospese le manifestazioni culturali; si raccomanda di non stare vicini (distanza consigliata: almeno un metro); attenzione a starnuti, colpi di tosse… ma come si fa a stare a meno di un metro dall’altro quando si va in autobus, nella metro, su un treno? Ristoranti e bar aperti, a patto di stare seduti a distanza… E poi attenzione ai cellulari, il virus può resistere per giorni; ma anche a maniglie, chiavi, al denaro contante… Insomma: attenzione a tutto. Per carità, nessuno vuole contraddire chi ha emanato queste “norme”: ma per quanto tempo le si possono osservare? Perché intanto un Paese già fiaccato in partenza da una crisi in cui è impantanato da anni, rischia ora seriamente di venir colpito a morte.
Non c’è dubbio che si sono commesse una catena di ingenuità e di “errori”, poco conta ora stabilire se per dolo, colpa, leggerezza, miope calcolo politico.
C’è chi si produce in sinistre profezie: si parte dall’assunto che il numero di persone contagiate è più ampio di quelle che risultano positive; e i decessi ogni due giorni raddoppiano. Una spirale che per ora non accenna a diminuire. Molti esperti azzardano che il virus possa raggiungere il 20 per cento della popolazione italiana: circa 12 milioni. Decessi a parte, anche questi destinati ad aumentare in modo esponenziale, se queste previsioni dovessero avverarsi il problema dei posti di terapia intensiva necessari per salvare i pazienti gravi si manifesterà in tutta la sua gravità: al momento sono appena cinquemila. C’è insomma la seria possibilità che nelle prossime due o tre settimane i malati gravi possano essere dieci volte di più dei posti disponibili per ricoverarli.
Le prossime due o tre settimane, dunque, saranno decisive; gli italiani sono chiamati a rinunciare ad alcune libertà (movimento, circolazione); in queste ore la decisione (opportuna) di spostare la data del referendum se accogliere o meno la proposta di ridurre i parlamentari… Probabilmente si dovrà istituire una sorta di “commissario straordinario” per l’emergenza, con i relativi poteri, svincolato dalle normali procedure, con a disposizione risorse adeguate, e poche interferenze, politiche e da parte della magistratura (sì: proprio così, pochi o nessun controllo, un equivalente dei famosi “dittatori” dell’antica Roma).
Decisioni gravi. gravose, quelle che si annunciano. Forse necessarie, indispensabili. “Cadono” in giorni in cui si legge e si sente di tutto: fake news alimentate dai social dove “leoni della tastiera” protetti dall’anonimato, irresponsabilmente diffondono veleni letali come e più dello stesso Coronavirus. Il suo essere ancora un qualcosa di “oscuro” che non si sa come combattere, alimenta ogni sorta di fantascientifica teoria; si sollevano polveroni proprio quando sarebbero necessarie parole chiare, precise: che spieghino in modo “elementare” come stanno le cose; capaci di stroncare sul nascere le strumentali polemiche che alcuni politici scientemente alimentano, nella speranza di accattare qualche consenso, facendo leva sulla comprensibile paura provocate da minacce sconosciute. Per questo, urgono “messaggi” da parte di persone in grado di parlare al cuore e al cervello del popolo che siamo.
Di questo, c’è soprattutto necessità: senso di responsabilità, e consapevolezza; limpidi esempi di compostezza che possono venire solo da una persona che per il suo operato, e per il ruolo istituzionale che ricopre, risulta credibile, autorevole. Im breve: ci si permette di suggerire che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si avvalga delle sue prerogative: mandi un messaggio alle Camere, e attraverso esse, a tutto il Paese. Un “messaggio” diffuso a reti unificate, pubblicato sui giornali. Un “segnale” forte all’intera “nazione”, come s’usa fare nei momenti dell’emergenza; che al tempo stesso chiarisca, informi, tranquillizzi, fughi ansie e timori, renda tutti responsabili e partecipi.
E mentre si finiva l’articolo, ecco che Mattarella ha risposto.
Qui sotto il messaggio del Capo dello Stato Sergio Mattarella appena diffuso:
Dichiarazione del Presidente Mattarella sull’emergenza coronavirus
«Care concittadine e cari concittadini,
l’Italia sta attraversando un momento particolarmente impegnativo. Lo sta affrontando doverosamente con piena trasparenza e completezza di informazione nei confronti della pubblica opinione.
L’insidia di un nuovo virus che sta colpendo via via tanti paesi del mondo provoca preoccupazione. Questo è comprensibile e richiede a tutti senso di responsabilità, ma dobbiamo assolutamente evitare stati di ansia immotivati e spesso controproducenti.
Siamo un grande Paese moderno, abbiamo un eccellente sistema sanitario nazionale che sta operando con efficacia e con la generosa abnegazione del suo personale, a tutti i livelli professionali.
Supereremo la condizione di questi giorni. Anche attraverso la necessaria adozione di misure straordinarie per sostenere l’opera dei sanitari impegnati costantemente da giorni e giorni: misure per l’immissione di nuovo personale da affiancare loro e per assicurare l’effettiva disponibilità di attrezzature e di materiali, verificandola in tutte le sedi ospedaliere.
Il Governo – cui la Costituzione affida il compito e gli strumenti per decidere – ha stabilito ieri una serie di indicazioni di comportamento quotidiano, suggerite da scienziati ed esperti di valore.
Sono semplici ma importanti per evitare il rischio di allargare la diffusione del contagio.
Desidero invitare tutti a osservare attentamente queste indicazioni, anche se possono modificare temporaneamente qualche nostra abitudine di vita.
Rispettando quei criteri di comportamento, ciascuno di noi contribuirà concretamente a superare questa emergenza.
Lo stanno facendo con grande serietà i nostri concittadini delle cosiddette zone rosse. Li ringrazio per il modo con cui stanno affrontando i sacrifici cui sono sottoposti.
Desidero esprimere sincera vicinanza alle persone ammalate e grande solidarietà ai familiari delle vittime.
Il momento che attraversiamo richiede coinvolgimento, condivisione, concordia, unità di intenti nell’impegno per sconfiggere il virus: nelle istituzioni, nella politica, nella vita quotidiana della società, nei mezzi di informazione.
Alla cabina di regia costituita dal Governo spetta assumere – in maniera univoca- le necessarie decisioni in collaborazione con le Regioni, coordinando le varie competenze e responsabilità. Vanno, quindi, evitate iniziative particolari che si discostino dalle indicazioni assunte nella sede di coordinamento.
Care concittadine e cari concittadini, senza imprudenze ma senza allarmismi, possiamo e dobbiamo aver fiducia nelle capacità e nelle risorse di cui disponiamo.
Dobbiamo e possiamo avere fiducia nell’Italia».