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January 28, 2020
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Giorno della memoria, lettura in Consolato a New York: le emozioni degli studenti

Alla lettura dei nomi dei deportati ebrei italiani anche gli studenti laziali che sono a New York per un programma di master. Ecco la loro testimonianza

La Voce di New YorkbyLa Voce di New York
Time: 4 mins read
Illustrazione di Antonella Martino

Andrea Camillo, 29 anni, Autore

Leggere ad alta voce dovrebbe essere una cosa semplice, eppure le mani mi tremano, mi dico che è per il freddo. Davanti agli occhi ho una pagina intera di nomi e cognomi sconosciuti: mariti, sorelle, figli e amici di cui non so nulla, amati da qualcuno che non conosco, pianti e ricordati. Vado avanti lungo la pagina, la voce inciampa qua e là. La Memoria vive attraverso i gesti comuni, come tremare, sudare, sorridere, mordersi il labbro. Finisco di leggere e mi rendo conto che nominando quelle persone è come se insieme a me siano vissute ancora una volta, anche se solo per qualche secondo. Combatto la tristezza pensando che nella mia emozione ci fosse un po’ anche la loro.

Lorenzo Carrino, 25 anni, Content creator

Corre l’anno 2020, corre il tempo lontano dagli eventi catastrofici che hanno contraddistinto le due guerre mondiali. Le stime parlano di 15-20 milioni di ebrei uccisi, oltre alle innumerevoli vittime di quegli eventi che ormai appaiono sbiaditi nell’immaginario collettivo. Eppure, chi erano quei “15-20 milioni di ebrei” uccisi? Erano Carlo, Silvia, Matteo; erano italiani, francesi, tedeschi; ma sopratutto erano persone, esseri umani e cittadini di un mondo che aveva deciso di erigerli a capro espiatorio di ogni male. Un errore da cui vogliamo prendere le distanze, certo, ma che invece non facciamo altro che ripetere tutti, ogni giorno: una volta è il vicino, una volta lo “straniero”, una volta il tifoso della tifoseria ospite. E allora dovremmo ricordarci prima di tutto come ci chiamiamo, e chi siamo, e solo dopo chiederci da dove veniamo.

Adriano Ciccarese, 41 anni, Digital Marketing Manager

Ero in fila oggi ad aspettare il mio turno, provavo ad immaginare la paura ed il terrore vissuto dai tanti italiani e non deportati per mano di una follia spaventosa e contagiosa. Ho provato ad immaginare le parole ultime di chi si dice addio senza saperlo, di chi si rivolge un ultimo sguardo prima di affrontare la ferocia umana. È il mio turno e devo restare calmo, ho davanti a me un elenco di nomi, affianco ad ogni nome una breve descrizione della vittima e del dramma personale e collettivo che ha vissuto. Ho un unico compito oggi, dare a quel nome la dignità  del ricordo. Giacomo Modigliani, nato a Firenze nel 1893, io oggi ti ricordo.

Gli studenti leggono i nomi degli ebrei deportati ad Auschwitz. Accanto a loro Paolo Barlera,
l’Attache for Cultural Affairs dell’Istituto Italiano di Cultura di New York (Foto VNY)

Francesca Gioia, 24 anni, Tourism specialist

È una giornata grigia, il silenzio invade le nostre anime, lasciando spazio al solo eco continuo dei nomi dei fratelli, di vite umane come le nostre, che hanno perso la vita brutalmente durante le atrocità dell’olocausto.

Ad ogni nome un nodo alla gola si stringe, ma la voce si fa sempre più alta, perché la rabbia è ancora tanta e la sofferenza incessante. Vivere questo momento è stata un’emozione profonda e indelebile, è stata la voce di chi a quel tempo voleva urlare e non ha potuto.

Stefano Laria, 33 anni, Tecnico Commerciale-Marketing

Nel giorno della memoria oggi mi trovo a New York ed ho avuto la possibilità, l’onore e la responsabilità di leggere una pagina, una sola pagina dell’enorme elenco di nomi che avevo davanti. Donne, anziani o bambini, quell’elenco conteneva migliaia di storie. Non è stato facile, mi trovavo lì e dovevo leggere un nome a voce alta dandogli un certo peso, perchè era una vita umana. E’ stata un’emozione indescrivibile poter ricordare chi non c’è più per la pazzia di altri, per uno stupido gioco di potere. Sono stati momenti toccanti, di grande valore e di riflessione che arricchiranno la mia anima e che di certo porterò con me per sempre.

Giulia Mari, 22 anni, Mediatrice linguistica

Tante le emozioni vissute questa mattina prendendo parte alla cerimonia della lettura di 9700 nomi di ebrei italiani deceduti a causa delle barbarie nazifasciste. Un libro, un elenco di nomi letti ad alta voce, nomi trascinati dal vento e portati chissà dove. Quelli non erano semplici nomi. Erano storie di persone, ognuna con la propria esperienza di vita da raccontare. Nomi che racchiudevano dolore e disperazione. Nomi che avevano tanto da trasmettere. Io in quel silenzio assordante, mentre i miei occhi velati  scorrevano la lista, udivo le loro urla, la loro voglia di ribellarsi e gridare vendetta. Mentre li pronunciavo uno ad uno riuscivo a percepire l’eco delle loro voci , l’immagine dei loro volti e la forma delle loro cicatrici. Per non dimenticare, dovremmo trovare la forza di conservare nella nostra memoria quei nomi, che non sono solo semplici nomi.

Gaia Mariani, 24 anni, Sommelier

Pochi minuti dopo il mio arrivo ho sentito chiamare il mio cognome ripetutamente da una voce malinconica e martellante. È bastato un secondo per concentrare la mia attenzione sulla donna che leggeva i nomi delle vittime dell’Olocausto, vittime che avevano il mio stesso cognome. Ho pensato alle atrocità che hanno vissuto ed ho sentito freddo, dolore e compassione. Poi seguivano altri nomi e cognomi, altri uomini, altre vite e una nuova voce li leggeva, li sentivo così vicini.

Così arrivava il mio turno per leggere e preparavo la voce alla lettura, mai stato così difficile, come potevo rendere omaggio a quelle vite? Mentre leggevo, subito il suono dei loro nomi si allineava con il mio ritmo cardiaco creando un legame, e cosí vi omaggio. Vi porterò con me per restituirvi in parte quello che il tempo vi ha portato via.

Giorgia Biamonti, 21 anni, Mediatrice Linguistica

Un’esperienza mai vissuta prima. Oggi al consolato d’Italia a New York si sono riuniti giovani, adulti ed anziani per condividere emozioni forti e per leggere i nomi degli italiani ebrei che sono stati uccisi durante il genocidio. Leggere quei nomi è stata una sfida personale, la voce tremante, il cuore pieno di tristezza e la mente scombussolata da mille pensieri.

Questa giornata non serve solo a ricordare lo sterminio di un popolo, ma anche a non ripetere gli errori del passato. È una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo.

Come ha detto Primo Levi: “La memoria è necessaria, dobbiamo ricordare perché le cose che si dimenticano possono ritornare.”

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