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Stella Levi, sopravvissuta ad Auschwitz, da New York dice: “L’antisemitismo è sempre lì”

Durante la lettura dei nomi dei deportati ebrei italiani al Consolato d'Italia, abbiamo raccolto il pensiero di Stella Levi, che nel 1943 da Rodi i nazisti inviarono ai lager

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

Stella Levi, ebrea italiana appartenente alla comunità dell’isola di Rodi, nell’attuale Grecia,  fu deportata nel 1943 con tutta la famiglia ad Auschwitz. Solo lei e la sorella sopravvissero e  alla fine della guerra, si trasferì a New York. Ogni anno Stella Levi partecipa alla cerimonia che si tiene al Consolato generale d’Italia, della lettura dei nomi dei deportati ebrei italiani nei lager nazisti. Abbiamo raccolto oggi le sue dichiarazioni in un momento di pausa dalla lettura dei nomi.

Signora Stella Levi, ogni anno lei partecipa qui al Consolato alla bella e commovente cerimonia della lettura dei nomi degli ebrei deportati nei lager nazisti. Quest’anno, nel 2020, questa lettura per lei assume dei significati diversi?

“Particolare sì certo, ma non soltanto per l’antisemitismo di cui lei mi parlava prima e che c’è. Io piuttosto vorrei dire: dopo tutti questi anni in cui tante scolaresche che vengono a sentire e a leggere tutti i nomi, ecco se abbiamo noi imparato e insegnato loro una cosa molto, molto importante. E cioè di vedere nell’altro l’uomo, l’essere umano. Siamo tutti uguali, tutti essere umani. Non c’è colore, non c’è il nero, non c’è il bianco, non c’è il rosso, non c’è il giallo…”

Illustrazione di Antonella Martino

Signora Levi, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, alla Sinagoga di Manhattan ha detto sabato che l’antisemitismo è un pericolo crescente in tutto il mondo. Un pericolo che cresce a livello globale… Lei lo sente questo? Pensa che ci sia oggi una differenza rispetto magari a dieci anni fa?

“Beh lo sento per la gente che lo dice, lo sento da amici che mi dicono così e così. Ora mi scusi il mio linguaggio, glielo dico alla buona, non sono molto preparata per questo, però l’antisemitismo è sempre lì. Magari viene a galla in certi momenti, però devo dire che dobbiamo iniziare con le religione. E cioè col cristianesimo. Se non fossimo stati incolpati della morte di Gesù, e tutto quello che poi è successo nel cristianesimo contro gli ebrei, l’antisemitismo non ci sarebbe stato”.

Signora Levi, lei tornerà in Italia? E che messaggio ha per gli italiani?

“L’Italia è un paese che ho molto amato e che amo.  L’ho molto amato per tutte le belle cose che mi ha dato. Una lingua meravigliosa, una letteratura e cultura stupenda. Veramente non solo per me, ma da insegnare in tutto il mondo. Chi non può non leggere Dante e sentire qualche cosa?  Chi non può andare a vedere un Leonardo e non sentire qualche cosa? Un Michelangelo… Queste persone che hanno scritto, che hanno dipinto, che hanno costruito, erano essere umani, come noi. Noi piccolini, mentre loro erano grandi. Grandi di che cosa? Di cervello e di cuore.  E’ il cuore che parla. Cioè quando Dante scrive, non solo scrive perché sa, no è il cuore che gli detta…”

Quindi questo augura, che gli italiani continuino a parlare con il cuore?

“Sì, in molti, sì, molti…”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018.

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