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December 20, 2019
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Clima, sanità, finanziamenti elettorali: tra i democratici finalmente un dibattito!

I candidati democratici si sono sfidati a Los Angeles per il sesto dibattito e grazie al loro numero ridotto, riescono ad approfondire i temi più scottanti

Andrea ArlettibyAndrea Arletti
Time: 4 mins read

Verrebbe da dire finalmente! Finalmente un dibattito democratico in cui ciascun candidato ha avuto abbastanza tempo per esporre le proprie idee senza venir interrotto da moderatori ansiogeni, pubblicità intermittenti, o capricci d’attenzione provenienti dagli altri contendenti. Aver ridotto la platea a soli 7 candidati ha permesso di avere un dibattito di sostanza basato sui contenuti, piuttosto che uno basato sugli slogan o sulle frasi fatte. Non fraintendetemi, ci sono comunque stati momenti che rimarranno indelebili per via delle frasi ad effetto pronunciate da alcuni candidati. Ad esempio quando durante un intervento, Biden si ferma per chiedere gentilmente a Sanders di smettere di sbraitarli davanti con il suo iconico movimento delle braccia per richiamare l’attenzione dei giudici. Ma questi momenti sono stati accompagnati da riflessioni approfondite su argomenti poco toccati sinora, il che ha permesso di notare, nel dettaglio, le differenze che contraddistinguono tutti i candidati sul palco. 

Uno di questi argomenti è stato, senza ombra di dubbio, il cambiamento climatico. Troppo spesso le testate giornalistiche hanno accomunato le varie sensibilità in un unico calderone. Ieri sera i candidati hanno dimostrato che in realtà esistono punti di vista contrastanti anche su questo tema di innegabile importanza. Andrew Yang, ad esempio, sostiene che l’America debba continuare a puntare sull’energia nucleare attraverso processi di generazione diversi come il thorium, i quali ridurrebbero gli impatti negativi dell’uranio sull’ambiente. Di diverso avviso la Warren, che invece vorrebbe portare a zero la costruzione di nuovi stabilimenti nucleari. Sanders e Steyer suggeriscono di classificare il cambiamento climatico a “emergenza nazionale”, ed il primo chiede di trasferire i fondi che attualmente l’America usa per perseguire guerre di distruzione di massa nella lotta contro questo fenomeno. Infine Biden promette che con lui Presidente non verrà più costruita un’autostrada senza colonnine elettriche. 

Ma se sul cambiamento climatico i candidati si ostinano ad osservare le posizioni degli altri senza fare troppi commenti, è sulla sanità che si sferrano i veri fendenti. Uno scambio di battute tra Biden e Sanders rimarrà particolarmente impresso nella mente degli Americani dato che rappresenta perfettamente la divisione netta tra i candidati moderati e i candidati radicali che sta spaccando il partito. Biden spinge per un potenziamento dell’Obamacare che permetterebbe alle persone di un certo reddito di continuare ad usufruire della sanità privata. Sanders invece vuole una rivoluzione completa del sistema sanitario statunitense e spinge per il cosiddetto “medicare for all” che spingerebbe tutti gli Americani a un sistema di sanità pubblica, fregandosene del reddito o delle preferenze dei singoli cittadini. Biden contrattacca dicendo che per sostenere un piano come quello di Sanders salirebbero le tasse per tutti, anche per la classe media. Bernie ammette che ci sarà un’innalzamento delle tasse, ma almeno porterebbe ad un cambiamento per la classe più povera che potrebbe finalmente permettersi la sanità pubblica, mentre il piano di Biden lascerebbe tutti nello “status quo”. Insomma, una divisione netta che inevitabilmente lascerà parte dell’elettorato democratico deluso in base a chi diventerà la “nominee” che affronterà Trump nel 2020. Da una parte i moderati, Biden, Buttigieg, e Klobuchar, e dall’altra i radicali Sanders e Warren. 

Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Joe Biden nell’illustrazione di Antonella Martino

Ma esiste un’altra divisione che contribuisce ulteriormente a spaccare il partito, ed è quella dell’età, o più precisamente, dell’esperienza. Emblematico il battibecco tra il giovane sindaco di South Bend Pete Buttigieg e la sessantenne senatrice del Minnesota Amy Klobuchar. Quest’ultima accusa Pete di aver preso in giro i Senatori sul palco per via della loro età avanzata, dimenticando che in realtà ciascuno di loro ha molta più esperienza di lui e ha portato avanti battaglie su riforme che lui nemmeno si immagina. Buttigieg la mette sul personale e contrattacca dicendo che la sua esperienza da militare potrebbe non essere la stessa della Klobuchar ma che ha comunque giurato sulla bibbia di proteggere e morire per il suo paese. 

Ma il povero Pete non è preso di mira solo dalla Klobuchar; anche la Warren prova a rallentare la sua ascesa fulminante attaccandolo sui finanziamenti della sua campagna elettorale. Quest’ultima dice di aver scoperto che Buttigieg ha recentemente tenuto una raccolta fondi in una “grotta del vino” dove si vendevano bottiglie dal valore di 900 dollari. Ovviamente questo attacco porta acqua nel mulino della Warren che ha impostato la sua campagna elettorale contro i ricchi e potenti. Buttigieg ribatte dicendo che è l’unico candidato sul palco a non essere un milionario o miliardario, e che quindi la Warren non dovrebbe lanciare “test sulla purezza” delle campagne elettorali altrui, se poi lei stessa non riesce a superarli. Sanders si aggiunge a questa “lotta del portafoglio” accusando Biden di aver ricevuto 44 milioni di contributi da amici miliardari. 

Ma questo alterco apparentemente ridicolo apre una finestra su un tema molto più complesso che è quello dei finanziamenti pubblici ai politici. Biden suggerisce di cancellare tutti i finanziamenti privati cosi che non si perderà più tempo su queste discussioni in futuro. Alcuni potrebbero pensare che sia un commento egoista dato che lo stesso Biden sta avendo difficolta nella raccolta fondi per il proseguo della sua campagna elettorale. Ma in realtà è un tema che vale la pena approfondire, specialmente in un momento in cui l’America si ritrova con un Presidente miliardario al comando e con un nuovo candidato per la nomination del partito democratico di nome Mike Bloomberg. 

Mentre tutte queste questioni dividono i candidati sul palco, c’è né una che li riunisce tutti all’unisono: l’impeachment di Donald Trump. Il dibattito è infatti andato in onda un giorno dopo lo storico voto della Camera che ha ufficialmente trovato Trump colpevole per i reati di abuso di ufficio e ostruzione del Congresso. In attesa della decisione del Senato, i Democratici si uniscono per difendere la Costituzione da un Presidente “corrotto”, “fraudolento”, e “bugiardo”. L’unica voce fuori dal coro è il businessman Andrew Yang che spinge i Democratici a non trastullarsi troppo sulla vicenda impeachment, che tanto ha già un esito scontato, ma concentrarsi piuttosto sulle problematiche che hanno portato Trump alla Presidenza nel 2016. 

È difficile uscire con un’unico vincitore da questo sesto dibattito democratico. Biden ha avuto il suo miglior dibattito finora, impappinandosi meno del solito e tenendo testa al confronto con un candidato diretto come Sanders. La Warren sembra sempre avere una risposta per tutto nonostante le critiche che piovono su di lei per i suoi piani “ultra ambiziosi”. Bernie rimane il candidato più sicuro di se. La Klobuchar si sta profilando come la prima alternativa a Biden e continuerà a crescere. Buttigieg non sfigura mai quando lo attaccano. Yang e Steyer portano un’ondata di novità in un dibattito che altrimenti sarebbe troppo bipolare. Insomma, l’unica certezza è che con dei dibattiti del genere si capisce molto di più delle proposte dei singoli candidati, e questo aiuterà gli Americani a fare la scelta migliore per battere Donald Trump nel 2020. 

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Andrea Arletti

Andrea Arletti

Andrea si è laureato alla New York University, sede di Abu Dhabi, con un B.A. in Scienze Politiche e Studi Legali. Ha un forte interesse per tutto ciò che concerne la politica statunitense e la comunicazione politica del ventunesimo secolo.

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