“…Le matin du 16 avril, le docteur Bernard Rieux sortit de son cabinet et buta sur un rat mort, au milieu du palier. Sur le moment, il écarta la bete sans y prende garde et descendit l’escalier…”.
Così comincia “La peste”, uno dei più famosi romanzi di Albert Camus, premio Nobel per la letteratura 1957. Rieux e tutti, all’inizio, sottovalutano quel topo morto, e cosa significa. Poi, ne muoiono altri, e non solo topi. Anche esseri umani, una strage. Alla fine i medici trovano l’antidoto, la “peste” viene debellata. Ma il bacillo, cova; Camus ricorda (e ammonisce) che è pronto a riesplodere quando meno ce lo si aspetta. Insomma: si deve vigilare; vigilare sempre.
Accade che a Schio, paese vicino Vicenza, la giunta comunale bocci la proposta installare in città le cosiddette “pietre d’inciampo” come già ce ne sono in numerose città italiane ed europee: ricordano i cittadini deportati e uccisi nei campi di sterminio nazisti. Stupefacente, la motivazione: “Rischiano di portare di nuovo odio e divisioni. Non tengono conto delle morti di entrambe le parti”. Già: la bambina ebrea su cui si accanisce il Mengele di turno per i suoi scellerati esperimenti, l’ebreo caricato su un vagone piombato e alla fine ridotto in cenere, è un morto uguale a una SS, “entrambe le parti” hanno una pari dignità…
Un altro “topo” è costituito dalle migliaia di invasati che a Milano sfilano in corteo, cori e saluti romani, richiami ustascia e fumogeni accesi lungo tutto il tragitto, fino allo stadio: quattro chilometri di marcia che paralizza il traffico della città. Sono gli ultrà della Dinamo Zagabria, i “Bad Blue Boys”, presenti alla temutissima – dal punto di vista dell’ordine pubblico – partita di Champions League con l’Atalanta. Perché si deve giocare con questa gente; perché, chi ha stabilito che si debbano subire e tollerare simili violenze?
Altro “topo: il sindaco di Predappio, il paese romagnolo dove è nato Benito Mussolini, si rifiuta di pagare il viaggio al campo di sterminio di Auschwitz ad un paio di ragazzi, perché in parallelo non se ne fa uno anche alla Foiba di Basovizza. E così, di fatto, si nega la specificità della Shoah: l’essere sterminati non per quello che si fa, si è fatti, si crede e teme si possa fare, ma solo perché si è.
Ancora “topi”: il comune di Sesto San Giovanni, un tempo roccaforte della sinistra (era soprannominata la Stalingrado d’Italia), ora espugnata dal centro-destra, nega la cittadinanza onoraria a Liliana Segre, senatrice a vita, “colpevole” di essere sopravvissuta ad Auschwitz: “Cos’ha a che fare con noi?”, la ragione del rifiuto. La domanda, semmai, è: cos’ha a che fare Liliana Segre con loro.
Analogo rifiuto viene da Biella. Qualche giorno però la cittadinanza onoraria viene proposta a un comico, Ezio Greggio. Che seriamente declina l’invito, rimproverando a Biella il NO a Segre. Il sindaco prova a metterci una toppa: si dà del cretino (se lo dice lui non c’è che da credergli); dice che Segre “è un patrimonio dell’umanità”, e le offre la cittadinanza. Una telenovela che è anche il sintomo rivelatore di un evidente stato confusionale.
Andiamo a sud, a Napoli. Anche qui il “topo” non manca. Il sindaco Luigi De Magistris ha la bella idea di nominare assessore alla cultura e al turismo la signora Eleonora De Majo: in un passato neppure troppo passato (il 2015) si è detta convinta che «il sionismo è nazismo»; ha definito gli israeliani «porci accecati dall’odio, negazionisti e traditori finanche della vostra stessa tragedia». Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris non si dissocia, e rivendica di essere a capo di una Giunta dove «ognuno con il proprio cuore, la propria testa e il proprio modo di operare». Poi decidono di offrire la cittadinanza onoraria di Napoli a Liliana Segre, e la offre ufficialmente proprio la signora De Majo. Pare si siano stupiti che la senatrice Segre abbia risposto “Grazie, no”.
Cominciano a essere davvero un po’ troppi i “topi” (e tanti, sicuramente, non ne abbiamo visti e/o sentiti).
L’Italia, è ancora messa bene. La Germania di oggi, quella che da trent’anni è unita, deve fare i conti con una realtà inquietante: il mostro del nazismo è tornato. Il servizio interno di sicurezza tedesco, Verfassungschutz, rende noto che in Germania nel 2018 sono stati registrati 24.000 estremisti di destra: appartengono a gruppi, movimenti, partiti politici dichiaratamente neonazisti e xenofobi. Vivono nelle Regioni orientali del Paese ma anche nei ricchi Länder dell’Ovest come Nord Reno-Westfalia, Assia e Baviera. Almeno 12.700, un esercito, sono considerati violenti, estremamente pericolosi. Nel 2018 la Bka, la polizia federale tedesca, ha censito 13.000 reati compiuti da estremisti di destra: si va dalle violenze, alle aggressioni a stranieri; e poi omicidi, possesso illegale di armi, e apologia del nazismo. Nel 2018, 1.799 i reati a sfondo antisemita, il 20 per cento in più. Mesi fa Felix Klein, l’incaricato del governo federale per la lotta all’antisemitismo, ha detto chiaramente: «Non posso raccomandare agli ebrei tedeschi di indossare la kippah in qualsiasi momento e in qualunque luogo della Germania».
Regno Unito: John Le Carré, il più celebre autore di spy story contemporaneo, lancia l’allarme: in una lettera aperta denuncia senza mezzi termini l’ostilità anti-ebraica che alligna nel partito laburista e chiede di non appoggiare Jeremy Corbyn alle prossime elezioni. Il voto di dicembre, si legge nell’appello, “contiene per ogni ebreo britannico una particolare angoscia: la prospettiva di un primo ministro radiato nell’associazione con l’antisemitismo”. Le Carré ricorda che con Corbyn il partito laburista è finito sotto inchiesta, da parte della Commissione per i diritti umani, “per razzismo istituzionalizzato” contro gli ebrei, e che numerosi deputati del partito, di origine ebraica, hanno stracciato la tessera perché si sentivano ostracizzati. “Il pregiudizio antiebraico non può essere il prezzo da pagare per un governo laburista, noi ci rifiutiamo di votare per il Labour il 12 dicembre”, scrive Le Carré.
Per il filosofo Alan Finkielkraut , l’Europa è percorsa da due tipi di antisemitismo: quello che affonda le sue radici nella tradizione dell’estrema destra europea (Italia e Polonia); e quello di “sinistra” (Francia e Regno Unito): “In questa seconda versione l’antisemitismo non è più un volto del razzismo, ma una patologia dell’antirazzismo: per difendere i musulmani, considerati i nuovi dannati della Terra, si attaccano gli ebrei”. Per quel che riguarda l’Italia, c’è chi torna a distinguere tra veri italiani e persone che “non Io saranno mai”: come il calciatore Balotelli, nero, o la senatrice Segre, ebrea. “E’ atroce attaccare una donna irreprensibile, sopravvissuta all’Olocausto”, dice Finkielkraut. “Significa che la vigilanza deve esercitarsi su due fronti: contro l’avanzata di un antisemitismo legato all’immigrazione islamica, e contro un antisemitismo europeo che mostra in Italia di non essere morto”.