Il presidente Donald Trump probabilmente pensava di potersi fidare dei Talebani e voleva addirittura incontrarli a Camp David, un luogo simbolo per la storia americana, per siglare un accordo di pace che avrebbe messo fine a 18 anni di guerra sanguinosa, la più lunga per gli Stati Uniti. Il presidente però ha dovuto ricredersi sulla lealtà degli studenti coranici e con una raffica di Tweet ha rivelato al mondo due cose. La prima che era pronto a far entrare segretamente nella tradizionale residenza dei presidenti americani i capi di quello che è stato il regime più odioso e retrogado mai instaurato in un paese al mondo, che aveva dato ospitalità ad Al Qaida e a Bin Laden, lapidato le donne negli stadi impedendo loro di studiare e lavorare. Doveva essere un incontro segreto e invece ora tutto il mondo ne è al corrente e si chiede che cosa accadrà.
La seconda che tale meeting non ci sarebbe più stato, perché i Talebani hanno dimostrato di non essere affidabili continuando a fare attentati in Afghanistan, anche nella fase finale della trattativa. L’ultimo attacco proprio il 5 di settembre vicino all’ambasciata americana di Kabul dove è morto anche un soldato statunitense. Davvero troppo per far finta di niente e chiudere la trattativa a tutti i costi.
Trump vuole riportare a casa i 14 mila soldati americani ancora in Afghanistan, ma non è facile lasciare il paese, indicato come la tomba di tutti gli Imperi. Ci aveva provato anche Obama, ma era stato costretto a rivedere i suoi progetti e a mantenere più truppe a causa dell’insicurezza nel paese che anche i terroristi dell’ ISIS vedono ora come un possibile rifugio da conquistare. Solo nella metà dell’anno i civili ucccisi sono stati 4 mila. Lasciare di nuovo l’Afghanistan, come accadde in passato dopo il ritiro dei sovietici, potrebbe avere conseguenze disastrose come il ritorno di Al Qaida sostengono alcuni militari come il gen. Petreus.
Trump forse aveva sperato di annunciare l’intesa con i talebani proprio a ridosso dell’11 settembre, ma il tragico anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle probabilmente passerà senza alcuna buona notizia. Da oltre un anno a Doha in Qatar sono in corso trattative tra l’inviato americano Zalmay Khalizad e i capi talebani per trovare un’intesa che porti ad un cessate il fuoco definitivo. A detta di Khalizad sembrava che si fosse giunti ad un documento finale di principio, anche se alcune questioni delicate non sono state affrontate con chiarezza sostiene il governo afghano che è stato tenuto fuori dalla trattativa.
I Talebani considerano il presidente Ghani un fantoccio degli americani e non hanno mai voluto trattare con lui. Secondo il New York Times il presidente afghano teme un rafforzamento dei talebani, non è d’accordo sulla liberazione in blocco di tutti i prigionieri talebani e vuole più garanzie affinché si possano tenere le elezioni il prossimo 28 settembre. Totalmente ignorata nella trattativa anche la questione dei diritti delle donne che i talebani quando erano al potere avevano rinchiuso in casa proibendo loro di studiare e lavorare.
Quando arrivai a Kabul nel 2001 si aggiravano tra le macerie della guerra come fantasmi avvolte nei loro burka e avevano solo storie di dolore da raccontare. Oggi c’è una Costituzione che garantisce loro diritti e rappresentanza, pur in una società conservatrice come quella afghana. Trump ha detto basta, tutto è bloccato e non è chiaro se si tratti di un’interruzione temporanea o definitiva. “Gli Stati Uniti non faranno alcun accordo con chi continua a seminare violenza – ha chiarito il segretario di stato Mike Pompeo -. I colloqui di pace riprenderanno solo se cambiano le condizioni di sicurezza”.
La tensione sale e i talebani ritrovano il loro consueto stile. “Gli Stati Uniti pagheranno un prezzo – minacciano in un comunicato – Arriveranno molti terroristi, gli Usa perderanno credibilità e diverrà più visibile la loro posizione contro la pace”. Non sembrano parole di chi si sente pronto ad abbracciare la democrazia.