Che il rapporto di Robert Mueller sul cosiddetto Russia-gate non portasse all’incriminazione di Donald Trump si sapeva. Anche perché un presidente in carica, secondo consuetudine, potrebbe essere portato ad un processo penale solo dopo la fine del mandato. Semmai si pensava che a rischiare potessero essere i suoi figli, che invece se la sono vista brutta ma sono stati risparmiati da Mueller.
Quello che non si sapeva ancora era quanto il presidente degli Stati Uniti si sarebbe spinto dopo la “rivelazione” del rapporto, con la sua litania da spaccone col “ve lo avevo detto”, che è stata tutta una perdita di tempo… Trump lo ha fatto al massimo del suo carattere di bullo, chiamando le indagini una “vergogna” e addirittura “illegali” e dicendo che lui sarebbe stato “totalmente esonerato”.
Una perdita di tempo? Una vergogna? Totalmente esonerato?
Dopo che il suo consigliere nazionale, il suo ex capo della campagna elettorale, il suo avvocato, un suo consigliere e amico sono finiti tutti in galera, sarebbe stata una perdita di tempo? E chi si dovrebbe vergognare, Mueller? Chi lo ha incaricato? Chi si dovrebbe vergognare è solo chi risulta essere arrivato alla Casa Bianca grazie anche all’aiuto di un certo Putin (Nel rapporto Mueller si afferma che non si può provare la collusione di Trump con i russi, ma che il Cremlino ha interferito nelle elezioni per favorire Trump, questo è provato). A vergognarsi dovrebbe essere soltanto Trump, ma tant’è.
Solo chi si è invaghito di Trump ai tempi del “you’re fired” del demenziale show tv “The apprentice”, può ora pensare che il suo eroe-bullo l’ha fatta franca anche stavolta. In realtà per Trump, come è stato già detto, questo non è altro che l’inizio della sua fine. Saranno i procuratori federali del distretto di Manhattan, a cui Mueller ha passato molte carte scottanti, a fargli rischiare tra qualche anno la galera, per cosucce tipo frode fiscale e ricettazione di denaro di dubbia provenienza.
Nel sistema giudiziario americano, per qualunque indagine fatta da un procuratore, speciale o meno che sia, quando non si arriva all’incriminazione non significa che l’indagato fosse estraneo ai fatti. Quasi sempre significa che probabilmente l’indagato ha anche compiuto molti degli atti criminali di cui si sospettava, ma che le indagini non hanno portato alla prova certa. Perché negli Stati Uniti, un procuratore non va mai al processo se, finite le indagine, non é sicuro di poter vincere. Poi magari perde, ma se ci va, pensa di poter vincere. Perché pensa di aver provato il suo caso. Altrimenti non chiede l’incriminazione e il processo. Al contrario che in Italia, certo, dove spesso l’accusa riesce comunque ad avviare un processo perché magari pensa di continuare le indagini durante e se poi si perde, anche il procuratore si può appellare e continuare (eventualità vietata negli USA, spetta solo alla difesa potersi appellare a una sentenza di colpevolezza, non il contrario).
Quindi una volta stabilito questo, che Trump, nonostante lui ora faccia il solito spaccone, non è stato perseguitato ingiustamente perché non é stato incriminato (ma molte persone vicinissime a lui lo sono state), bisogna sperare che il valore e peso politico delle indagini e quindi del rapporto Mueller, faccia la sua strada al Congresso e che si stabilisca una volta per tutte, che razza di presidente é andato a finire alla Casa Bianca.
Nella sua dichiarazione riassuntiva del rapporto il ministro della Giustizia Willian Barr, cita Mueller scrivendo che “does not conclude Trump committed a crime, it also does not exonerate him”. Non conclude che Trump abbia commesso un crimine, ma non lo esonera.
Tocca ora al Congresso soppesare per bene queste conclusioni del rapporto Mueller e soprattutto rivelarne al pubblico l’intero contenuto (vedi video sotto), e magari continuare a indagare. E poi quindi, al popolo americano giudicare. E trarne le conseguenze per il 2020.