Abbiamo già sbagliato, tutti, ognuno a suo modo, ognuno con le sue piccole o grandi responsabilità, abbiamo sbagliato. Ma perseverare ora, dopo lo schifo, no, risparmiamocelo e risparmiamolo ad una ragazza di 24 anni che non siamo stati in grado di difendere dal più atroce dei crimini: lo stupro, di gruppo, perché non uno ma tre, vigliacchi loro, l’hanno ingannata, spinta nel vano ascensore di una stazione di treni Circumvesuviana della provincia di Napoli e a turno l’hanno stuprata. Per sette interminabili minuti. Lei non ha neppure urlato. Solo dopo è scoppiata in quel pianto disperato che finalmente ha attirato l’attenzione di qualcuno e qualcuno l’ha vista, l’ha aiutata e l’ha fatta portare in ospedale.
È accaduto lo scorso 5 marzo, alle 6 del pomeriggio, quando quella stazione è affollata, non deserta ma affollata. Eppure nessuno ha visto tre ragazzi avvicinarsi con una scusa alla giovane (si conoscevano di vista) e fingere di scusarsi per aver cercato di aggredirla 20 giorni prima quando si trovava in compagnia di un’amica. Fingere appunto, perché poi l’hanno aggredita davvero, senza pietà.
Io abito a 300mt dalla vesuviana di San Giorgio a Cremano. Quando ho preso casa questo era uno dei “vantaggi“, una cosa buona, insomma. E per anni lo è stata: prendevo quella vesuviana in orari molto più insicuri di quello in cui è avvenuto lo stupro. Io quella Circumvesuviana, la stessa, nella stessa stazione, la prendevo alle 9 di sera. Mi sentivo, non chiedetemi perché, sicura in quella stazione io che vivo a Napoli, che ho sempre vissuto a Napoli est, in quella stazione non percepivo pericoli. Mi sbagliavo. E mi si gela il sangue a pensarci ora. E mi si gela anche a pensare che nessuno di noi l’altro giorno è stato bravo a difendere quella ragazza di 24 anni che è stata stuprata da tre ragazzini, uno ancora minorenne: non lo è stato lo Stato, quello che riempie i social, quelli sì, di sicurezza ma a suon di tweet e di pochissimo altro; non i genitori dei suoi tre presunti aguzzini che non sono riusciti a veder quali mostri stessero crescendo nella loro famiglia, sotto il loro tetto; non noi, persone comuni, abituate a girarci dall’altra parte, per non vedere, non sentire e non parlare.
Perciò, tutti abbiamo le nostre colpe. E guardiamoci bene da esimercene. Ma se questo è già di per sé grave, gravissimo, c’è anche di peggio, c’è che se quando raccontiamo di una ragazza che è stata stuprata, ci mettiamo anche uno, un solo “ma”, allora non solo abbiamo sbagliato ma stiamo veramente perdendo la percezione dell’umanità. Perché una ragazza di 24 anni è stata stuprata e dovrà conviverci almeno per i prossimi 60 anni (la vita media di una donna è di 84 anni). È stata stuprata. La maggior parte di noi, fortuna nostra, non ha nemmeno la più vaga idea di cosa questo significhi. Ed è stata stuprata anche se conosceva i suoi aggressori maledetti; è stata stuprata anche se ha accettato di parlare con loro; è stata stuprata anche se non ha avuto la forza di urlare; è stata stuprata anche se 20 giorni fa non ha denunciato e sarebbe stata stuprata anche se avesse scelto di appartarsi con loro e persino se avesse scelto di “starci” e se avesse cambiato idea 4 secondi dopo o un’ora dopo. È stata stuprata.
Perciò, se ne volete anche solo accennare, non metteteci nessun MA (ma li conosceva, ma se l’è cercata, ma all’inizio ci stava, ma non ha denunciato) dopo aver detto che è stata stuprata perché non esistono MA! Una ragazza è stata stuprata e domani, invece di festeggiare la donna, cercate di essere Donne e Uomini e non bestie, che per quello ci hanno già pensato gli aggressori della ragazza. Una ragazza che è stata stuprata.