Si è spento a 91 anni nella sua casa a New York City Richard N. Gardner, già professore della prestigiosa Columbia Law School e ambasciatore americano in Italia e Spagna. Gardner ha dedicato più di mezzo secolo a forgiare la politica estera degli Stati Uniti e a formare generazioni di politici americani.
Alla Columbia era noto per il seminario sugli aspetti legali della politica estera economica degli Stati Uniti, tenuto dal 1955 al 2012. Gardner ha formato quello che il Chronicle of Higher Education ha descritto come “un network globale di legislatori, diplomatici, leader nel campo degli affari e della politica”.
Ma oltre al mondo accademico, Gardner ha ricoperto anche importanti ruoli nel Governo degli Stati Uniti a partire dagli anni Sessanta. È stato infatti assistente del Vicesegretario di Stato per gli affari delle organizzazioni internazionali, presidenti J. F. Kennedy e Lyndon Johnson. In seguito, è stato ambasciatore in Italia dal 1977 al 1981, sotto la presidenza di Jimmy Carter, e in Spagna dal 1993 al 1997, quando alla Casa Bianca c’era Bill Clinton.
Era un grande sostenitore delle istituzioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, e del ruolo da esse ricoperto nell’affrontare le crisi globali come il degrado ambientale, tema che – indubbio precursore – gli stava particolarmente a cuore. In un commento pubblicato sul New York Times, nel 1970 parlava già dell'”unità del sistema ecologico mondiale”, “che significa che tutte le nazioni subiscono le conseguenze di come una di loro tratta la sua aria, la sua acqua e la sua terra”.

Fu ambasciatore in Italia nel periodo dell’ascesa del Partito Comunista, della spirale di violenza delle Brigate Rosse e del sequestro Moro. Ma in merito ai tentativi americani di influenzare, attraverso la CIA, le elezioni italiane, Gardner assicurò che come ambasciatore tentò sempre di onorare la promessa inaugurale di Carter secondo cui “non ci comporteremo in terra straniera in modo da violare le nostre regole e i nostri standard in patria”. È ricordato per aver tentato di aprire un dialogo con il Partito Comunista, e per essere stato il primo a concedere un visto per gli USA a Giorgio Napolitano. Ma sotto la sua rappresentanza diplomatica, le relazioni tra Italia e Stati Uniti attraversarono momenti di turbolenza. Tra il 12 e il 16 gennaio 1978, dopo la caduta del terzo governo Andreotti, il Dipartimento di Stato richiamò infatti l’Ambasciatore a Washington, puntualizzando che l’atteggiamento del governo americano rispetto ai partiti comunisti in Europa restava severo, e invitando i “leader” democratici a “dimostrare fermezza nel resistere alle tentazioni di trovare soluzioni tra le forze non democratiche”.

Fu anche un profondo conoscitore e sostenitore della cultura italiana. La moglie, Danielle Luzzatto, era veneziana, scappata da giovane negli USA per sfuggire al fascismo. Da diplomatico americano in Italia, invitò all’Ambasciata importanti esponenti della vita culturale e artistica del Paese, tra cui Federico Fellini, Leonardo Sciascia e Alberto Moravia, in precedenza omesso nelle liste di invitati ufficiali a causa delle sue simpatie politiche di sinistra. Si impegnò anche per ottenere fondi per formare insegnanti italiani di inglese e insegnanti di italiano di lingua inglese. Cercò anche di aumentare il numero di testi americani disponibili ai lettori italiani. Gli è stato riconosciuto di aver contribuito a convincere l’Italia ad essere il primo Paese europeo ad accettare di custodire missili da crociera americani sul suo territorio.
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