Ha fatto scalpore la decisione del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, di sospendere l’applicazione del decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Un decreto che molti, e non solo da sinistra e dal mondo dell’associazionismo, accusano di provocare più incertezza che “sicurezza”, appunto, soprattutto per quel che riguarda la parte relativa alla gestione dell’immigrazione. Opinione peraltro condivisa dai due senatori di recente “epurati” dal Movimento Cinque Stelle, Gregorio De Falco e Saverio De Bonis, che in effetti si erano astenuti dal voto in aula, violando lo statuto dei grillini.
Quanto al sindaco di Palermo, “su alcuni temi, e tra questi il rispetto dei diritti umani”, ha spiegato, “io ho una visione e una cultura diversa da quella del ministro dell’Interno, ma qui siamo di fronte a un problema non solo ideologico, ma giuridico. Non si possono togliere diritti a cittadini che sono in regola con la legge, solo per spacciare per ‘sicurezza’ un intervento che puzza molto di razziale”. Da qui, la decisione di diramare un ordine rivolto ai responsabili dell’anagrafe, che chiede di “approfondire tutti i profili giuridici anagrafici” che deriveranno dall’applicazione della norma, ma, in attesa di questo approfondimento, che impartisce “la disposizione di sospendere, per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica”. La questione, in effetti, è delicata: perché con il dl sicurezza, allo scadere del permesso di soggiorno per motivi umanitari – grande target delle arringhe di Salvini e primo obiettivo del decreto stesso –, i cittadini stranieri coinvolti non potranno più iscriversi all’anagrafe. Condivideranno questa sorte anche i minori non accompagnati, accolti proprio per motivi umanitari, e le persone con permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Dal canto suo, Salvini non ha mancato di rispondere a tono, come d’uso, con una serie di cinguettii, ventilando addirittura denunce. E pazienza se Orlando, nel frattempo, si è industriato a ricordare quando era lo stesso capo del Carroccio a invitare i sindaci a non applicare la legge, in quel caso sulle unioni civili: oggi, quando si tratta di leggi sue sull’immigrazione, il Ministro e Vicepremier non sembra evidentemente apprezzare troppo la disobbedienza. “La differenza fra me e Salvini – ha puntualizzato il primo cittadino di Palermo –, a conferma del fatto che giochiamo su piano differenti e con regole differenti, è che io stesso mi rivolgerò al Giudice Civile per sollevare la questione della incostituzionalità di una parte del Decreto Sicurezza. Questo vuol dire rispettare la Legge tramite la legge”.
“Non esistono clandestini”.
Alcuni sindaci del PD annunciano che non applicheranno il Decreto Sicurezza, alla faccia dei mille problemi, quotidiani e reali, che hanno i loro concittadini.
Dobbiamo dare tutto anche agli immigrati irregolari?
? LIVE ?? https://t.co/0LtZu0S0zT pic.twitter.com/0cIFi1BILb— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) January 2, 2019
Col Pd caos e clandestini, con la Lega ordine e rispetto.
Certi sindaci rimpiangono i bei tempi andati sull’immigrazione, ma anche per loro è finita la pacchia! https://t.co/3XFi6lAvfx— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) January 3, 2019
Ad ogni modo, Orlando è in buona compagnia: perché hanno annunciato la sospensione del decreto anche i primi cittadini di Napoli, Firenze, Reggio Calabria e Parma. La “fronda”, dunque, si allarga. Ma del fatto che il suo decreto avesse cominciato a creare più caos del previsto deve essersene accorto anche lo stesso capo del Viminale, se, dopo le prime centinaia di casi di stranieri buttati fuori da alloggi o da percorsi di integrazione, ha sentito il bisogno di diramare una nota illustrativa ai prefetti in cui si specificava che le norme non sono retroattive.
I nodi contestati dai sindaci, però, restano: e riguardano principalmente la sostanziale abolizione della protezione umanitaria, che nel 2018 è stata concessa a un 25% di coloro che hanno fatto richiesta d’asilo, a fronte di un 52% di rifiuti e di un 8% di persone a cui è stato concesso lo status di rifugiato. La protezione umanitaria assicurava la possibilità di restare sul territorio italiano per 2 anni, e dava diritto al lavoro, all’accesso ai servizi sociali e all’edilizia popolare. Secondo i sindaci, il suo restringimento a casi del tutto residuali (per vittime di sfruttamento e violenze, ragioni di salute e calamità naturali nel Paese di origine) non farà altro che creare una folta schiera di invisibili che resteranno in Italia nella clandestinità, senza diritti, dando origine a forti sacche di emarginazione sociale e a un terreno fertile per fenomeni di sfruttamento, lavoro nero e illegalità.
L’abolizione della protezione umanitaria può avere risvolti particolarmente gravi, ad esempio quando va a impattare sui minori. “Ciò che il Decreto Sicurezza omette di tutelare è di gravità inaudita, ossia i bambini piccoli accompagnati dai genitori, accolti dal nostro Paese per motivi umanitari, che dovranno lasciare i centri di accoglienza e seguire le sorti clandestine di mamma e papà”, ha spiegato il sociologo Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria. La prova l’abbiamo avuta a Crotone, dove – spiega il Garante – una giovane donna incinta, con già un bimbo di pochi mesi ed il marito sono stati lasciati alla mercé del maltempo e del freddo alla stazione ferroviaria, salvati dall’intervento della Croce Rossa. Ciò capita perché governanti e legislatori omettono di tenere in debita considerazione la Convenzione Onu sui diritti dei minori in qualsivoglia provvedimento”, ha proseguito. Una preoccupazione condivisa, in particolare in relazione ai minori non accompagnati, dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, e già alcune settimane fa portata all’attenzione del Ministero dell’Interno-Dipartimento libertà civili e immigrazione.
Altro punto critico, il depotenziamento dello Sprar, sistema di accoglienza diffusa sul territorio da sempre ritenuto il fiore all’occhiello nei percorsi di integrazione per i migranti nel nostro Paese. Non potranno più accedere allo Sprar, infatti, né i richiedenti asilo in attesa di risposta, né i titolari di forme di protezione diverse da quella internazionale, che verranno quindi esclusi da quei piccoli centri protetti dove avevano il diritto di frequentare corsi, di svolgere attività socialmente utili e di essere avviati al lavoro. Queste persone saranno quindi convogliate in altri centri di accoglienza, quelli ordinari (Cara) e straordinari (Cas). Secondo i sindaci, il presupposto – unitamente all’abolizione della protezione umanitaria – per far scoppiare un’autentica bomba sociale nelle nostre città.
Ma a criticare il decreto sicurezza non ci hanno pensato solo i primi cittadini. Solidarietà al sindaco Orlando è giunta da Libera Sicilia, che venerdì 4 gennaio scenderà in piazza Pretoria, a Palermo, “per unirsi al mondo del terzo settore, dell’associazionismo e a tutti i cittadini, solidali al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando”. “Saremo insieme a quanti credono nei diritti umani – afferma Gregorio Porcaro, coordinatore regionale – contro ogni tentativo di creare divisioni. Cosa che punta a fare questo decreto, il cui risultato non potrà che essere paura e conflitti”.
I fedeli lettori della Voce ricorderanno inoltre che addirittura dalle Nazioni Unite è giunta una sonora bocciatura dei punti relativi all’immigrazione contenuti nel decreto. A fine novembre, infatti, l’ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani Michelle Bachelet (che già aveva scatenato l’ira del ministro Salvini ventilando l’invio di ispettori in Italia per vigilare sui casi di razzismo) ha sottolineato che “la proposta dell’Italia di inasprire le regole sull’immigrazione avrà un impatto serio sulle vite dei migranti e sono fonte di grave preoccupazione”. Nel mirino delle Nazioni Unite, l’abolizione della protezione umanitaria nonché “l’esclusione dei richiedenti asilo dall’accesso a centri di accoglienza orientati all’inclusione sociale” – cioè quelli che fanno parte del sistema Sprar –, e “la più estesa durata della detenzione nei centri di rimpatrio e negli hotspot”, che, secondo la relazione, “mina profondamente i principi internazionali dei diritti umani, e condurrà certamente alla violazione della legge umanitaria internazionale”.