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Papa Francesco in Sicilia: Palermo pronta ad accogliere il pontefice “divisivo”

Tappa a Piazza Armerina e nel capoluogo, dove sono attese 80 mila persone. Com'è vissuto il suo arrivo, anche sull'onda dell'ultimo scandalo?

Valentina BarresibyValentina Barresi
Papa Francesco in Sicilia: Palermo pronta ad accogliere il pontefice “divisivo”

Il palco montato in piazza Politeama a Palermo, su cui Papa Francesco salirà sabato 15 settembre

Time: 4 mins read

Sotto una pioggia battente, oggi Palermo si è preparata ad accogliere Papa Francesco, in una vigilia che l’ha vista particolarmente trafelata, con buona parte del centro storico interrotto da chilometri di transenne e sensi di marcia rivoluzionati. Almeno 80 mila gli arrivi previsti domani nel capoluogo siciliano – blindatissimo – per quello che è considerato l’evento clou di un anno in cui la città è stata protagonista assoluta della stagione turistica e non solo, registrando un boom di presenze come Capitale della Cultura 2018. Sabato, prima di Palermo, Bergoglio sarà anche a Piazza Armerina, dove da settimane fervono i preparativi per la prima storica visita di un pontefice nella città della villa del casale. Ma come vivono i siciliani l’arrivo del papa, nelle ultime settimane al centro di uno scandalo che ne ha travolto l’immagine di capo di una Chiesa sempre più agitata da lotte intestine?

Un papa “divisivo”. Così commentano in molti tra i gruppi di fedeli (e non) arrivati a Palermo nelle ultime ore. “Temuto”, certamente, per le sue aperture e per le posizioni per molti versi “dirompenti” da una nutrita schiera di ultra tradizionalisti che scalpitano dentro e fuori le mura vaticane. Indubbiamente “politico”, “forse troppo” per chi ne critica gli interventi su temi come muri, frontiere e migranti. Tra gli intenti preannunciati della sua visita a Palermo ve n’è uno già di per sé divisivo, perché traccia una linea netta fra bene e male: la scomunica dei mafiosi, senza se e senza ma, e l’invito a convertirsi. Che evidentemente richiama alla memoria il discorso  che Giovanni Paolo II, nel ’93, pronunciò alla Valle dei Templi d’Agrigento, con quel “Convertitevi!” tuonato ai mafiosi ed entrato nella storia perché capace di scuotere le coscienze in piena epoca di stragi.

Le accuse del memoriale Viganò? “Quella della pedofilia è una vecchia storia”, fa spallucce un signore. “Che tale monsignor Viganò, di dubbia fama, punti il dito contro il papa in questo momento, peraltro senza nessuna reale prova a supporto delle sue accuse, almeno fino a oggi, è una storia che mi lascia perplesso. È chiaro che Papa Francesco è una figura scomoda. Inutile dire che il problema è il sistema Chiesa, in cui gli abusi sono radicati e andrebbero combattuti con più veemenza, con azioni concrete”.

La maggior parte dei palermitani, a ogni modo, si dice lieta di accoglierlo e la città si veste a festa. “È un Papa che percepiamo vicino alla gente, vicino agli ultimi. È il papa dal volto umano, dal sorriso caloroso e saremo in tanti ad abbracciarlo domani”, dice una signora arrivata dalla provincia di Catania. E il pensiero non può che andare a un altro uomo di Chiesa, “ultimo tra gli ultimi”, padre Pino Puglisi, cui Bergoglio renderà omaggio nella sua visita palermitana, con tappa anche a Brancaccio, quartiere in cui il parroco operò e venne ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993.

Papa Francesco, intanto, sull’onda del dossier Viganò, ha ricevuto ieri in Vaticano una delegazione di vescovi americani, guidata dal cardinale Daniele Di Nardo, che nei giorni scorsi aveva chiesto un incontro per far luce sullo scandalo che ha travolto anche il pontefice: secondo l’ex nunzio di Washington Carlo Maria Viganò, autore del memoriale, Bergoglio in prima persona sarebbe stato infatti a conoscenza fin dal 2013 delle accuse di pedofilia e abusi sessuali mosse all’ormai ex cardinale statunitense Theodore McCarrick. Non solo, il papa lo avrebbe anche coperto, all’interno di un sistema di insabbiamenti messi in atto a vari livelli da vescovi e cardinali. Perciò Viganò ne ha chiesto le dimissioni.

Giovani arrivati a Palermo alla vigilia della visita del Papa

“Io ho capito una cosa con grande chiarezza – ha detto Bergoglio in un discorso rivolto ai gesuiti a Dublino, e reso pubblico pochi giorni fa  – Questo dramma degli abusi, specialmente quando è di proporzioni ampie e dà grande scandalo (pensiamo al caso del Cile e qui in Irlanda o negli Stati Uniti) ha alle spalle situazioni di Chiesa segnate da elitismo e clericalismo, un’incapacità di vicinanza al popolo di Dio. L’elitismo, il clericalismo favoriscono ogni forma di abuso. E l’abuso sessuale non è il primo. Il primo è l’abuso di potere e di coscienza. Vi chiedo aiuto per questo”.

Parole che hanno un peso e che richiamano anche uno dei programmi “chiave” del suo pontificato, ossia la riforma generale della curia, cui è al lavoro da anni insieme ai cardinali consiglieri che compongono il Consiglio dei Nove e che proprio negli ultimi giorni Papa Francesco ha riunito a Santa Marta. Sempre di ieri, invece, l’annuncio di un’altra riunione a febbraio 2019 tra i presidenti di tutte le conferenze episcopali nazionali in Vaticano per discutere di protezione dei minori.

Nella lotta che vede contrapposte le varie fazioni del potere clericale, Bergoglio al momento è in una posizione quantomeno vulnerabile e paga certamente le reticenze della Chiesa di cui è a capo, di fronte al moltiplicarsi delle accuse di pedofilia e abusi sessuali mosse a prelati e cardinali negli ultimi anni. Abusi che, secondo le ultime stime della Pontificia Commissione per la protezione dei minori, coinvolgerebbero dal 3 al 6 percento dei sacerdoti cattolici.

La credibilità del papa venuto “dalla fine del mondo” si gioca dunque, ora più che mai, sulla pelle dei più deboli, quei deboli di cui mille volte Francesco si è erto a difesa nei suoi discorsi davanti a platee colme di speranza, e che spesso è riuscito a spiazzare con gesti semplici e inconsueti che lo hanno avvicinato tanto ai fedeli quanto ai laici. In molti, tra i giovani e i meno giovani che domani gli tenderanno la mano al suo passaggio tra la folla, non chiedono altro che la Chiesa si guardi allo specchio, e che faccia una volta per tutte i conti con se stessa e con la storia.

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Valentina Barresi

Valentina Barresi

Valentina Barresi è corrispondente dall'Italia per La Voce di New York. Giornalista dal 2008, s'interessa d'attualità, cultura, esteri e mafie. Vincitrice della 28esima edizione del premio "Mario Formenton", ha scritto per la Repubblica, America 24, il Giornale, la Sicilia e ha collaborato con gli uffici stampa dell'Ambasciata d'Italia a Washington DC e di Oxfam Italia. Tra le città in cui ha vissuto, ci sono Palermo, New York, Roma, Milano, Lussemburgo. Peregrina per necessità o diletto, non ha ancora trovato il suo "centro di gravità permanente", sebbene la Sicilia rimanga per lei l'ombelico del mondo.

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