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L’appello di papa Francesco per l’ambiente, ma il mondo è sempre più inquinato

In occasione del Simposio per i Dirigenti delle Principali Imprese del Settore petrolifero, del gas naturale e di altre attività imprenditoriali collegate all’energia

C.Alessandro MauceribyC.Alessandro Mauceri
L’appello di papa Francesco per l’ambiente, ma il mondo è sempre più inquinato

Pope Francis blesses the crowds in St. Peter Square.

Time: 5 mins read

“Vi invito ad essere un gruppo di leader che immagina la transizione energetica globale in un mondo che tenga conto di tutti i poli della Terra, come delle future generazioni, e di tutte le specie e gli ecosistemi”. Con queste parole che Papa Francesco ha lanciato un appello ai partecipanti al Simposio per i Dirigenti delle Principali Imprese del Settore petrolifero, del gas naturale e di altre attività imprenditoriali collegate all’energia che si è svolto nei giorni scorsi.

Dall’8 al 9 giugno cinquanta di loro si erano riuniti (a porte chiuse) in Vaticano, per parlare di “Transizione energetica e cura per la casa comune”. Un incontro promosso dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze e dalla Notre Dame University (Energy Transition and Care for our Common Home, Transizione energetica e della cura della Casa Comune). L’iniziativa rientra in un programma più ampio voluto dalla Santa Sede, che prevede incontri anche con i leader del settore minerario, ma anche una particolare attenzione per il tema energetico che dovrebbe venire fuori anche al prossimo Sinodo Speciale per la Regione Pan-Amazzonica, e che Papa Francesco ha accennato durante il suo ultimo viaggio in America Latina.

Tra i primi a lodare gli sforzi di Papa Francesco è stato Al Gore, ex candidato alla Casa Bianca e vincitore del premio Nobel per la Pace famoso per il suo impegno nelle politiche ambientali. Gore divenne famoso in tutto il mondo, nel 2007, dopo il successo del suo documentario An Inconvenient Truth, “Una scomoda verità”, vincitore anche di diversi premi internazionali. Fautore della lotta ai cambiamenti climatici, fino ad allora questione “da specialisti”. 

A Berlino, nei giorni scorsi, Gore ha tenuto un discorso organizzato da Climate Reality Project, nel quale si è soffermato proprio sull’impegno di Papa Francesco per la difesa dell’ambiente, iniziato con le dichiarazioni del pontefice nell’Enciclica Laudato si.

Purtroppo la realtà è che, nonostante gli inviti del Pontefice, quelli di Al Gore e le battaglie condotte da decine e decine di organizzazioni e associazioni per la tutela dell’ambiente in tutto il mondo, la situazione non è migliorata. Le emissioni di CO2 sono aumentate (nonostante gli accordi della COP 21 di Parigi del 2015).  E ancora oggi, nel mondo globalizzato e sempre alla ricerca di nuove fonti di energia (come se non esistessero già fonti di energia pulita come il solare – sia fotovoltaico che termico –, eolico e molte altre), oltre un miliardo di persone non dispone di elettricità. Ma non basta: ogni giorno, migliaia di bambini muoiono a causa della qualità dell’acqua che bevono (o di malattie legate all’acqua). Le parole ripetute all’inverosimile da tutti sono sempre le stesse: “energia pulita”, “energia per tutti”, “rispetto dell’ambiente”. Le stesse usate da Papa Francesco al Simposio dei giorni scorsi.

Non credere al rapporto di causa ed effetto tra certe attività (come l’estrazione stessa e l’uso di combustibili fossili) non è più difficile. Ad essere poco credibile è che i rappresentanti delle imprese presenti, gli stessi che non hanno voluto credere ai dati degli studi sul riscaldamento globale (alcune di queste ricerche parlano di un miliardo di profughi ambientali entro la fine del secolo a causa dell’innalzamento delle temperature e del livello dei mari), cambieranno idea dopo aver ascoltato le parole del Pontefice. Davanti a lui, infatti, erano seduti i rappresentanti di alcune delle società responsabili delle maggiori estrazioni petrolifere al mondo (e dei relativi danni ambientali): da Exxon Mobil, a Eni, da BP a Royal Dutch Shell, da Pemex a Equinor, accompagnati da alcune delle maggiori società  d’investimento al mondo (come BlackRock). Tutti attenti a sentire (ma certo non ad ascoltare) l’invito del capo del Vaticano che chiedeva loro di abbandonare la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti – specie il carbone, ma anche il petrolio e il gas, in favore di energie rinnovabili.

Da tempo il Papa ripete lo stesso appello: la questione energetica è una delle principali sfide, teoriche e pratiche, per la comunità internazionale. E da essa dipenderà la vita stessa e i conflitti presenti nelle diverse aree del pianeta. Ma come è possibile credere che, dopo aver ascoltato queste parole, i rappresentanti delle imprese maggiori responsabili dell’inquinamento globale adotteranno “una strategia globale di lungo termine, che offra sicurezza energetica e favorisca in tal modo la stabilità economica, protegga la salute e l’ambiente e promuova lo sviluppo umano integrale, stabilendo impegni precisi per affrontare il problema dei cambiamenti climatici”? Davvero procederanno “verso una transizione che faccia costantemente crescere l’impiego di energie ad alta efficienza e a basso tasso di inquinamento”?

Sono proprio loro i maggiori responsabili dello stato dell’ambiente. E a causa delle loro scelte il pianeta è a rischio. Ora. Non in un futuro di là da venire. Già oggi sono evidenti le conseguenze di non aver fatto nulla nei decenni passati.  Parole come “sfida epocale”, “grande opportunità” sono state ripetute così tante volte nei discorsi dei governanti di turno o delle autorità da essere ormai inflazionate e anche l’invito ad “eliminare la povertà e la fame come richiesto dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, il miliardo e più di persone che non dispone oggi di elettricità deve poterla avere in maniera accessibile” è ormai poco credibile: non è un caso se questi Obiettivi sono stati creati dopo che era chiaro il fallimento dei Millenium Goals creati e sottoscritti da tutti i paesi del mondo alla vigilia del nuovo millennio.

In un impeto di realismo, alla domanda se le compagnie petrolifere e del gas “stanno sviluppando approcci più approfonditi per valutare il rischio climatico e modificare di conseguenza i loro piani imprenditoriali”, se ciò che dicono di voler fare “è sufficiente?”, Papa Francesco ha risposto che “nessuno può rispondere con certezza a questa domanda, ma ogni mese che passa la sfida della transizione energetica diventa sempre più pressante”. L’unica certezza è che, come ha ribadito Papa Francesco, saranno “i poveri a soffrire maggiormente delle devastazioni del riscaldamento globale, con le crescenti perturbazioni in campo agricolo, l’insicurezza della disponibilità d’acqua e l’esposizione a gravi eventi meteorologici. Molti di quanti possono a malapena permetterselo sono già costretti ad abbandonare le loro case e a migrare in altri luoghi, senza sapere come verranno accolti”. “L’aria e l’acqua non seguono leggi diverse a seconda dei Paesi che attraversano; le sostanze inquinanti non adottano comportamenti differenti a seconda delle latitudini, ma hanno regole univoche. I problemi ambientali ed energetici hanno ormai un impatto e una dimensione globale. Per questo richiedono risposte globali, cercate con pazienza e dialogo e perseguite con razionalità e costanza”.

Il fatto è (ma questo il pontefice non l’ha detto) che i problemi dei paesi poveri e delle fasce più indigenti della popolazione non hanno alcun peso sulle scelte delle compagnie petrolifere e del gas. Così come non hanno alcuna importanza per gli interessi (in tutti i sensi) dei grandi gruppi finanziari che finanziano queste società. Anzi, come dimostra ciò che sta avvenendo negli USA da quando è Trump si è trasferito alla Casa Bianca, avviene il contrario: sono le multinazionali che fanno pressione sui governi per cambiare le leggi e gli accordi internazionali per la tutela dell’ambiente e che spingono perché vengano concessi loro spazi di manovra sempre più ampi. Ma questo, Papa Francesco non lo ha detto ai rappresentati delle multinazionali del petrolio che hanno sentito (ma non ascoltato) il suo discorso.

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C.Alessandro Mauceri

C.Alessandro Mauceri

Sono nato a Palermo, città al centro del Mediterraneo, e la cultura mediterranea è da sempre parte di me. Amo viaggiare, esplorare la natura e capire il punto di vista della gente e il loro modus vivendi (anche quando è diverso dal mio). Quello che vedo, mi piace raccontarlo con la macchina fotografica o con la penna. Per questo scrivo, da sempre: lo facevo da ragazzino (i miei primi “articoli” risalgono a quando ero ancora scolaro e dei giornalisti de L’Ora mi chiesero di raccontare qualcosa). Che si tratti di un libro, uno studio di settore o un articolo, raramente mi limito a riportare una notizia: preferisco scavare a fondo e cercare, supportato da numeri e fatti, quello che c’è dietro. Poi, raccontarlo.

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