
C’è una bomba che Donald Trump non sembra proprio poter disinnescare. Ed è quella che il presidente USA si ritrova in casa, per una vicenda personale che continua a riemergere e a perseguitarlo. Stiamo parlando dello scandalo Stormy Daniels, l’ex pornostar che ha fatto causa a Trump, accusandolo di non aver rispettato un accordo preso per nascondere un incontro tra i due, avvenuto nell’anno 2006. E il cui caso continua ad arricchirsi di nuovi particolari. L’ultimo? Una mail che confermerebbe il fatto che il denaro per comprare il silenzio dell’attrice a luci rosse non sarebbe stato preso da “fondi personali”, come l’avvocato di Trump Michael Cohen aveva detto a inizio febbraio, bensì sottratto dai soldi della Trump Organization.
Ma andiamo con ordine. Perché la storia è lunga, i fili sono intrecciati, e i suoi risvolti sono stati sugli schermi di tutta America, almeno fino all’annuncio dell’incontro tra il presidente USA e il dittatore nord-coreano Kim Jong Un. Secondo quanto riportato già da gennaio dal Wall Street Journal, Michael Cohen, capo degli avvocati dell’impero immobiliare della Trump Organization, a ottobre del 2016 comprò il silenzio dell’ex pornostar Stormy Daniels, conosciuta come Stephanie Clifford, su un incontro che sarebbe avvenuto tra la pornostar di lusso e l’ex tycoon nel luglio del 2006, durante un torneo di golf di celebrità, a Lae Tahoe. Un anno prima Trump aveva sposato Melania Trump, sua terza moglie. E l’accordo, quello tra Cohen e Stormy Daniels, sarebbe stato stretto alla vigilia delle presidenziali 2016, quelle che avrebbero portato proprio The Donald alla vittoria, per evitare di far esplodere l’ennesimo scandalo potenzialmente letale per il candidato repubblicano.

Un accordo che però, dalle prime settimane del 2018, è in pericolo: secondo l’ex pornostar, infatti, “il pagamento (130mila dollari, ndr) non era stato effettuato abbastanza rapidamente”. Ma non solo. Secondo l’avvocato dell’attrice a luci rosse, Michael Avenatti, l’accordo su quel silenzio non vale più perché mancherebbe la firma del diretto interessato. Quella di Donald Trump. La notizia della causa al presidente da parte dell’attrice a luci rosse è stata anticipata dalla NBC nella giornata di mercoledì 7 marzo. Ma ha fatto in fretta a finire sui giornali e sulle televisioni di tutto il mondo: “Abbiamo presentato questo ricorso chiedendo un ordine del tribunale per invalidare il supposto accordo sul ‘silenzio’ tra la nostra cliente S. Clifford, in arte Stormy Daniels, e Donald Trump”, ha precisato Avenatti. Che ha poi sottolineato: “Per essere chiari, i tentativi di intimidire la signora Clifford e spingerla al silenzio, facendola tacere per proteggere il presidente Trump continuano senza sosta” e intorno allo scorso 27 febbraio, si legge nel ricorso fatto, Cohen “ha surrettiziamente avviato un falso arbitrato contro la Clifford a Los Angeles”. L’accordo, secondo quanto scritto dall’avvocato di Stormy Daniels, “imponeva diverse condizioni e obblighi, non solamente per Trump. Chiedeva anche la firma di tutte le parti, compresa quella di Trump”, prosegue il testo, aggiungendo che “come d’abitudine, è stato chiaro in ogni momento che, a meno che tutte le parti non firmino i documenti richiesti, l’accordo di confidenzialità, con tutti i suoi termini e condizioni, sarebbe stato nullo”.

Ora quella firma sembra proprio mancare. Il che potrebbe mettere nei guai sempre di più Donald Trump. La White House, fin dai primi passi dell’inchiesta del Wall Street Journal, aveva sempre categoricamente smentito la veridicità della notizia. Anche se l’avvocato di Trump, Cohen, a inizio febbraio aveva precisato in uno statement che un pagamento c’era stato a Stormy Daniels (alias Stephanie Clifford), ma che questo era stato fatto tramite “fondi personali” e che “né la Trump Organization né la campagna elettorale di Trump” erano state “parti attive della transazione economica a Stephanie Clifford, e nemmeno quei soldi erano stati rimborsati a me per il pagamento, direttamente o indirettamente”. L’email che venerdì 9 marzo ha riportato lo scandalo in cima alle notizie d’attualità, però, sembra smentire Cohen. Secondo quanto riportato da NBC, che è entrata in possesso del messaggio di posta elettronica dall’avvocato di Stormy Daniels, la banca a cui era destinato il pagamento figlio dell’accordo sul silenzio dell’ex pornostar, sarebbe stata contattata da Cohen, tramite un indirizzo mail della Trump Organization. Il che proverebbe il coinvolgimento diretto di Trump e delle sue aziende nella transazione finanziaria “a luci rosse”.
Uno scandalo che continua a far parlare di sé e ad ingrandirsi. Una bomba che The Donald potrebbe proprio non riuscire a disinnescare. Nemmeno in un momento storico in cui la risoluzione di una delle crisi più profonde della politica estera dell’amministrazione del presidente USA, e dell’intero pianeta, come quella nord-coreana, sembra sia finalmente possibile.