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December 31, 2017
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Nel 2018 la spinta delle donne più forte e contraria del Trumpismo

Il 2017 non è stato così male dato che anche per il 2018 farà valere una vecchia legge della fisica...

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
women's march on washington
Time: 6 mins read

L’anno che se ne va aveva il numero diciassette e per noi che siamo italiani, non abbiamo problemi ad ammettere che portava qualche apprensione in più. Eppure l’anno appena finito, si é rivelato migliore di quello che si annunciava, numero 17 a parte.

Certo le tragedie dell’umanità nel mondo sono continuate, con guerre e violenze che hanno portato il numero di profughi a raggiungere la cifra più grande dalla fine della Seconda guerra mondiale. Ma l’anno che si era aperto con l’accesso di Donald Trump al potere della nazione più formidabile e quindi anche potenzialmente più distruttrice del pianeta, è lo stesso che ventiquattro ore dopo da quella inaugurazione e nella stessa città, aveva anche visto una risposta altrettanto formidabile per la difesa dei diritti e della giustizia: ci riferiamo all’imponente manifestazione per il rispetto della donna, conosciuto ormai anche come movimento #metoo.

Siamo assolutamente d’accordo con la rivista Time, ha scelto proprio questo movimento per la copertina che determina l’anno. Per il 2016 era stato giustamente Trump, dato che la scelta non ricade soltanto per quello che la persona ha fatto finora in quell’anno (come vincere le elezioni americane) ma per quello che potenzialmente potrebbe realizzare nell’anno successivo. E quindi come Time, anche noi ci auguriamo che per il 2018 le donne, tutte le donne del mondo, continueranno a essere le protagoniste di quella che è iniziata come una rivolta e ora è ormai una rivoluzione culturale.

Qui ci teniamo a ricordarlo, che questo movimento non è partito dallo scandalo di Hollywood per la rivelazione del New York Times e del New Yorker delle violenze e gli abusi del produttore Harvey Wenstein contro decine di attrici. La scintilla di rabbia che fece scendere milioni di donne nelle strade americane il 21 gennaio, era stata causata dal vedere entrare nello Studio Ovale un uomo che tutto il mondo aveva ascoltato dire parole che sembravano riportare la considerazione e il rispetto degli uomini nei confronti delle donne indietro di secoli.

Quando abbiamo visto milioni di persone (non c’erano solo donne a manifestare nelle città d’America il 21 gennaio) ritrovarsi unite in strada per invocare gli ideali di uguaglianza e giustizia, abbiamo capito che nonostante Trump, l’anno sarebbe stato entusiasmante.

Chi scrive non si sente un anti-trumpiano “viscerale” per una profonda antipatia nei confronti dell’uomo diventato presidente.  L’antipatia c’è, certo, ma i presidenti non si giudicano dalla simpatia o meno che ci fanno, ma dai programmi che vogliono realizzare e soprattutto per gli ideali che vogliono rappresentare. Trump, fin dal primo suo discorso di insediamento, e poi con la sua valanga di twits, ha ampiamente dimostrato quali ideali divisivi e razzisti voglia rappresentare. Non crediamo neppure che tutti coloro che con il loro voto gli hanno spalancato le porte della Casa Bianca siano portatori di questi valori “trumpiani”. Moltissimi lo hanno votato come reazione alla delusione nei confronti del partito che negli anni al potere aveva fallito nel dare risposte sociali ed economiche adeguate alle aspettative. Ma detto questo, se nel gennaio del 2017 lo sospettavamo, alla fine dell’anno ne siamo convinti: Trump alla Casa Bianca rappresenta il più grave pericolo al sostegno e alla sopravvivenza dei valori democratici nel mondo, che sono soprattuto quelli dell’uguaglianza e dell’integrazione.

Trump rappresenta un pericolo anche per la sopravvivenza della vita nel pianeta, per quella sua retorica da spacca mondo che ha fatto tremare a settembre l’Assemblea delle Nazioni Unite. Continuata con la sua politica contro l’ecosostenibilità, che ha praticamente fatto diventare gli Stati Uniti la nazione “nemica” di chi sta cercando di unire il mondo verso il raggiungimento degli obiettivi 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Eppure rimanendo in ansia, nel 2018 ci entriamo carichi di ottimismo proprio grazie al movimento, anzi alla rivoluzione, iniziata dalle donne il 21 gennaio scorso.

A scuola non si prendeva buoni voti in fisica, ma ricordo bene quella legge che neanche un trumpiano potrebbe negare: quella della dinamica di Newton, che quando un corpo esercita una forza su un altro corpo, questo reagisce con una forza uguale e contraria. E’ esattamente quello che sta succedendo in America con Trump: la sua ascesa alla Presidenza, con quelle sue idee misogine e razziste, sta esercitando sul corpo della società americana, una reazione uguale e contraria. Anzi, dai poll che indicano la percentuale di gradimento della presidenza Trump la più bassa mai registrata da un presidente dal dopoguerra, direi che siamo difronte ad una reazione affatto uguale ma molto più potente. Nelle prime chiamate alla urne, come in Alabama, questa forza contraria ha dimostrato cosa sarà in grado di fare contro il trumpismo, e ci aspettiamo lo stesso alle elezioni di Midterm del 2018 e poi, se Trump ci arriverà, a quelle presidenziali del 2020.

Già, ancora più dei suoi guai per le indagini sulle “relazioni pericolose” con la Russia di Putin, sarà la forza più forte e contraria della rivoluzione delle donne a liberarci da Trump. E prevediamo che nel 2018 questa rivoluzione al femminile si espanderà ben al di fuori dei confini nord americani.

In Italia il 4 marzo del 2018, proprio nel mese della festa della donna, ci saranno le elezioni, e qui, guardando ai leader delle forze politiche, siamo meno ottimisti. Più ancora dell’anagrafe dei politici scesi in campo, ci appaiono vecchissime le loro idee. E poi non scorgiamo, ancora in Italia, la carica della rivoluzione culturale delle donne che invece si sta scatenando qui. Italiane #youtoo, ci siete?

Dal brav’uomo portoghese Antonio Guterres, nuovo Segretario delle Nazioni Unite, questa mattina ci é arrivata una email con il suo messaggio per il capodanno. C’é scritto “red alert”, allarme rosso.

Guterres dice che nel 2017 il mondo è andato “a marcia indietro”. Su tutto. Persino nella crescita dell’ansia per un conflitto nucleare. E quindi, scrive Guterres, “per il nuovo anno 2018, non mando un appello, ma lancio l’allerta, l’allarme rosso per il mondo”.

Guterres si appella ai leader del mondo, a essere più uniti nella ricerca delle soluzioni. Leggendolo, l’allarme di Guterres c’è sembrato soprattutto rivolto a Trump, che é stato finora il presidente americano che ha più diviso in patria e all’estero dai tempi di Richard Nixon.

Beh, sappiamo come andò a finire a Tricky Dicky. Noi ci auguriamo che nel 2018, continui la spallata che le donne d’America stanno dando contro quel rigurgito trumpiano di cultura dell’intolleranza che si sta espandendo pericolosamente anche in Europa. Quindi all’allarme rosso di cui parla Guterres, qui negli Stati Uniti si è risposto da tempo e ci aspettiamo che nel 2018 le donne e gli uomini del mondo continuino ad esercitare questa forza uguale, anzi più forte e contraria.

A tutte le nostre lettrici e lettori sparsi nel mondo, da New York vi inviamo, come sempre in piena libertà e bellezza, i nostri migliori auguri per un nuovo anno di pace, salute, amore e felicità.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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