Figlio di un rapinatore di banche, contabile in pensione, incensurato, e amante del video-poker. Una moglie, da cui ha divorziato, e una fidanzata – Marilou Danley – che al momento della sparatoria si trovava fuori dagli Stati Uniti. Nel mezzo, una permanenza in Australia di qualche anno, come intermezzo di una vita vissuta per intero in America. Sembra essere questo l’identikit di Stephen Paddock, l’uomo di 64 anni cittadino di Sun City Mesquite, Nevada, che nella notte tra l’1 e il 2 ottobre 2017 ha ucciso 58 persone, ferendone circa 500, durante un concerto country al Route 91 Harvest Festival a Las Vegas. La più grande tragedia legata alle armi, nella storia degli Stati Uniti d’America.
Sono stati circa cento, i colpi di pistola sparati da Paddock da 10 armi diverse, dal 32esimo piano del Mandala Bay Hotel. L’indagine delle forze dell’ordine sono ancora in corso, con l’ombra – smentita, per ora, ma non ancora completamente scartata dall’FBI – di un possibile coinvolgimento dell’ISIS e di una recente conversione all’Islam di Stephen Paddock. Una conversione rivendicata con orgoglio dallo Stato Islamico, ma non confermata per il momento dai federali che stanno indagando sull’accaduto. E smentita, per quanto possa essere aggiornata questa versione dei fatti, anche dal fratello Eric: “Non ha mai avuto affiliazione con gruppi terroristici o d’odio”, ha detto alla stampa.
Eh sì che Stephen Paddock era sempre sembrato un uomo tranquillo. Proprio il fratello Eric, che vive ad Orlando e lo ha visto per l’ultima volta un mese prima della sparatoria, lo ha definito come “una persona che non aveva mai mostrato tendenze violente”. E ha aggiunto che aver appreso della sparatoria che ha visto Stephen carnefice, è stato come ricevere addosso “un asteroide caduto dal cielo”.

Il padre dei due e di un terzo fratello, Bruce, si chiamava Benjamin Hoskins Paddock, ed era stato per anni nella lista dei ricercati dell’FBI, dal 10 giugno 1969 al 5 maggio 1977. Ma questa brutta influenza non aveva mai condizionato, pare, il percorso di Stephen. Un uomo normale, mai inserito nelle liste anti-terroriste, mai segnalato dalle autorità. Amava soltanto giocare a poker, “durante le crociere soprattutto”, ha precisato il fratello Eric, aggiungendo che Stephen per il denaro che aveva a disposizione poteva permettersi di giocare fino a 100 dollari per ogni mano, senza conseguenze. Stephen Paddock possedeva delle pistole, certo, ma chi non le possiede in America, il Paese dove in media ci sono più armi di persone? Per il Secondo Emendamento, sono in tanti ad entrare in possesso di armi legalmente, negli Stati Uniti, e Stephen Paddock era semplicemente uno di questi: un paio di pistole, una calibro .223 e una calibro .308, forse un fucile non automatico. Nessuna traccia di mitragliatrici o di altri fucili, però, nonostante fonti investigative parlino di cento colpi sparati da dieci armi diverse. Armi che, per quanto non sembrino risultare nel porto d’armi di Paddock al momento della sparatoria, secondo gli inquirenti sono state acquistate legalmente e non all’interno del mercato nero.
Stephen Paddock si trovava al Mandala Bay Resort da una manciata di giorni, prima della tragica sparatoria che lo ha visto diventare carnefice. Ma, contrariamente a quanto supposto inizialmente dalla polizia, Paddock aveva portato le armi nella camera d’albergo da solo, senza l’aiuto di un complice. E gli inservienti dell’hotel, che erano entrati per pulire la stanza proprio la mattina della sparatoria, non avevano trovato tracce di pistole o di fucili. Un ulteriore mistero, quello del numero di armi, che offusca ancor di più la figura di Stephen Paddock, l’uomo normale riscopertosi carnefice, dopo 64 anni di vita ordinaria.