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“Dove sei andato, Joe DiMaggio?”

Anthony Scaramucci, l'italo-americano cacciato via dopo essere stato risucchiato in un mondo più grande di lui

Anthony Julian TamburribyAnthony Julian Tamburri
“Where Have You Gone, Joe DiMaggio?”
Time: 3 mins read

Nella terza puntata della saga The Godfather (1990), Al Pacino aka Michael Corleone pronuncia la famosa frase “Just when you think you’re out, they suck you back in” (Tradotto: “Proprio quando credi di uscirne, alla fine ti ritrascinano dentro”). Sono queste le parole che ti vengono in mente quando, seppur per opposti motivi, Leon Panetta, Geraldine Ferraro o Ella Grasso in passato, ed Anthony Scaramucci nel presente, vengono nominati o eletti in posizioni di rilievo, statali e nazionali. E in questo contesto, ci viene da pensare: “Oh, finalmente un italiano (leggasi, italo-americano) viene nominato in una posizione importante! Alla faccia di coloro che ci vedono come affiliati alla mafia e incapaci di articolare un pensiero intelligente!”.

In effetti, nel caso di Leon Panetta, potremmo tranquillamente affermare che abbiamo raggiunto il meglio in entrambi gli scenari: un funzionario eletto su scala nazionale (il Congresso) e successivamente nominato in una posizione di gabinetto, in due diverse amministrazioni (Clinton e Obama). Panetta nel ricoprire quegli incarichi è stato un faro in termini di decoro, oltre che un campione d’espressione della sua italianità, come si dovrebbe sempre sperare, come individuo.

Nel caso di Anthony Scaramucci, una persona che si è laureata alla Harvard Law School – un fatto questo, che per qualcuno rappresenta l’ingresso nella cosiddetta “America superiore” – abbiamo appena capito che non tutti sono “upper-crust”, di caratura superiore, nel loro modo di comportarsi all’interno della società. Quando Scaramucci è stato incaricato per la prima volta, rimasi incuriosito, perché l’avevo visto al lavoro, per così dire, e mi era sembrato piuttosto un gregario, un ragazzo che ridendo e scherzando con quelli che lo circondavano, consapevole di questo, non offende mai nessuno. Così mi era sembrato. L’evento in cui lo vidi parlare era un evento pubblico, il gala di una delle più importanti associazioni italo-americane, dove veniva celebrato per il suo acume negli affari e per il successo che lo aveva e lo ha spinto nel club esclusivo dei super multi-milionari d’America.

Nel ricevere un premio speciale in ambito finanziario, Anthony Scaramucci aveva dichiarato al pubblico: “Nascere come italiano, crescere come italiano e avere nonni italiani sono state le cose più fortunate della mia vita, così come poter mangiare cibo italiano e condividere l’orgoglio che tutti noi proviamo nel sentirci tali”. A distanza di tempo, possiamo smentire quelle frasi. Ad esempio, cosa intende quando pronuncia la frase “crescere italiano”? Indipendentemente dalla situazione in cui ci troviamo, forse la nozione di “fare bella figura” avrebbe dovuto includere anche un pizzico di decoro, o no? Io direi proprio questo a Scaramucci: avere quel pizzico di decoro per fare bella figura, è parte integrante di ciò che vuol dire essere italiani (che siano italiani, o italo-americani). Invece, in una sua conversazione telefonica con Ryan Lizza, un altro italo-americano che merita di essere considerato, Scaramucci è sembrato piuttosto uno di quei bizzarri, volgari, maleducati “wannabe”, che usano un linguaggio pepato, condito da f-bombs e c-bombs. Simile piuttosto al personaggio Scaramouche, la maschera della commedia dell’arte.

Una debacle nelle pubbliche relazioni, sia per la nazione in generale che per la rappresentazione degli italiani in America, che ci fa tornare alla mente un ulteriore riferimento alla cultura popolare: la canzone “Mrs Robinson”, cantata da Simon e Garfungel. Una canzone che fa così:

“Dove sei andato, Joe DiMaggio?

Una nazione trasforma i tuoi occhi solitari verso di te

…

Che cosa tu dici, signora Robinson?

Joltin ‘Joe è andato via e andato via”

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Anthony Julian Tamburri

Anthony Julian Tamburri

Raised in Stamford, CT (of Settefratese and Faetana origin), I grew up in its Italian working-class neighborhood, where I was one of the very few to go on for a doctorate (PhD in Italian Studies, UC Berkeley). As Dean of the John D. Calandra Italian American Institute, I have worked to expand on its mission and create a think tank and service-oriented entity, which has now become one of the premier institutes in the world dedicated to the Italian diaspora, thanks to our dedicated staff. When I am not having fun on Italics TV, my scholarly work is based in semiotics, cinema, literature, and cultural studies. My latest book is Re-reading Italian Americana: Generalities and Specificities on Literature and Criticism (2014).

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