2 novembre 1975, sono alla Fiera di Roma con mamma per una fiera (appunto) di mobili per la casa. Come sempre, è un susseguirsi di camere da letto e soggiorni ben arredati. Siamo nel 1975, non c’è internet, non ci sono monitor piatti, la radio e il mangiadischi sono gli unici strumenti audio portatili. Su un cassettone una radio trasmette la musica del momento. Le radio abbondano, ma tutte sembrano essere sintonizzate su una stessa stazione. Ad un certo punto una voce annuncia, all’improvviso, che “Paolo Pasolini è stato trovato cadavere ad Ostia”. Non ricordo le parole esatte, ovviamente, ma mi è rimasta impressa la voce dell’annunciatore, scura, grave e il silenzio che è piombato intorno a me. Pasolini, la grande presenza intellettuale e creativa del nostro paese, era morto, ammazzato. Non ricordo altro se non che i miei genitori parlavano con le mie zie del fatto che il giorno dopo sarebbe dovuto andare a tenere un discorso proprio al Congresso del Partito Radicale, di cui la mia famiglia fa parte. Solo crescendo venni a conoscenza di cosa aveva significato quella morte, avvenuta in quella maniera.
In realtà poco sappiamo di quella notte, visto che nonostante i tanti libri e le varie inchieste, sembra che quella notte sia sparita dagli archivi. Fin dall’inizio in realtà. La polizia che arriva tardi, testimoni intervistati che spariscono o ritraggono, la macchina lasciata a marcire in un parcheggio della polizia senza che vengano prima rilevate tutte le impronte, le pagine del libro Petrolio strappate proprio nel passaggio più importante e così via. Di quel delitto si potrebbe parlare all’infinito e di libri ne sono stati scritti tanti, ultimo Pasolini massacro di un poeta di Simona Zecchi, che sul nostro giornale ha scritto sull’argomento. Oggi però è l’anniversario della morte e tutta l’Italia sembra adorare quell’intellettuale che parlava di sesso, di omosessualità, di ragione, intelletto e atrocità mettendo tutto nei suoi film e scuotendo con le sue immagini crude continuamente una società che allora non lo adorava di certo. Se si volesse fare un vero ricordo, oggi, di uno dei nostri sommi poeti, bisognerebbe prendere le sue parole e ripeterle per tutta la giornata sperando che facciano qualche effetto sulle tante menti assopite. Fra le tante, io scelgo quelle finali del discorso che Pier Paolo Pasolini aveva scritto per il Congresso Radicale a cui avrebbe dovuto partecipare il giorno dopo il suo omicidio.
“So che sto dicendo delle cose gravissime. D'altra parte era inevitabile. Se no cosa sarei venuto a fare qui? Io vi prospetto – in un momento di giusta euforia delle sinistre – quello che per me è il maggiore e peggiore pericolo che attende specialmente noi intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova trahison des clercs: una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento al fatto compiuto; un nuovo regime sia pure ancora soltanto come nuova cultura e nuova qualità di vita. Vi richiamo a quanto dicevo alla fine del paragrafo quinto: il consumismo può rendere immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di produzione creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili. Ora, la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto delle bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera. Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare”.
Oggi, qui a New York, scegliamo di ricordarlo con un evento organizzato dalla mia compagnia, la Kairos Italy Theater, insieme alla Casa Italiana Zerilli – Marimò della New York University e l’Istituto Italiano di Cultura. Un evento che si concentra sulle sue visite a New York, sull’incontro con Oriana Fallaci e sulla New York di oggi che con nuovi, giovani poeti omaggia il poeta Pasolini, che di New York era innamorato. L’appuntamento è alle 6pm alla Casa Italiana Zerilli-Marimò. Vi aspettiamo!