Vai a capire. Quando parla un ex boss della mafia del calibro di Gioacchino La Barbera, c’è da prestargli attenzione. Appartenente alla cosca di Altofonte, è uno che di cose ne ha fatte; uno di quelli che partecipa alla strage di Capaci. E’ diventato un collaboratore di giustizia, e lo racconta così, quel 23 maggio del 1992: “Fui io a dare il segnale agli altri appostati sulla collina. Ero in contatto telefonico con Nino Gioè. Sapevamo che il giudice sarebbe arrivato di venerdì o sabato… Era tutto pronto, e il cunicolo già imbottito di esplosivo. Ce lo avevo messo io, due settimane prima. Quando mi dissero che la macchina blindata era partita da Palermo per l'aeroporto mi portai con la mia Lancia Delta sulla via che costeggia l'autostrada Palermo-Punta Raisi, all'altezza del bar Johnnie Walker… Seguii il corteo delle macchine blindate parlando al cellulare con Gioè. Andavano più piano del previsto, sui 90-100 chilometri orari… Chiusi la telefonata dicendo vabbè ci vediamo stasera… amuninni a mangiari 'na pizza”.
Intervistato da Repubblica (19 settembre), La Barbera racconta di aver notato, nei giorni della strage, qualcuno estraneo a Cosa Nostra: “C'era un uomo sui 45 anni che non avevo mai visto prima. Non era dei nostri… Arrivò con Nino Troia, il proprietario del mobilificio di Capaci dove fu ucciso Emanuele Piazza, un giovane collaboratore del Sisde che pensava di fare l'infiltrato”.
L’intervistatrice insiste, e ricorda che un altro boss diventato collaboratore di giustizia, Francesco Di Carlo, abbia dichiarato che le stragi furono pianificate in una villa di San Felice Circeo, in una riunione del 1980 a cui avrebbero partecipato anche numerosi iscritti alla loggia massonica P2.
La Barbera risponde di essere a conoscenza “di riunioni con generali e di incontri tra Riina ed ex ministri democristiani. I loro nomi sono stati fatti, come quelli dei giudici che aggiustavano i processi…che ne parliamo a fare. Il fratello di Francesco Di Carlo, Andrea, faceva parte della commissione, e sapeva quello che Riina avrebbe fatto. Per questo si consegnò prima delle stragi: non voleva responsabilità”.
Si parla del delitto di Salvo Lima; due mafiosi, Francesco Onorato e Giovan Battista Ferrante hanno confessato di esserne gli autori. Furono proprio loro a uccidere, è la domanda. Risposta: “Contano poco i nomi. Vuole sapere se ci fu una collaborazione dei servizi segreti? Ci fu. C'erano uomini dei servizi sul Monte Pellegrino”. In crescendo: l’omicidio di Piersanti Mattarella, “per quel che ne so io, fu voluto da politici”. E anche per quel che riguarda l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Credo che Dalla Chiesa sia stato ucciso per fare un favore. Ma non ho le prove”.
Ricapitoliamo: qualcuno estraneo a Cosa Nostra “ronzava” attorno nei giorni della strage di Capaci, “mai visto prima…non era dei nostri”. Inoltre La Barbera sa “di riunioni con generali e di incontri tra Riina ed ex ministri democristiani…”; c’è stata una collaborazione dei servizi segreti per quel che riguarda il delitto Lima; a voler morto Mattarella sono stati dei politici; a uccidere Dalla Chiesa è stato un favore.
“Dietro le stragi non c’è solo mafia”, titola “Repubblica”.
Poi siccome a volte uno è roso da tarli, dubbi e perplessità, e bisogna pur venirne a capo, risolverli, si va su google, e si digita “Strage, Rapido 904 La Barbera”. Ti imbatti così in alcuni servizi audio-video, di “Repubblica-TV”; neppure troppo remoti, sono stati postati il 3 marzo 2015. C’è un avvocato che pone delle domande a La Barbera.
Trascrivo.
Avvocato: “Sa se queste stragi, diciamo in progettazione, riguardavano obiettivi determinati, appunto politici, Salvo Lima, Ignazio Salvo, oppure anche magistrati, oppure vi era anche un progetto di stragi contro persone in maniera indiscriminata?”.
La Barbera: “Gli attentati che sappiamo, gli attentati che sono successi, l’attentato che era già in fase preparatoria contro il dottor Grasso, quelle cose che sono successe e quelle che stavano succedendo…”.
Avvocato: “Lo scopo qual era, di quelle stragi?”.
La Barbera: “Lo scopo era di intimidire lo Stato e scendere a patti, perché con quella sentenza non si erano rispettati i patti con Cosa Nostra…”.
Avvocato: “Le faccio una contestazione, questo per i fini di memoria. Lei dice, ho fatto riferimento ad un verbale, a cui ho fatto riferimento, rispondendo alla domanda: ricordo che all’indomani dell’arresto del Garofalo per la strage del treno, all’interno dell’organizzazione mafiosa si diceva che erano stati i servizi segreti, in particolare queste cose me le diceva Andrea Di Carlo”.
La Barbera: “Guardi, voglio precisare che ogni strage, ogni delitto eccellente, nell’ambiente si diceva di Cosa Nostra, si diceva sempre così: sicuramente i servizi segreti, i servizi deviati…ma sono solo discorsi, dottoressa…”.
Avvocato: “Discorsi che cosa vuole dire? Era vero, non era vero? Sono discorsi, lo dice perché…?”.
La Barbera: “No, no…Allora dottoressa, per quello che mi riguarda sono solo dicerie, perché anche per la strage di Capaci alla quale ho partecipato, la prima cosa…ma lì…i servizi segreti…a chi faceva comodo…E invece no. Eravamo stati noi. Questo è un esempio che sto facendo…”.
Avvocato: “Giusto per saperlo io, anche per altre stragi come Capaci si diceva che erano stati i servizi segreti, all’interno di Cosa Nostra?”.
La Barbera: “All’interno di Cosa Nostra se ne parlava con persone che non sono a conoscenza della strage, perché chi aveva partecipato, sapeva…”.
Allora: in quella sede, La Barbera dice che la presenza e la partecipazione di servizi segreti più o meno deviati sono “solo discorsi…dicerie”; che le stragi, Capaci compresa, “eravamo stati noi”.
Magari tutto ha una spiegazione, una logica, una “coerenza”. Per ora c’è una certa confusione tra quello che dice Gioacchino La Barbera uno, e quello che dice Gioacchino La Barbera due. Attendiamo il Gioacchino La Barbera tre; così che la confusione sia completa.