Una “piccola” notizia, che tuttavia merita l’onore della prima pagina, di un titolo di telegiornale. Proprio perché tale, non compare nelle prime pagine, nei titoli di un telegiornale. La notizia, diffusa dall’agenzia “Italia” è questa:
“Ha fatto causa all'Inps per ottenere la pensione negatagli, e la Corte d'Appello di Reggio Calabria, città in cui risiede, dopo la sentenza di primo grado, ha fissato l'udienza per il 2018. Per Carlo M., 97 anni, reggino residente in provincia di Roa, non ci sono molte speranze di poter ottenere giustizia. Così i suoi parenti si sono rivolti ad uno studio legale-commerciale, anche al fine di perorare un'azione indennitaria e risarcitoria contro il Ministero della Giustizia. L'uomo ha fatto causa davanti alla Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Reggio Calabria, contro l'istituto di previdenza per il riconoscimento di una pensione di invalidità. La Corte, giovedì scorso, ha disposto il rinvio dell'udienza al 2018. “Il Signor Carlo”, spiegano i titolari dello studio legale commerciale, Silvia Notaro e Francesco Conte, “ha iniziato nel 2002 una causa civile davanti al Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Lavoro, per il riconoscimento della pensione di invalidità, a seguito di un aggravamento della propria condizione di salute come comprovato dai certificati medici legali e potendo beneficiare della sola pensione sociale. Dopo un decennio di processo civile, con cambiamento di ben tre avvocati e due giudici, ha ottenuto la sentenza di primo grado che gli nega il diritto alla pensione per una questione di pura forma: un difetto di notifica del ricorso introduttivo all'Inps, effettuato ai sensi dell'art. 140 cpc e non considerato valido. A seguito della lettura del dispositivo della sentenza di primo grado, nel gennaio 2015 l'uomo propone gravame alla Corte di Appello di Reggio Calabria che inizialmente fissa la prima udienza al 16.4.2015. Poi, giovedì scorso, la Corte, in considerazione dell'eccessivo carico del ruolo rinvia tutti i processi al 2017 e 2018. Per il poveretto non ci sono grandi speranze di godersi la pensione in vita".
I parenti, quindi, hanno conferito e mandato ai due professionisti affinché agiscano contro il Ministero della Giustizia ai sensi della Legge Pinto "non solo per l'eccessiva durata del processo ma anche per il rinvio quasi 'beffardo' che non tiene assolutamente conto dell'età del cittadino".
Non c’è necessità di aggiungere altro, la notizia si commenta da sola, ognuno di noi ne può cavare il giusto succo, e farne oggetto di riflessione che non può che essere amara, circa lo stato in cui versa la giustizia italiana; e considerare che certamente non si tratta di caso isolato, che capita a un cittadino particolarmente sfortunato. C’è motivo di ritenere che simili episodi siano al contrario piuttosto frequenti; e per averne conferma è sufficiente trascorrere una qualunque mattinata in un qualunque tribunale del paese, non solo a Reggio Calabria; se ne ricava che quella dell’irragionevole durata delle vicende processuali, oggetto di ripetute condanne da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è una bizzarria, piuttosto la certificazione che quella del cattivo funzionamento della giustizia costituisce un vero e proprio problema sociale. Nella patria di Cesare Beccaria, il diritto (e il diritto al diritto) è diventato qualcosa più simile a una lotteria; il paese che si vanta di essere la culla del diritto, diceva Leonardo Sciascia, ne è piuttosto la bara. E se ne ha pratica, quotidiana, conferma.