Oggi in gran parte del mondo è la Festa della Donna. Festa che ci rallegra, eccome se ci rallegra. Il solo rammarico è che questa ricorrenza è finita anch’essa nell’imbuto d’una commercializzazione che nulla di frizzante, d’elegante sa presentare: è solo “business”, ma business condito d’ipocrisia, piaggeria, pretenziosità. Tv e giornali fanno “da spalla”. Parecchi cittadini abboccano.
Onore quindi alla Donna, oggi, 8 Marzo, sebbene per uno come me la festa della donna si celebri ogni giorno. Crebbi in mezzo alle donne: mia madre, s’intende, le mie nonne, le mie zie, le mie cugine, le cugine e le amiche della mamma, le amiche del babbo. Crebbi circondato dalla grazia, io, oggetto di premure, attenzioni, carezze da parte di tutte quante: tuttora, specie all’imbrunire e a sera inoltrata, quando ci ripenso, mi commuovo un po’. Crebbi fra donne provviste di bella intelligenza, intelligenza calda, luminosa, creativa. Mia madre, casentinese classe 1921, amante di Firenze (non concepiva che vivere a Firenze!), mi educò a non mentire, a non cercare scorciatoie, a non ricorrere per nessuna ragione al bluff, alla millanteria; a credere in me stesso, a migliorare me stesso come persona, come giornalista, come rugbista.
Dal canto suo la mia nonna paterna, classe 1900, pistoiese doc, m’insegnò a credere che ogni essere umano fosse una gran brava persona, fino a prova contraria. M’invitò sempre a “non fare commenti”, a non mettermi al centro dell’attenzione; a non darmi importanza presso nessuno e per nessun motivo; e a trattare allo stesso modo sia l’operaio, il contadino, che il Duca d’Aosta! Lei si comportò sempre così.
Le mie nonne, mia mamma: donne che sia negli agi, negli splendori che nei rovesci, nelle ristrettezze, sempre mostrarono lo stesso umore, lo stesso stato d’animo: sorridevano e ripetevano che “domani è un altro giorno”. Non c‘era pericolo che si smarrissero, che vacillassero. Mai dettero l’impressione che ciò che avevano fosse loro dovuto per “diritto divino”. Agli uomini avevano parecchio da insegnare.
La Donna. La Donna è così avvenente, bella, “misteriosa”, difficilmente sondabile, che sembra stata concepita e plasmata dagli Dèi! Vero, no? L’uomo più enigmatico non risulta tanto enigmatico quanto la donna inaccessibile, imperscrutabile… Ho la sensazione che, in fondo (o, forse, nemmeno tanto in fondo), gli uomini temano le donne. Nella società italiana d’oggigiorno, nei posti di lavoro assai ambiti, in quelli “prestigiosi” tipo stampa, tv, banche, è rispuntata la figura del cavalier servente, che tuttavia niente ha della classe, della raffinatezza, dell’eclettismo del suo “stratosferico” predecessore del Settecento. Sfido io, è sempre “utile”, “raccomandabile” rendersi carini e servizievoli con la collega che brucia le tappe o con la collega da poco collocata in avanzamento. Ma non mettiamoci ora a dire che la “donna in carriera” così come essa si presenta da una trentina d’anni a questa parte, è figura “spietata”, “vendicativa”, “egocentrica”. Non è questa la sede per discorsi simili. Qui vogliamo rendere omaggio, appunto, alla Donna. Alla donna dei nostri tempi, alla donna di altre epoche.
Vogliamo rendere omaggio alla cassiera di supermercato la quale in una grande città come Roma, o come del resto in tante altre città, “stacca” la sera alle dieci e le tocca incamminarsi verso la lontana, se non remota, periferia dove abita, e abita in caseggiati incompatibili con la dignità, la decenza umane. Sa che rischia, rischia anche se a casa ci arriva in automobile: il maniaco, il criminale, è sempre in agguato. Nessuno la difende. Nessuno ne tutela il diritto all’incolumità. Nessuno se ne occupa. Se lei poi va in giro in gonna corta e stivali, e nell’inospitale, inguardabile periferia avvolta nel buio, le accade qualcosa di veramente brutto, qualcosa di raccapricciante, c’è il solito “analfabeta” del comportamento, del Costume, che muove pressappoco questa ‘osservazione’: “Vestita a quel modo, se l’è andata a cercare”! L’Italia pullula ancora di tizi così.
Rendiamo, sì, omaggio sincero e amorevole alla Donna. Alla madre, alla moglie, alla sorella; alle nostre figliole. La società d’oggigiorno generosa e comprensiva con la Donna, non ci sembra affatto che sia. Oggi si licenzia o si rende impossibile la vita all’impiegata, o anche alla dirigente (senza santi in paradiso), non appena lei comunica d’essere rimasta incinta. In varie aziende si assumono soltanto giovani donne di bellezza “esplosiva”: donne ritenute “non sexy”, o addirittura “brutte”, vengono scartate. Ma il maschio “brutto”, il maschio “sgraziato”, il maschio affetto da obesità, non per questo viene scartato, non per questo gli si nega l’assunzione. Il posto di lavoro gli viene garantito, non glielo toccherà nessuno.
Rendiamo, sì, omaggio “anche” alla memoria della Donna, alla memoria di donne di altre epoche e di ogni latitudine. Il nostro riverente pensiero va alle madri di famiglia, alle casalinghe che sgobbavano 16 ore al giorno, e dal marito, “tutto d’un pezzo”, non ricevevano che ordini, imposizioni, soprusi – e percosse; mai una carezza, mai un complimento, uno straccio d’aiuto…
Va alle donne ammazzate sotto i bombardamenti aerei, sotto i mitragliamenti, le cannonate; dinanzi al plotone d’esecuzione. Va alle infermiere che a te sdraiato e impaurito su un letto d’ospedale, puliscono di buon grado ‘anche’ il sederino… Va alle donne sfruttate, spolpate, ingannate e quindi piantate in asso da “grand’uomini”, da “volitivi”. Va alle donne che, sobbarcandosi fatiche in vari casi immani, salvarono le proprie famiglie dalla pusillanimità, dall’ignavia, dall’indolenza dei loro consorti. Dalla rovina.
E come stonano, oggi, soprattutto oggi, 8 Marzo, le ‘solenni’, stucchevoli affermazioni di “solidarietà” da parte del Sistema, del Sistema paludato ancor più di quanto lo fosse ai tempi di Francesca Bertini.