E’ una situazione fluida. La situazione del resto è sempre fluida quando si ha a che fare col radicalismo musulmano. E’ ormai assodato che l’Italia si trova nel mirino dell’Is, lo Stato islamico – o Califfato – che, dopo aver strappato province intere ai governi iracheno e siriano, ha stabilito robuste teste di ponte sulla “quarta sponda”… La “quarta sponda” è la Libia, quest’espressione era assai in voga durante il Ventennio fascista. Ma le milizie dello Stato Islamico non hanno mica occupato l’Oasi di Gialo o quella di Cufra, nelle profondità dell’entroterra nordafricano; non hanno mica puntato sul Gebel cirenaico o sulla Depressione di al-Kattara, no: hanno volto far subito le cose in grande e così hanno agganciato Derna, hanno agganciato Tripoli. D’altro canto l’avevano già dichiarato cinque, sei mesi fa: “Sbarcheremo in Italia, è l’Italia che vogliamo”. E’ accertato che il pericolo arriva coi barconi stracarichi di immigranti fra i quali si nascondono agevolmente i “fedelissimi” di Allah, i “difensori” del Verbo islamico, i “prodi” ai quali vengono promesse, col Martirio e quindi con l’ingresso nell’Ultraterreno, settantadue vergini, vergini avvenenti, prosperose… Meglio ancora se vergini bianche. Cristiane!
Ma perché l’Italia? E’ presto detto: l’Italia ospita lo Stato Vaticano, Roma è città nota in tutto il mondo, un attacco alla nostra Capitale susciterebbe una eco grandiosa, grandiosa nella sua drammaticità, nella sua spettacolarità. Proietterebbe il già elevato morale di tutti i terroristi della Jihad verso chissà quali vette; probabilmente il capo dell’Is, al-Baghdadi, otterrebbe quel che vuole sul piano del ricatto. Viste le ingenti somme di denaro versate non tanti anni fa, e con gaudio, nelle tasche del Colonnello Gheddafi dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. L’Italia che di buon grado risarciva la Libia… Danni di guerra!, così esclamava il dittatore libico.
La situazione appare, sì, fluida. Alla guida dell’Is si trovano personaggi d’intelligenza, di fantasia, d’imprevedibilità niente affatto comuni. Risulta verosimile che al-Baghdadi ora faccia un gran chiasso sull’Italia per poi smorzare, abbassare i toni, cambiare argomento e quindi colpire quando il Governo Renzi meno se lo aspetta, prigioniero com’è del “wishful thinking”.
Il confronto fra intelligenza e “wishful thinking”, insomma, è già cominciato. Al-Baghdadi mantiene l’iniziativa, il nostro Esecutivo subisce l’iniziativa psicologica del terrorismo islamico. Siamo tuttora il “ventre molle” dell’Europa, dell’Occidente, e questo ai capi del Califfato siriano-iracheno procura una gioia sfrenata e ne alimenta gli appetiti.
Il Presidente del Consiglio Renzi in ore di grossa tensione come questa non ha di meglio da dire agli Italiani che “non è il momento di ricorrere all’azione militare”. Certo che no, Signor Presidente del Consiglio, certo che no; non creiamo tensioni, per carità; non commettiamo l’errore di provocare la controparte; c’è sempre modo di mettersi d’accordo coi “levantini”.
Questa, care lettrici, cari lettori, è l’ossatura del pensiero politico italiano convenzionale, l’ossatura d’un pacifismo da parrocchia che può far più danni d’un conflitto armato. Su questi binari s’è formata la classe politica italiana degli ultimi cinquanta, sessant’anni o anche più. La Repubblica Italiana della nostra giovinezza non aveva nemmeno una politica estera degna di questo nome: la nostra politica estera veniva svolta, e con eccellenti risultati, da Enrico Mattei leader dell’ENI.
Fa quindi impressione la diversità di vedute sul pericolo islamico fra il nostro Presidente del Consiglio e il Presidente francese Hollande: per Hollande è da irresponsabili, da folli, perdere tempo in discussioni ormai sterili, controproducenti. Per il capo dell’Eliseo è necessario che intervengano le Nazioni Unite, ma subito, e nell’àmbito di un piano ben strutturato, organico, che contempli l’azione militare, l’azione politico-propagandistica, l’azione diplomatica con scadenze a breve, brevissimo termine. Hanno intanto già risposto alle milizie islamiche i governi egiziano e libico, i cui cacciabombrdieri ore fa hanno martellato – pare con successo – le postazioni allestite dai jihadisti a Derna, città costiera della Cirenaica. Si cerca ora d’arrivare a un’azione congiunta fra egiziani e libici nello scacchiere di Tripoli. Qui il panorama si mostra assai più complesso di quello di Derna: nella Capitale libica i jihadisti si sono installati in rioni alquanto popolosi e perciò appare alto il pericolo di mietere vittime fra i civili nel caso di bombardamenti aerei. Però, anche stavolta, nessuno sembra voler capire che i conflitti non si vincono con la sola aviazione: ci vuole “anche” il fante, ci vuole anche il carrista… Come del resto Renzi crede che l’IS sia così carino e comprensivo da voler seguire, rispettare i tempi del Palazzo di Vetro, i tempi di Palazzo Chigi, Montecitorio, Palazzo Madama… Leggerezza italiana. Leggerezza dei campioncini della politica mondana che se ne strabatte dei diritti e delle esigenze dei cittadini; se ne strabatte dell’orgoglio, del prestigio nazionali. E’ una politica che non tollera fastidi, no. Che nessuno osi quindi sciupare tanto “”divertissement”. Così, il fiume di decapitazioni di cui si sono resi protagonisti al-Baghdadi e i suoi, sembra lasciare indifferente il Governo italiano molto preso col gioco di correnti di partito, molto preso dalla volontà di dare il Paese in pasto al nefasto neoliberismo; occupato a godere del proprio fasto, dei propri privilegi.
Non si creda a questo punto che le milizie dell’IS altro non siano che bande bellicosissime, ma raccogliticce, indisciplinate, armate alla meno peggio; armate di sole scimitarre… Nossignori: l’IS ha una vera e propria struttura militare, dispone di armamenti ingenti ed efficaci, armamenti acquistati con la vendita del petrolio estratto nelle aree sotto il suo controllo; razziati a profusione nei mesi della guerra civile siriana, sequestrati nei giorni del ritiro ‘quasi’ totale delle truppe americane dall’Iraq. Ottenuti attraverso altri canali, magari anche attraverso il canale russo. I terroristi islamici vantano il possesso di carri armati T54 e T72 (perciò russi, fino a prova contraria), di “tanks” M1 Abrams; missili terra-aria Strela, pezzi d’artiglieria da 130mm, autoblindo Humvee. Di tutto rispetto anche il loro apparato tecnologico: il miliziani pronti a morire per Allah sono “anche” assi del computer, hacker ormai di provata esperienza. Non li sottovaluta affatto Hollande, li sottovalutiamo invece noi, che ci crediamo assai più “ganzi” (vero, Presidente Renzi?), più scaltri e furbi di loro.
Ma com’è nato e come s’è sviluppato lo Stato Islamico? Semplice: nel vuoto creatosi in Iraq col rovesciamento del regime di Saddam Hussein, bastione anti-fondamentalista, al-Baghdadi e suoi accoliti trovarono il fertile terreno che cercavano. Il terreno su cui costruire le proprie fortune, politiche ed materiali. Ringraziare George W. Bush che con sconcertante, sospetta ostinazione volle, e ottenne, la caduta e l’esecuzione di Saddam Hussein…
In questo quadro crediamo che vi sia anche una regia araba, regia musulmana: una regia saudita. E anche una “sotto-regia” del Bahrein, degli Emirati Arabi Uniti e così via. Fa sempre comodo tenere in tensione gli occidentali, creare problemi agli occidentali, causare mal di testa a governi europei e impegnare in qualche modo anche gli Stati Uniti. Se ne ricava il grosso beneficio di non essere presi a cannonate dai “puri” dell’Islam, dagli “infallibili” interpreti del Corano. Se ne ricava l’enorme vantaggio di non saltare in aria in una piazza di Riad o in un grande albergo di Abu Dhabi.
Non ci sembra poi tanto peregrina l’ipotesi di sbarchi a Anzio, Sabaudia, Orbetello, a opera di jihadisti che altro non aspettano, appunto, che metter piede sul territorio nazionale italiano, il territorio su cui svetta con la sua cupola, i suoi colonnati, i suoi palazzi lo Stato di Città del Vaticano: la sontuosa dimora del Papa.
Non ci sembra improbabile che terroristi dell’IS tentino di commettere attentati nel nostro Paese. Un governo responsabile prende in considerazione soprattutto quest’ipotesi. Avverte il dovere di prenderla in considerazione. In caso contrario, tradirebbe il suo stesso mandato. Secondo certe fonti, sarebbero ventimila i miliziani dell’IS sparsi fra Iraq, Siria, Yemen e Libia. Tutta gente che va e viene, scorrazza a destra e sinistra, compie traversate in mare, penetra in città, costruisce fortificazioni, postazioni. C’è qualcosa di ‘melmoso’ in tutto questo, d’un melmoso che, secondo noi, chiama addirittura in causa l’Occidente. La sapremo mai la verità?
Certo che nel corso degli anni, integralisti musulmani hanno compiuto ‘spettacolari’ azioni terroristiche e lo hanno fatto con precisione e tempismo chirurgici. Adesso si son messi perfino a mozzar la testa agli “infedeli” da essi catturati, percossi, umiliati, quindi, sì, decapitati. C’è perciò bisogno di altri simili esempi?