Varata a dicembre, si chiama Legge di Stabilità. Ma di quale stabilità?? Di quella che accompagna la vita di Lorsignori ai quali nulla interessa delle sorti degli italiani colpiti da una crisi addirittura peggiore di quella di fine Ottocento con mezza Sicilia, mezza Milano, Polesine e Friuli, Garfagnana e Cilento ridotti alla fame?
Oggi nelle vie e nelle piazze d’Italia non sfreccia nessun Generale Bava Beccaris in groppa a un destriero bianco come la neve. Eppure le “legnate” si sentono, le si subiscono giorno per giorno poiché “questa” Italia appare dimentica delle necessità dei meno fortunati; delle sacrosante esigenze dei meno fortunati.
Qui non tiriamo di fioretto… Non si cerchi nel titolare di questa rubrica il “fine dicitore”. Non gli si chieda “pacatezza”. La pacatezza oramai è un lusso che la maggioranza degli italiani non si può permettere. Non si può chiedere “comprensione” a chi comprensione non riceve in questo Paese senza guida da oltre vent’anni, sempre più esposto agli appetiti di individui insaziabili, insolenti, egocentrici; in questo Paese che “non” si trova sull’orlo del baratro: nel baratro c’è già finito e sono stati in parecchi, di destra, centro, sinistra, a scaraventarvelo. Tutti genuflessi al cospetto dell’alta finanza, delle banche.
Chiamatela Legge di Stabilità una legge in cui non è prevista la proroga del blocco degli sfratti, poiché di questo si tratta nel già desolante panorama dell’Italia d’oggigiorno.
Secondo fonti ufficiali, sono almeno 50.000 (70.000, secondo altre fonti) le famiglie italiane che trascinano la propria vita nell’incubo dello sfratto, dello sfratto in molti casi imminente. Palazzi interi vuoti (a Roma, Milano, Napoli), appartamenti disabitati, trovarne i proprietari non sempre è facile in un Paese come il nostro in cui ormai tutto o quasi tutto appare fuori controllo: in numerose città, entrare al Catasto può voler dire finire in un dèdalo che disorienta, smarrisce, esaspera. Di chi le responsabilità? Pia illusione sperare di poterlo sapere: non lo si saprà mai. Ma a Lorsignori neanche questo importa.
Nessuna attenzione è stata prestata oggi alle centinaia di dimostranti che sostavano di fronte agli uffici delle Anagrafe, a Roma, a pochi passi da Piazza Venezia, dal Campidoglio. Non un cronista, non una squadra della TV, nulla. Il vuoto intorno a cittadini dinanzi ai quali si mostra lo spettro della vita all’addiaccio, del dolore di “non saper” garantire un tetto ai figli, ai figlioletti, alle figliolette spaurite, incredule; amaramente lontane dalla cameretta colorata…
Dice che gran parte delle famiglie sotto sfratto sono famiglie morose e quindi si meritano il colpo di scure che presto s’abbatterà su di loro. Sfido che lo sono: licenziamenti indiscriminati, mancato rinnovo dei famigerati contratti a tempo determinato, il brusco abbassamento del tenore di vita che riguarda milioni di italiani, tutto questo ha creato una situazione di alta drammaticità, ha spianato il terreno alle ansie, alle angosce, all’avvilimento, all’umiliazione; ha incrementato di parecchio il numero dei “nuovi poveri”, figura umana, sociale, morale nata all’incirca una quindicina di anni fa e ignorata da quanti lanciavano la “moda”, sfrenata, del banchetto indecente, del gozzoviglio osceno, del divertimento ostentato.
“Se pago l’affitto, mangio una sola volta al giorno, e magari nemmeno una sola volta al giorno”, ci ha confessato l’altroieri una romana sulla cinquantina, assai dignitosa, ben educata, all’uscita di un bar nel rione Ostiense, a pochi passi dalla Piramide Cestia. Una donna che perse il lavoro due anni fa e che con un marito invalido a carico, ogni mattina va a pulire il sudicio altrui nelle case dell’Ostiense, di San Paolo, dell’Aventino. Una romana diplomata al Liceo Classico “Visconti”, col “Parini” di Milano e il “Dante” di Firenze, uno dei migliori d’Italia. Ecco, care lettrici e cari lettori: l’Italia d’oggi è fatta ‘anche’ così. Conosco altre romane come la signora che in un giorno di luglio ormai lontano, tornò raggiante a casa con la solenne licenza classica.
Ma ci si può fidare d’un governo che non prende coscienza di un’emergenza-sfratti come questa?? “Emergenza”?! “Quale emergenza”?, sembra domandare, con strafottenza, il molto sopravvalutato Governo Renzi. C’eravamo sbagliati, cari, illustri governanti che in modo nobilmente disinteressato dedicate così tante energie e così tanto tempo all’aspra lotta in difesa dei diritti dei cittadini e perciò chiediamo umilmente scusa, presentandoci col capo cosparso di cenere… Già, l’emergenza non c’è! Essa s’agita soltanto nella mente dei disfattisti, dei pessimisti, dei bastian contrari.
Questione complessa, questione urgente, questa della casa. Non sfuggano quindi nemmeno le necessità di proprietari di immobili per i quali, ora come ora, la riscossione mensile dell’affitto rappresenta, sissignori, l’àncora di salvezza; quanto meno rappresenta la possibilità d’arrivare alla fine del mese, di pagare le esose bollette della luce elettrica, del riscaldamento invernale; le tariffe dei voraci servizi di nettezza urbana comunali. E le tasse… Le tasse che, a dispetto di “promesse” e “proclami”, non s’abbassano.
È spaventoso che nell’àmbito del Governo tutto questo, a quanto ci risulta, passi inosservato; non susciti interessamento, compassione. Abbiamo allevato generazioni di opportunisti, di individualisti. Di commedianti e imbonitori. Di propagandisti, di padreterni, di lacchè e scherani dei padreterni. Esplode la questione-casa, l’Italia si sgretola nel dissesto idrogeologico, l’euro fa salire i prezzi. Ma tutto questo non è degno d’attenzione, no. S’ha ben altro cui pensare! Che non ci venga recato disturbo!
Eccolo, quindi, un governo senz’anima. Un governo al quale è estraneo il concetto di bene pubblico. Un governo di “vincenti” i quali non possono certo impietosirsi per i “perdenti”…