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January 2, 2015
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Le torture CIA, la ragione di Stato e lo Stato di diritto

Valter VecelliobyValter Vecellio
Time: 4 mins read

Tu chiamala, se vuoi, ragione di stato. A metà dicembre l’ex vice-presidente degli Stati Uniti durante l’amministrazione di George W.Bush, viene intervistato dall’emittente televisiva Fox News a proposito del rapporto della Commissione intelligence del Senato sulle torture praticate dalla CIA nei confronti di terroristi o presunti tali. Cheney è un repubblicano rude e spiccio del Nebraska, lo stato “where the West begins”. Non porta pistola e cinturone, ma è come se fosse. Gli chiedono se il presidente Bush era al corrente di quanto accadeva; risponde: “His man knew what we were doing… He authorized it. He approved it”. Poi, certo: sostiene che quel rapporto fortissimamente voluto dalla senatrice democratica Diane Feinstein che parla di disonestà e brutalità da parte della CIA, è pieno di fesserie (il termine usato è più forte e volgare). L'ex vice presidente repubblicano poi attacca il rapporto definendolo "completamente sbagliato". Non è assolutamente vero, sostiene, che la CIA abbia ingannato l'amministrazione sul programma: "L'idea che la commissione sta cercando di far passare che la CIA stesse in qualche modo agendo fuori dalle regole e che noi non fossimo informati, che il presidente non fosse informato, è semplicemente una bugia". Per Cheney Bush "era informato di tutto… sapeva tutto quello che doveva e voleva sapere, conosceva le tecniche, e non c'è stato alcun tentativo da parte mia di tenerlo all'oscuro".

Tutti erano informati, e quello che si faceva non era fuori dalle “regole”; questa la verità di Cheney. Non solo: quelle che i legali dell’amministrazione Bush definiscono eufemisticamente “tecniche di interrogatorio” si sono rivelate efficaci, contrariamente a quel che si sostiene nel rapporto, sono servite a sventare attentati. Se Parigi vale una messa, sventare attentati vale un waterboarding;. A muso duro Cheney domanda: "Che cosa siete preparati a fare per ottenere la verità su possibili futuri attacchi contro gli Stati Uniti?".

Il fatto è che la Feinstein si è trovata per le mani materiale (o parte di materiale) relativo a persone arrestate e interrogate per il loro possibile, o probabile, o sicuro coinvolgimento in organizzazioni terroristiche di matrice islamica e attentati. Certamente quel rapporto frutto del suo caparbio lavoro (e sicuramente anche da imbeccate venute dagli stessi ambienti che quegli episodi hanno prodotto, e per ragioni che si possono benissimo intuire) molti avrebbero voluto non vedesse mai la luce; nella “logica” alla Cheney rendere pubblico il comportamento di importanti istituzioni americane con compiti chiave per la sicurezza mentre è ancora in corso la guerra al terrorismo, è qualcosa di assai simile al tradimento; viene in mente l’iroso monologo del colonnello Nathan Jessep interpretato da uno strepitoso Jack Nicholson, nel film Codice d’onore: “Voi vi permettete il lusso di non sapere quello che so io: che la morte di Santiago, nella sua tragicità, probabilmente ha salvato delle vite…Voi non volete la verità, perché nei vostri desideri più profondi, che in verità non si nominano, voi mi volete su quel muro! Io vi servo in cima a quel muro!…Io non ho né il tempo né la voglia di venire qui a spiegare me stesso a un uomo che passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà he io gli fornisco. E poi contesta il modo in cui gliela fornisco! Preferirei che mi dicesse: la ringrazio…e se ne andasse per la sua strada. Altrimenti gli suggerirei di prendere un fucile e di mettersi di sentinella. In un modo o nell’altro io me ne sbatto altamente di quelli che lei ritiene siano suoi diritti…”.

Per quel che ci riguarda è, però, la tentazione di un attimo: da inguaribili don Chisciotte si continua a credere che per quanto ottimo possa essere un “diritto” dello stato (e una sua ragione),  sia comunque preferibile un mediocre Stato di diritto. La domanda cui conviene cercare di rispondere è: l’integrità morale di un paese conta più persino della vulnerabilità fisica dei luoghi e delle persone? Cheney (e Bush), come il colonnello Jessep dicono che l’integrità morale può e deve essere calpestata, se l’emergenza lo richiede. Il presidente in carica, Barack Obama, al contrario dice che “i duri metodi utilizzati dalla CIA sono contrari e incompatibili con i valori del nostro Paese, che le tecniche utilizzate dalla CIA hanno danneggiato significativamente l'immagine dell'America e la sua posizione nel mondo e hanno reso più difficile perseguire i nostri interessi con alleati e partner”". Continuerà, promette, ad usare la sua autorità “di presidente per assicurare che non faremo mai più ricorso a questi metodi”.

Peccato che Obama non abbia mosso un solo dito per fare luce sulle ragioni che hanno spinto l’amministrazione Bush a scatenare la seconda guerra in Irak anche quando il “nodo” Saddam, come ci ricorda instancabile Marco Pannella, poteva essere risolto con il suo esilio; invece di questa soluzione pacifica, si è preferita una guerra: pressioni del complesso militare-industriale? Peccato che Obama abbia sostanzialmente “coperto” tutti coloro che hanno mentito adducendo ragioni che si sono rivelate false, basate su prove che non erano tali, per poter condurre questa guerra; peccato che Obama nei fatti abbia “perdonato i Bush e i Cheney, i Donald Rumsfeld e i Colin Powell; e peccato infine che tuttora appaia intenzionato a non aprire casi giudiziari, né a puntare il dito contro l’amministrazione che lo ha preceduto o il direttore della Cia John Brennan, al quale ha rinnovato la sua fiducia.

L’8 gennaio prossimo il rapporto della Commissione Intelligence del Senato americano sulle torture della CIA verrà pubblicato come libro. Gli esperti legali dell’ONU sostengono che gli Stati Uniti hanno l’obbligo derivante dal diritto internazionale, di mettere sotto processo i sospettati di aver praticato le torture, e che i responsabili potrebbero/dovrebbero finire in stato d’accusa all’estero. Al di là delle nobili, infiammate, parole anche per Obama l’integrità di un paese può essere sacrificata, come dicono (e hanno fatto) Bush e Cheney: meglio, insomma, l’“ottima” ragione di stato, che il “mediocre” stato di diritto.      

 

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Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

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