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December 8, 2014
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Denise Pipitone, Loris Stival e il diavolo di Dostoevskij in Sicilia

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Un dipinto di Renato Guttuso: La zolfara, 1953, olio su tela, cm 201,5 x 311

Un dipinto di Renato Guttuso: La zolfara, 1953, olio su tela, cm 201,5 x 311

Time: 5 mins read

 

Diceva Fëdor Dostoevskij: “Se il diavolo non esiste, ma l'ha creato l'uomo, credo che egli l'abbia creato a propria immagine e somiglianza”. Qualche pensiero sul diavolo, sul male che c’è nell’uomo, con tutto il suo carico di mistero, affiora in queste ore in una Sicilia dove gli orrori del presente si mescolano ai dolori del passato. Da due angoli opposti dell’Isola – Santa Croce Camerina e Mazara del Vallo – due storie di morte si rincorrono, ricordando che la violenza non risparmia l’innocenza. 

A Santa Croce Camerina, un centro di diecimila anime della provincia di Ragusa, ci si interroga sul terribile omicidio di un bambino di otto anni, Loris Stival. A Mazara del Vallo, dalle ombre del passato, spunta un’intercettazione ambientale, in verità molto contestata, in base alla quale verrebbero fuori tremende novità sulla scomparsa di Denise Pipitone, la bimba inghiottita dal nulla dieci anni fa. 

Storie incredibili. Dove verità e dubbi si mescolano in un gioco continuo e smisurato. Nella provincia Iblea, mentre scriviamo, le attenzioni degli inquirenti sono concentrate sulla mamma del piccolo Loris Stival. Lei, Veronica Panarello, non avrebbe detto la verità. Verrebbe smentita dalle telecamere che l’Unione europea sta piazzando in tanti gli angoli di città e paesi del Vecchio Continente. Ufficialmente, per dare sicurezza. Secondo altri, per controllare tutto e tutti, come nel celebre romanzo di Orwell, 1984. 

La mamma di Loris non ha spiegato bene come ha trascorso cinque, sei, forse dieci minuti di quel terribile sabato mattina del 29 novembre. Ha detto di aver accompagnato il bimbo a scuola. Ma le telecamere la smentirebbero. C’è la testimonianza di una vigilessa, però. Che dice di ricordare bene, la mattina di sabato, la Polo nera di mamma Veronica. Però non ricorda di aver visto il piccolo Loris scendere dall’automobile per entrare in classe. Per gli investigatori, non è detto che quella mattina il bambino fosse nell’automobile. 

Veronica dice di aver lasciato il figlio a scuola. Quando è tornata a prenderlo, a fine mattina, il bambino non c’era più. Secondo gli investigatori, la versione potrebbe essere un’altra: intorno alle 8 di sabato mattina mamma Veronica, Loris e l’altro figlio della donna uscirebbero da casa e salirebbero in auto per andare a scuola. Circa un quarto d’ora dopo, stando a quanto emergerebbe dalle immagini delle telecamere, la Polo nera verrebbe inquadrata di nuovo sotto l’abitazione della famiglia Stival e si vedrebbe il piccolo Loris scendere e dirigersi da solo verso casa.

L’automobile con al volante la mamma, a quel punto, ripartirebbe  alla volta della ludoteca per accompagnarci il figlio piccolo. Dopo un altro quarto d’ora circa la Polo nera verrebbe nuovamente ripresa dalle telecamere mentre entra nel garage sotto l’abitazione di Loris.

E’ evidente che il racconto della mamma ha qualche lacuna. Ma è altrettanto evidente che i sospetti si sono ormai incentrati su di lei. 

Dall’altro capo della Sicilia altri sospetti si addensano su una figura chiamata in causa nella scomparsa di Denise Pipitone. Si tratta di Anna Corona, ex moglie del padre naturale della bimba scomparsa dieci anni fa. Gli inquirenti hanno fatto luce su un’intercettazione ambientale, rivelata venerdì 5 dicembre davanti alla terza sezione della Corte d’appello di Palermo. E’ un dialogo che risale all’11 ottobre 2004, quaranta giorni dopo la sparizione della bambina di Mazara del Vallo. A parlare sono le figlie di Anna Corona, Jessica Pulizzi e la sorella minore, Alice: “La mamma ha ucciso Denise quando eravamo a casa”, confida Jessica in dialetto siciliano alla sorella. “A mamma l’ha uccisa a Denise?” chiede, stupita, Alice. “Tu di queste cose non ne devi parlare!”, le spiega, sempre in dialetto, Jessica. “È logico”, annuisce la sorella minore.

In tutti e due i casi si tratta di sospetti.  I sospetti, in Italia, sono ormai come degli spettri che si agitano sue e giù per lo Stivale senza dare tregua. Il Belpaese, in materia di stragi e delitti, in verità, non si è mai risparmiato. Già nel secolo decimo sesto, l’uomo che è passato alla storia come il Principe del pensiero politico moderno, Nicolò Machiavelli, nella sua opera più famosa – per l’appunto Il Principe – celebra le gesta del Duca di Valentino, uomo di grande ingegno, dotto, Cardinale, ma pronto ad abbandonare la porpora per le armi. Il Valentino, al secolo Cesare Borgia, era un uomo senza scrupoli, che riuscì a costruire il suo potere sull’inganno e sui delitti, requisiti indispensabili, secondo Machiavelli, per gestire il potere.

In Italia – ma non soltanto in Italia – Machiavelli ha sempre fatto scuola. Tanti politici italiani, anche se con mezzi diversi, hanno imitato e in alcuni casi emulato il Duca di Valentino. Ma quello che succede nel Paese di Dante da oltre un decennio a questa parte va ben oltre Machiavelli. Siamo oltre la politica: siamo dentro i misteri dell’animo umano scandagliati in modo magistrale da Dostoevskij. 

Ma se i casi di Loris Stival e di Denise Pipitone ci ripropongono storie di morte e di abiezione umana raccontate in modo insuperabile dal grande scrittore russo, l’individuazione di questi carnefici rimane avvolta nel dubbio, spesso veri e propri enigmi, come in certi romanzi di Friedrich Dürrenmatt. 

Umana abiezione, dubbi, enigmi. E’ come se il diavolo si stesse divertendo con l’uomo e il suo positivismo sempre più fragile. Così, se un bimbo muore le attenzioni ricadono sulla madre (è già successo a Cogne, con Samuele Lorenzi, con la mamma Annamaria Franzoni dichiarata colpevole, non senza molti dubbi). Se muore una fidanzata le indagini si concentrano sul fidanzato. Insomma, sulla famiglia. Quasi in ottemperanza a un volere satanico. 

Di più: l’ultima persona che ha visto la  vittima diventa un indiziato. Idem per la persona che trova il cadavere (succede in queste ore a Santa Croce Camerina). 

Così, piaccia o no, aumentano i dubbi. E nascono gli enigmi. La colpa non è di nessuno. La scienza sembra cedere il posto a qualcosa d’indefinito e d’indefinibile.

La memoria ritorna a una frase pronunciata da Paolo VI nell’ormai lontano 1972: “Il Demonio è il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza. Sappiamo che questo essere oscuro e conturbante esiste davvero, e che con proditoria astuzia agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana”. Questo Papa mite, forse poco compreso dal suo tempo, negli ultimi anni del suo pontificato, guardava al mondo con malinconico pessimismo. Il tempo che scorre, segnato da eventi non sempre comprensibili, non sembra dargli torto. Anzi.   

 

 

 

 

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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