Ah!!… L'America!… La patria degli estremi. Non vorrei apparire autoreferenziale ma aprendo il New York Times questa mattina, mi è tornato alla mente un mio articolo pubblicato l'anno scorso su La VOCE di New York in cui mettevo in evidenza un tratto tipico della cultura americana: la mancanza di mezze misure.
La notizia che ha attratto la mia attenzione si riferiva al fatto che il dottor Craig Spencer, il paziente colpito da Ebola tre settimane fa e ricoverato al Bellevue County Hospital di New York è stato dimesso in quanto considerato dai medici che lo hanno avuto in cura, completamente guarito.
Pericolo passato quindi per il buon dottor Spencer e per la Grande Mela, che solo tre settimane fa invece era nella morsa della paura per l'improvviso arrivo dell'Ebola nel più grande e più popolato centro abitato d'America.
Molti osservatori politici hanno concluso che il timore per il presunto diffondersi del virus sul territorio nazionale abbia contribuito anche alla pesante sconfitta dei democratici nelle ultime elezioni di medio-termine: il pericolo di una propagazione del contagio in una metropoli come New York infatti, avrebbe favorito la percezione tra l'opinione pubblica di un'autorità governativa, sia essa statale o federale, inetta ed incapace di affrontare e contenere la crisi. Una percezione amplificata dalle inevitabili strumentalizzazioni mediatiche della Destra che non ha perso l'occasione per dipingere i rivali democratici e l'amministrazione Obama come indecisi ed esitanti di fronte all'emergenza Ebola e più preoccupati di non urtare le sensibilità dei viaggiatori provenienti dai paesi colpiti che di proteggere gli americani chiudendo decisamente le frontiere.
Ora invece, dopo il respiro di sollievo per l'evitata epidemia e con la riabilitazione fisica del paziente, è giunta puntuale anche la redenzione mediatica del bravo dottor Spencer il quale tre settimane fa era stato additato dai newyorchesi e dagli americani in generale come un irresponsabile "untore" che, subito dopo il suo ritorno dall'Africa, aveva osato andare in giro per la città a giocare a bowling, a mangiar fuori con gli amici e a commettere altri atti innominabili di questo genere.
Oggi invece, nel lasciare l'ospedale, Craig Spencer si è goduto i suoi quindici minuti di celebrità ed è stato definito dal sindaco Bill de Blasio addirittura come "un eroe".
Et voilà, come direbbero i francesi! Nell'America del sensazionalismo, dell'informazione-spettacolo e dei cicli mediatici di ventiquattr'ore su ventiquattro, è toccato al dottor Craig passare nel giro di pochi giorni dal ruolo di untore a quello di "eroe", una parola tornata prepotentemente alla moda nell'America negli ultimi anni.
Mentre in Africa le percentuali di mortalità dovuta all'Ebola si aggirano intorno al 70%, in America finora otto delle nove persone che sono state contagiate dal virus sono sopravvissute. L'unico paziente morto è stato Thomas Eric Duncan il cittadino liberiano che ha iniziato ad accusare i primi sintomi della malattia una volta giunto a Dallas. Stando a quanto riferito dalla famiglia, Duncan ha iniziato a sentirsi male il 24 settembre e si è recato al pronto soccorso del Texas Health Presbyterian Hospital il giorno successivo. Ma in seguito a questa prima visita i medici che lo hanno visitato non hanno ritenuto che le sue condizioni rendessero necessario il ricovero. È possibile che Mr. Duncan non abbia rivelato ai dottori tutti i dettagli della sua recente permanenza in Africa e della sua esposizione al virus ma ciò che è certo è che non ha fatto mistero di essere appena giunto dalla Liberia.
Malgrado questo, Thomas Duncan è stato rimandato a casa. È possibile che ad influenzare la decisione dei medici abbia contribuito anche il fatto che Mr. Duncan fosse una persona di colore priva di assicurazione sanitaria? Non lo sapremo mai per certo, ma i dubbi restano.
Nel frattempo, volendo tirare le somme di questa prima risposta del sistema sanitario americano all'emergenza Ebola queste sembrano essere le conclusioni: dopo qualche primo aggiustamento iniziale, il coordinamento offerto da agenzie governative come il National Institute of Health e il Center for Disease Control, assieme alle cure mediche offerte da ospedali pubblici come il Bellevue di New York e il Bethseda Medical Center in Maryland, sembrano essere riusciti a contenere la propagazione del contagio salvando le vita di tutti i pazienti colpiti. L'unica vittima della malattia deceduta negli Stati Uniti resta il povero Thomas Duncan che, sprovvisto di un'assicurazione sanitaria, é stato rimandato a casa dai medici di un'istituzione privata come il Texas Health Presbyterian Hospital, incapaci di riconoscere la gravità della situazione. Nello stesso ospedale privato, inoltre, si é verificato anche il contagio delle due infermiere che hanno assistito Mr. Duncan una volta che questi é stato finalmente riammesso per il suo breve ed infruttuoso ricovero.