Non è vero che leggere i giornali è inutile; qualcosa di interessante e significativo si trova sempre. Soprattutto se si leggono le rubriche delle lettere.
Un lettore, il signor Gino Roca, per esempio pone pacatamente divertito una domanda “…piccola e abbastanza umida. Ha un futuro un paese che multa un sindaco (quello di Bellano, sponda lecchese del lago manzoniano) perché una cascata fa troppo rumore? Nell’attesa, mi rivedo “Niagara” con Marilyn Monroe. E senza multe”.
Altra lettera:la signora Federica Zanco da Venezia, scrive: “Veneziana d’origine e da venti residente nella Svizzera tedesca, ritorno periodicamente nella mia città. Ho avuto la malaugurata idea di suggerire a mio marito di accompagnarmi a Padova, per visitare la Cappella degli Eremitani. Ho svolto qualche ricerca su internet deducendo che l’eventuale visita richiede una prenotazione anticipata. Seguendo i vari link si arriva a una complessa procedura di registrazione, per la quale si richiedono tutti i dati personali, incluso il codice fiscale che, in quanto svizzero, mio marito manco sa cos’è. A onor del vero, c’è l’opzione “non ho il codice fiscale”, ma il sito continua a rispondere che c’è un errore. In breve: quando uno riesce a registrarsi, in teoria gli arriva una mail di conferma che però anche non arrivare. Dopo quattro tentativi a ripetizione di tutta la trafila finalmente la mail arriva. Non basta, bisogna attivare l’avvenuta iscrizione mediante un link. Ora si è solo abilitati a pagare il biglietto. Optiamo per il prezzo intero (tredici euro), malgrado mio marito sia over 65 – ma non appartenente alla Comunità Europea, per cui…chissà, meglio pagare ed esser sicuri -. Per pagare si hanno a disposizione due minuti: evidentemente dobbiamo aver tardato qualche secondo nell’estrarre dal portafoglio la carta di credito, perché la sessione scade. Allora lo dirò in inglese: we gave up. Oggi niente Giotto”. Niente da dire, ministro Franceschini?
Merita anche qualche intervista. Francesca Cacucci è una laureata in Scienze Biologiche all’università Federico II di Napoli, vincitrice di una borsa di studio in Regno Unito, e ora è approdata all’University College of London. Ha lavorato con l’equipe del premio Nobel John O’Keefe, e sono ormai tredici anni che Cacucci è “fuori di casa”. Intervistata dal quotidiano della sua città, “Il Mattino”, dice che nel Regno Unito si investe molto nell’ambito scientifico, e racconta di come molti suoi colleghi dopo esser tornati in Italia, si siano poi pentiti: “I finanziamenti incentivanti dello Stato italiano durano al massimo due o tre anni. Non sono una garanzia per il futuro d un progetto di ricerca scientifica…”. Si parte per rigore scientifico e si resta ingabbiati in una scelta forzata? chiede l’intervistatrice. “In qualche modo sì. E’ il caso di dire che l’Italia non aiuta i suoi cervelli”.
Sempre al “Mattino” il ministro della Pubblica Istruzione Stefania Giannini, si sofferma con orgoglio sul documento “La Buona Scuola” che contiene le idee per la scuola del futuro. Il quarto capitolo del rapporto è dedicata alle nuove competenze. Ovviamente, dice Giannini, “ci sono quelle digitali. Come governo abbiamo cercato di cambiare prospettiva. Non cancelliamo i progetti del passato o le lavagne interattive multimediali, come qualcuno si è affrettato a dire, anzi. Quei filoni vanno avanti e gli ultimi finanziamenti in ordine di tempo sul Piano nazionale scuola digitale stanno dando i loro frutti proprio in questo anno scolastico. Avremo perciò nuove Lim e nuove classi 2.0. Nel frattempo però stiamo facendo scelte che vanno essenzialmente in tre direzioni. Ai nostri ragazzi, fin dalla primaria, vogliamo fornire elementi di alfabetizzazione digitale, per questo stiamo introducendo il coding nella ex scuola elementare. Mentre per gli alunni delle superiori pensiamo a un programma per “digital makers”, per fare di loro artigiani tecnologici capaci di usare gli strumenti più innovativi anche per costruirsi un futuro lavorativo. Ci occuperemo poi di formazione degli insegnanti, un altro capitolo sostanzioso del nostro Rapporto e chiederemo risorse per il wi-fi nelle scuole”.
A parte l’annunciazione, l’ennesima (Matteo Renzi fa scuola), ma che modo di esprimersi è? Ridateci il buon Giovannino Guareschi, che andava diritto al sodo e riduceva il suo vocabolario in non più di 2500 comprensibili parole.
C’è una relazione tra quello che dicono le due lettere e quello che dicono le due intervistate? Apparentemente no; ma “raccontano” cosa sia diventato questo paese. Una relazione, insomma, c’è. E il succo che se ne ricava non è confortante, tutt’altro.