A Cuba tutti aspettano il 26 luglio per ricordare l'assalto dei guerriglieri contro la caserma Moncada nel 1953, un episodio fondamentale del rovescio del potere, che garantiva la forza dei ricchi e gli amici degli Stati Uniti.
Nei primi anni dopo il trionfo della Rivoluzione, il primo gennaio 1959, i cubani discutono come migliorare le attività, i sistemi più adatti per garantire la qualità di vita, e i più efficaci progetti per l'utopia dell' Uomo Nuovo.
C'è tutto da fare a Cuba. E c'è tanto entusiasmo nella sinistra mondiale.
Si organizzano viaggi a L'Avana perchè tutti vogliamo vedere il paradiso rivoluzionario: la Cuba di Fidel Castro e, naturalmente, parlare con il grande leader.
Ci sono andato anch'io. Roma, Parigi, L'Avana. Tante ore di volo, ma tante speranze e tanti sogni.
In attesa della grande manifestazione per la Festa Nazionale, ci organizzano alcune attività. Tutti giornalisti "amici" chiediamo di vedere Fidel, di portare una frase importante, una parola chiave per il futuro dei popoli.
Chi organizza le visite dice a uno di noi: "Vieni con me, ti farò vedere la cosa più importante di Cuba!" Il collega sorride e parte convinto di avere un incontro con il Comandante. Ma l'obiettivo dei cubani è lo zucchero e lo portano a vedere una fabbrica durante le ore di lavoro.
Grande delusione! Ma certamente, lo zucchero era il motore della precaria economia locale.
Alcuni giorni dopo arriva finalmente l'opportunità di vedere Fidel. Il nostro gruppo si prepara. Uno sa dire "A sus órdenes comandante!"; un altro, "Viva la Revolución!", niente di originale, certamente.
Nel salone si prova una grande emozione, e quando arriva Fidel il silenzio è totale. Guardo da lontano quest'uomo altissimo, forte, deciso. Lui si avvicina al gruppo di stranieri tra i quali mi trovo. Preparo un saluto che faccia onore all' Italia e al mio giornale.
Lui, il grande lider, ci guarda, mi guarda, si gira verso le sue guardie del corpo, e pronuncia la parola chiave: "Vámonos!"