Di loro si parla solo quando qualche barcone si capovolge durante la navigazione nel Mediterraneo. Quando si contano i morti – com’è avvenuto qualche mese fa al largo di Lampedusa – l’Italia, Paese di professionisti dell’ipocrisia, si straccia le vesti e si ricorda degli “ultimi”. Per poi dimenticare tutto dopo due o tre giorni e riprendere il pianto di circostanza al successivo barcone carico di immigrati che cola a picco.
Oggi proveremo a parlare di questi diseredati che scappano dai Sud del mondo per sfuggire alla fame e, spesso, alla morte. Eh già, perché tra questi uomini, queste donne e questi bambini ci sono anche i perseguitati politici. A tutti loro l’Italia e l’Unione europea riservano lo stesso trattamento: li sfruttano mediaticamente ed economicamente. E si lamentano pure che non si ‘integrano’!
Le vere vittime di questo infame commercio umano e di sfruttamento – perché di commercio umano e di sfruttamento si tratta, a tutti gli effetti – sono proprio i migranti, al di là delle parole, spesso senza senso, pronunciate dai leghisti. Questi ultimi – chi scrive non condivide quello che dicono i leghisti sui migranti – dal loro punto di vista inumano sono almeno sinceri: non li vogliono e basta!
Invece quelli che dicono di essere contro i leghisti – e mettiamo assieme ambienti cattolici e ambienti della sinistra – quelli che fanno i puri, quelli che parlano di umanità e di solidarietà, ovviamente con le dovute eccezioni, non sono migliori dei leghisti. Sono degli affaristi. Ricordate, cari lettori de La Voce di New York il video che ha fatto il giro del mondo? Dove si vedono i migranti trattati come bestie?
Anche in questo caso – come per il barcone finito in fondo al mare al largo di Lampedusa – non si parla più. Tutto dimenticato. Il circo mediatico, come tutti i circhi, dopo una serie di spettacoli, ha cambiato città.
Nessuno dice che i centri di accoglienza guadagnano sull’assistenza: più sono i migranti che arrivano, più sono i guadagni per chi gestisce questo business. Ovviamente non bisogna dirlo. In questo caso vale la legge di Moliére: “E’ il pubblico scandalo che offende la morale e peccare in segreto è come non peccare” (Tartuffo). Ovviamente, quando i militari italiani con le imbarcazioni vanno a salvare i migranti, tutti pensiamo: “Che bravi, hanno salvato uomini, donne e spesso minori che stavano per morire”. Ed è vero. Fino a qui, nessuna critica.
Però questi salvataggi vanno ‘letti’ anche con le immagini agghiaccianti che hanno fatto il giro del mondo. Non tanto e non soltanto per chiederci se, alla fine, li trattano ancora così: cosa che non sapremo mai, perché non succederà mai più che un operatore entri in un centro dove vivono migranti o i cosiddetti richiedenti asilo politico e tiri le immagini. L’Italia e l’Europa non sono così democratiche. Le verità più schifose, ormai, si scoprono solo per caso.
Quel filmato è stato un caso. Un errore commesso da chi non avrebbe mai dovuto consentire che, all’esterno dei centri di accoglienza, venissero veicolate le immagini vere di quello che succede dentro. E’ stata una ‘fatalità’. La distrazione di qualche operatore. Grazie a Dio è di nuovo tutto nascosto. Tutto sotto controllo. L’ipocrisia è tornata a trionfare. E, dietro i farisei, gli affari a nove zeri.
Ma l’inferno dei migranti non è solo nei centri di accoglienza e in chi ci guadagna. Non è solo nei mesi e qualche volta un anno e forse più che i richiedenti asilo aspettano prima di essere accettati. Il business non è solo in chi si ‘occupa’ di loro. Il business è anche fuori.
Nessuno lo dice, ma l’agricoltura del Sud d’Italia – agricoltura siciliana in testa – esiste e resiste ancora solo perché c’è la manodopera degli immigrati. Se non ci fossero questi lavoratori, che vengono pagati molto meno di quanto prevedono le leggi italiane, addio alla viticoltura, addio alla raccolta delle olive, addio all’orticoltura di pieno campo.
Anzi, negli ultimi anni si è creata una certa concorrenza tra le genti che arrivano dai Sud del mondo e i rumeni, che si adattano molto bene ai lavori agricoli. Di questo, però, non si parla. Bisognerebbe spiegarlo ai leghisti: anche loro, alla fine, si siedono a tavola ogni giorno: anche loro mangiano la pasta che è condita con il pomodoro raccolto dagli immigrati: anche loro mangiano l’insalata coltivata e raccolta dagli immigrati e, magari, condita con l’olio di oliva extra vergine frutto, anche, del lavoro degli immigrati.
Quante stupidaggini che si raccontano su questa gente. Dicono che vengono a sfruttare il nostro Paese: che vengono a togliere lavoro e pane ai siciliani e, in generale, agl’italiani. Bugie allo stato puro.
Nessuno scrive che, negli ultimi anni, i Comuni italiani in generale – e quelli della Sicilia in particolare – non hanno più i soldi per assistere gli anziani. Il risultato è che oggi, in Sicilia, sono tantissime le famiglie ad alto, medio e anche medio-basso reddito che affidano i propri anziani alla gente che arriva dai Sud del mondo. Nessuno che racconta con quanta devozione umana e, perché no?, con quanto amore questa gente si occupa dei nostri anziani. E anche dei nostri portatori di handicap. Perché i Comuni, grazie a un’Unione europea di banche, di finanza e di ‘banditi’, costringe lo Stato italiano a tagliare ai Comuni anche i soldi per i malati e per i portatori di handicap.
Le famiglie povere si arrangiano. Chi riesce a mettere qualche risparmio da parte fa assistere il proprio congiunto da queste persone. Cosa sarebbero, oggi, gli anziani italiani e i portatori di handicap senza questa gente? Perché invece di inveire contro queste persone che arrivano dai Sud del mondo – e adesso anche dalla Romania – non si pongono questa semplice domanda?
Ah dimenticavamo: ogni anno, quando debbono rinnovare il permesso di soggiorno per restare in Italia, pagano oltre 100 euro. Sono le tasse dei gentili Governi Monti e Letta. Quanto pagano oltre 100 euro, la ‘botta’, per loro, è forte. Vivono, quando va bene, con 500-600 euro al mese. Devono pagare l’affitto della casa, il vitto e, spesso, mandano i pochi soldi che gli rimangono li inviano ai familiari nei Paesi di origine.
E l’Italia scippa ad ognuno di questi oltre 100 euro all’anno per portarli alle banche e alla finanza ladra dell’Unione europea.