Alcuni anni fa il grande cantautore genovese Bruno Lauzi aveva scritto una canzone dal titolo "Arrivano i cinesi". Il testo, molto divertente, recitava, tra l'altro: "Arrivano i cinesi arrivano a milioni, più gialli dei limoni che metti dentro il tè. Arrivano i cinesi, succede un quarantotto, si piazzano in salotto, e non se ne vanno più."
Be', dai e dai, qui a Roma i cinesi sono arrivati davvero, ormai da diverso tempo.
Non sono ancora milioni ma sono convinto che cresceranno sempre di più, in numero molto consistente. Ogni giorno che passa ne arrivano altri, in un fluire costante. Oggi i dati ufficiali parlano di circa ventimila presenze in città ma ormai si sa bene che, per quanto riguarda la comunità cinese, queste cifre contano poco. La stima probabile è che, in giro da queste parti, ci siano infatti quattro o cinque volte le persone regolarmente registrate. Arrivano qui in ogni modo e, soprattutto, attraverso gli imbarchi clandestini organizzati dalla mafia cinese in collaborazione con le altre grandi criminalità organizzate tutte made in Italy, come la camorra e l'ndrangheta.
Nove su dieci gli emigrati dagli occhi a mandorla provengono dalla regione dello Zhejiang. provincia orientale costiera. Zhejiang era l'antico nome del fiume Qiantang, che passa attraverso Hangzhou, il capoluogo della provincia. In Italia la Triade, ovvero la mafia cinese, ha iniziato, come in altri paesi, con la sua storica attività: le estorsioni e l'immigrazioni clandestina nelle loro comunità, ma ora si dedica anche alla contraffazione di sigarette, software per computer, dvd, traffico della prostituzione, bische clandestine, traffico di rifiuti tossici e al riciclaggio del denaro. Inoltre la Triade sostiene la colonizzazione delle città attraverso l'apertura di esercizi commerciali e ristoranti dove inserisce personale taglieggiato e costretto a lavori gravosi e umilianti.
Con le mafie italiane non ci sono mai stati scontri ma solo rapporti d'affari. Le relazioni più intense le hanno con la Camorra soprattutto nel settore della contraffazione di celebri marchi italiani. In questo caso la Camorra impone il prezzo finale dei prodotti e in cambio fornisce i servizi per aggirare i controlli. I cinesi inoltre hanno fatto entrare nelle loro società diversi boss camorristi. Salvatore Giuliano, boss di Forcella sembra sia stato il primo a intrattenere rapporti con la malavita cinese. Secondo un rapporto recentemente presentato dal CNEL sulla criminalità organizzata cinese a livello nazionale, la violazione delle norme sull’immigrazione costituisce il reato più frequente tra quelli commessi dai cittadini cinesi residenti in Italia. Negli ultimi dieci anni sono state denunciate al riguardo più di 30 mila persone, di cui circa ottomila per promozione e favoreggiamento dell’immigrazione illegale.
La maggior parte del popolo della grande Muraglia presente sul territorio romano è stato negli anni scorsi presente nella zona dell'Esquilino, in una sorta di Chinatown nostrana creatasi spontaneamente . Intorno a Piazza Vittorio quasi tutti i negozi hanno ormai insegne cinesi e si sono consolidati punti vendita di abbigliamento, calzature, casalinghi, ristoranti, empori in cui si può trovare davvero un po' di tutto, dal lucido per le scarpe alle pantofole, dal secchio per la mondezza agli stuzzicadenti. Ultimamente però i negozi e le attività si stanno allargando in modo impressionante anche in tutta la città, centro storico compreso.
Ecco quindi fantastici empori cinesi a Fontana di Trevi, a via Sistina, intorno al Colosseo, nei pressi del Pantheon e chi più ne ha più ne metta, mentre continuano a chiudere, uno dopo l'altro, le botteghe storiche, quelle che avevi piacere di andare a visitare per trovare le belle e particolari cose italiane e le cui vetrine ti facevano sognare. Aiutati economicamente dalle loro onnipresenti mafie oppure dai partner campano-calabresi, i figli del dragone acquistano negozi dappertutto, in ogni strada, in ogni quartiere e, favoriti da questi tempi di grande ristrettezza economica, vendono i loro prodotti a basso costo che magari durano poco e si rompono subito ma che, comunque, danno l'idea agli italiani di bocca buona di risparmiare un po'.
I soldi guadagnati in Italia ritornano in Cina. I cinesi risultano essere la popolazione straniera nel nostro paese che invia il maggiore importo nel paese di origine sotto forma di rimesse, circa tre miliardi di euro l'anno, almeno per quanto riguarda i dati in chiaro, poichè del nero non è dato ovviamente da sapere. Roma è la prima provincia da cui provengono queste rimesse, circa un miliardo e mezzo di euro. Osservando le rimesse inviate in Cina negli ultimi 5 anni, la somma supera i 10 miliardi di euro, con un aumento dal 2008 di circa l'ottanta per cento.
I cinesi sono imprenditori, lo sono sempre stati. Per tradizione storica sono stati mercanti che hanno girato mezzo mondo, vendendo in tempi antichi sete pregiate. Anche oggi vendono sete, ma molto meno pregiate di quelle dei loro antenati. Una recente indagine partita da un negozio del centro ha fatto emergere un giro di prodotti contraffatti in cui si spacciavano prodotti sintetici per merce di alta qualità. La mercanzia veniva venduta per eccellenze, come cachemire e seta, ma è stato riscontrato come in realtà i prodotti fossero di acrilico, poliestere e nylon o, al massimo, di lycra. Per questo quattro cittadini cinesi, tre residenti a Roma e uno a Firenze, sono stati denunciati dalle fiamme gialle e sono stati sequestrati ben mille e cinquecento accessori per abbigliamento non a norma, potenzialmente nocivi per la salute, per un valore complessivo di quasi nove milioni di euro.
Accade in continuazione, è ormai storia quotidiana. I cinesi sbarcano a migliaia, ogni giorno. Qualcuno si ferma a Roma, altri proseguono verso la Toscana, la Lombardia, il Veneto oppure scelgono altre destinazione europee, spargendosi a macchia d'olio per la vecchia Europa. All'ombra del Colosseo la loro ultima performance vede un imprenditore cinese all'opera per acquistare il trenta per cento della squadra di calcio della Roma. Il sessantenne Chen Feng, amministratore del colosso internazionale Hna, avrebbe infatti intenzione di investire ben 35 milioni di euro per acquistare le quote dell'Unicredit, attuale partner di minoranza di James Pallotta, l'americano che detiene il sessanta per cento e che, da parte sua, non sembra proprio felice di vedere arrivare questo nuovo socio d'Oriente.
La Cina è vicina suggeriva il titolo di un film di Marco Bellocchio del 1967 e oggi sembra proprio profetico anche se forse i cinesi qui a Roma, dal loro tradizionale colore giallo, passeranno presto ad un più casareccio giallorosso. Basta solo che il pupone nazionale e cioè Francesco Totti continui sempre a mangiare i suoi amati bucatini all'amatriciana e non gli preferisca invece, prima o poi, un piatto di riso col tofu oppure un improbabile brodo di pinne di pescecane. Va bene la dinastia Ming ma Ming siamo scemi, no?