Fuori dai giri di parole. Quello che non si dice, perchè non è politically correct, è che dietro l’emergenza immigrazione, l’identificazione e poi l’espulsione delle migliaia di persone che ogni anno bussano alle porte dell’Italia per fuggire da fame, morte, miseria e guerre civili nei loro paesi d’origine, c’è un grande business. Cioè, soldi.
Soldi per tutti, tanti. Come al solito con gare molto sospette, gestioni sulle quali si allungano ombre. Ci guadagnano tutti, con gli immigrati irregolari, in Italia, tranne loro, gli immigrati stessi, che non solo arrivano spesso al termine di un viaggio dai rischi mortali, ma sono oggetto di scherno, insulti, offese da parte di molta parte della popolazione, che li accusa di rappresentare un costo per il nostro Paese. Anche nelle ultime proteste che hanno invaso le nostre città contro l’aumento delle tasse ci sono stati in molti che hanno intonato slogan contro gli immigrati. “Mandateli via, date i soldi che stanziate per loro a noi” è la frase che gira.
Circolano infatti bufale, alimentate da giornalisti male informati e xenofobi, su ricchi gettoni che riceverebbero gli immigrati ospiti nei Cie, o su trattamenti particolari. Nulla di falso. Ricevono pochi spiccioli al giorno o alla settimana (si chiama “pocket money”), una manciata di euro, per le sigarette o una telefonata in casa. E il loro trattamento nei Centri di Identificazione ed Espulsione, come dimostra quanto avviene a Trapani – Milo, è spesso una vera e propria detenzione, che ignora i diritti più basilari di queste persone. Ecco perchè alcuni di loro qualche giorno fa hanno deciso di cucirsi con ago e filo la bocca, in segno di protesta per le condizioni in cui sono costretti a vivere.
Il problema, lo dicevamo, è che con la legge Bossi – Fini, che ha introdotto in Italia il reato diclandestinità e creato i Centri di Identificazione ed Espulsione, è partito, e negli anni si è ingrossato, il grande business dell’accoglienza, con molte cooperative, gestite dai soliti noti, che si dividono una torta ricchissima.
Per il 2011 per le cooperative e i consorzi che gestiscono i Cie sono stati stanziati diciotto milioni e seicentomila euro. La cifra è identica nel 2012. Ma attenzione, si riferisce soltanto alla gestione dei servizi interni. Bisogna aggiungere 26 milioni di euro l’anno per la sorveglianza. E poi il costo dei rimpatri, che si può stimare, a grande linee in 100 milioni di euro negli ultimi cinque anni. Perchè i rimpatri costano così tanto? Perchè per ogni immigrato che si rimpatria bisogna pagare cinque biglietti aerei o navali. E cioè quello suo, di sola andata, e quello dei due agenti che hanno l’obbligo di scortarlo nel suo paese di origine.
In Italia ci sono 13 Cie, di questi sette sono stati chiusi. Se ai Cie si aggiungono gli altri centri, ad esempio i CARA, che servono per i “richiedenti asilo”, il costo, dal 2008 al 2013 potrebbe essere vicino al miliardo di euro. Con quella cifra, l’emergenza immigrazione – se davvero diemergenza si tratta – potrebbe essere gestita in mille modi più efficaci.
I conti sono stati fatti dall’associazione Medici per i Diritti Umani, che anche stilato un rapporto sui Cie italiani, dopo averli visitati tutti. Qui potete scaricare il rapporto in sintesi.
La cosa più anomala è come cambia il costo da centro a centro. Due anni fa a Modena il costo pro capite di un immigrato era di 75 euro. Il più basso d’Italia era a Trapani, 38 euro. La gestione era della cooperativa Oasi, che si era aggiudicata la gara della Prefettura per il maggior ribasso fatto, ma che infatti, con quel prezzo non garantiva quasi nulla agli immigrati. “Manca l’acqua per bere, il sapone per lavarsi…” fu la denuncia di un ospite del Cie. Ma la cosa grave è che, per evitare differenze tra Prefetture e contenere i costi, si è stabilito per il 2012 una base d’asta comune per tutte le Prefetture: 30 euro al giorno. Una miseria. Perchè con quella cifra non bisogna assicurare solo il cibo e il cambio, ma anche la pulizia dei servizi igienici, l’interprete, lo psicologo, le attività…
Il fatto è che se tutti i soldi stanziati dal governo servono ad alimentare burocrazia, cooperative e consorzi, non a dare un servizio, e così per esempio ai pasti di ogni migrante del Cie di Ponte Galeria a Roma sono destinati meno di 5 euro al giorno. Avete idea di cosa si possa mangiare con 5 euro al giorno (colazione, pranzo, cena, acqua….)? Ecco perchè i migranti sono le vere vittime di questo sistema. La Auxilium, che gestisce il centro, prende per ogni immigrato 41 euro al giorno, così divisi: 31 euro per il personale, cioè per pagare gli stipendi, 3,5 euro di pocket money ad ogni migrante per schede telefoniche e sigarette, generi di prima necessità. Il resto, in cibo.
Per il 2013 sono stati stanziati per il Cie 236 milioni di euro, che si ridurranno a 220 milioni nel 2014. Secondo l’associazione “A buon diritto” del senatore Luigi Manconi i costi si aggirano a 200.000 euro al giorno.
I Cie, dicevamo, erano dodici. Potevano ospitare 1851 persone. Adesso sono sei e solo due funzionano a pieno regime. Solo a Trapani viene rispettata la capacità prevista.
E dentro ai Cie che si fa? Nulla. Peggio del carcere. Non ci sono libri, non c’è la televisione, non ci sono attività. Non ci sono forme di mediazione culturale e linguistica. Si vegeta. In attesa del foglio di via. Ecco perchè poi nasce la violenza. Violenza ripetuta, tra bande, etnie, che spesso vede minori oggetto di abusi e stupri. Oppure la prostituzione, come avviene al CARA di Mineo. C’è la la denuncia di un operatore della Comunità di Sant’Egidio che lavora nel centro: “Il giro è gestito da dipendenti della struttura con la complicità di alcuni migranti”. “I CIE sono luoghi generatori di violenza – scrive l’Associazione dei Medici per i Diritti Umani -, non garantiscono in alcun modo i diritti umani delle persone trattenute e si sono dimostrati fallimentari nel contrasto dell’immigrazione irregolare. Solo l’uno per cento dei migranti in condizioni di irregolarità sul territorio nazionale viene infatti effettivamente rimpatriato attraverso il sistema della detenzione amministrativa”.
Insomma, davvero questa legge così incivile non deve essere abolita?