L’accusa è infamante: corruzione elettorale. In sostanza, a Carolina Girasole, ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, comune vicino Crotone, si contesta di essere stata eletta, nel 2008, anche con i voti procurati dalla cosca degli Arena: una delle più potenti della ‘ndrangheta, con diramazioni in tutta Italia e all’estero, Canada e Australia in particolare. Con Carolina Girasole sono state arrestate altre dodici persone, tra le quali l'anziano boss degli Arena, Nicola; e un poliziotto, che secondo l'accusa procurava "soffiate" e informazioni.
In carica dal 2008 al 2013, Carolina Girasole avrebbe beneficiato dei voti messi a disposizione della 'ndrangheta su richiesta del marito, anche lui arrestato. Tra le contropartite – l’accusa parla anche di turbativa d’asta e favoreggiamento – un atteggiamento di favore relativo alla gestione di alcuni terreni confiscati alla cosca, ma rimasti comunque nella disponibilità degli Arena.
Storia frequente, si dirà, quella delle complicità tra mafiosi e amministratori locali, e ormai non limitate alle sole regioni meridionali. Non sarebbe una gran notizia, non fosse che il nome della Girasole spesso è stato accostato a quelli di sindaci in prima fila impegnati contro la 'ndrangheta. La ricordiamo in prima fila, in numerose manifestazioni, a cui hanno partecipato anche il presidente della Camera Laura Boldrini, e l'ex segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani. In passato non erano neppure mancati una serie di attentati e intimidazioni, automobili bruciate, scariche di pallettoni, e altri simili inequivocabili "messaggi". Che oggi gli investigatori stanno riconsiderando.
Tutto un paravento, una finzione? A dar credito al contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali a cui alcuni affiliati al clan Arena erano sottoposti, non ci dovrebbero essere dubbi: dicono di averla tra le loro mani, di essere in grado di poterle far fare quello che vogliono. Ma Carolina Girasole, che si era candidata per la seconda volta a sindaco, suscitando violente polemiche nel PD, che infatti si è diviso. Osteggiata al punto che e' stata battuta dal candidato del PdL: un tipo che non aveva problemi a far la sua campagna elettorale inneggiando a Marcello Dell'Utri. Aveva anche tentato la strada del Parlamento, la Girasole: candidandosi nella lista di Scelta Civica di Mario Monti. Trombata anche in quel caso. O i voti della 'ndrangheta non sono più sufficienti; oppure la cosca aveva perso interesse, e dirottato i suoi favori su altri.
Oppure…si, naturalmente c'è la terza possibilità: che un giorno si debba chiedere scusa a Carolina Girasole, perché le prove certe che sorreggono l'accusa via via si rivelano fragilissimi indizi che non reggono al processo. Anche questa non sarebbe la prima volta che accade. Cosa ricavarne? la difficoltà, per un cittadino, di capire chi si è collocato dalla parte giusta, e chi invece è complice e sleale di mascalzoni e malfattori. Inaccettabile comunque quello che "a caldo" hanno dichiarato alcuni politici locali, che hanno mostrato incredulita': "Le auguriamo di poter provare la sua innocenza". In uno stato diritto è la pubblica accusa che deve provare la colpevolezza di un imputato, e non l'imputato a dover provare la sua innocenza. Per il resto non si sa bene che cosa augurarsi: se ha ragione la Direzione diseguale antimafia della Calabria siamo stati beffati e traditi; se Carolina Girasole risulterà accusata ingiustamente, chi sanerà e come questa ennesima ferita inferta in nome del diritto e della legge?
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