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December 4, 2013
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Il pirandelliano Rosario Crocetta e i rifiuti dei “Professionisti dell’Antimafia”

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e l'assessore regionale all'Energia Nicolò Marino

Il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e l'assessore regionale all'Energia Nicolò Marino

Time: 5 mins read

 

Come sempre, l’immagine più esatta per ‘fotografare’ la Sicilia è quella ‘pirandelliana’. Da una parte c’è il Parlamento dell’Isola che introduce nel proprio Statuto l’antimafia delle parole: “La Sicilia è contro la mafia”. Dall’altra parte, lo stesso Parlamento dell’Isola ‘boccia’ il disegno di legge d’iniziativa popolare per il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua. Un segnale preciso ai mafiosi che, da sempre, in Sicilia, trafficano con l’acqua. Mafiosi e politici che, in combutta, gestiscono ‘pezzi’ del sistema idrico siciliano, non verranno toccati.

Insomma, ecco a voi la Sicilia di sempre: ipocrita, truffaldina. Amministrata con i piedi. Una Regione autonoma in prossimo fallimento. Un’Isola con quasi 400 Comuni in buona parte in deficit. E sempre disponibile all’intrallazzo. Con la mafia che la fa da padrona. La Sicilia – lo ripetiamo spesso ai nostri lettori italiani in America – è una Regione autonoma. Sulla carta è come se fosse uno Stato americano. Sulla carta. Perché, di fatto, è un’Isola massacrata dallo Stato centrale e, adesso, da un’Unione europea dove a comandare sono banchieri, finanzieri sotto l’egida del ‘Quarto Reich’ di Angela Merkel.

Proprio ieri il Sole 24 Ore ha pubblicato l’annuale classifica delle città italiane dove si vive meglio. E le città siciliane, neanche a dirlo, sono quelle dove si vive peggio. Ovviamente, non è un problema di città. Perché, alla fine, le città siciliane, nonostante la politica fallimentare e nonostante i mafiosi, oggi più forti che mai, perché coperti dallo schermo dell’antimafia, sono sempre belle. A non funzionare è la politica siciliana. Perché la Sicilia, oggi, per qualità della vita, è l’ultima Regione italiana?

La spiegazione sta in una profezia di Leonardo Sciascia. Il riferimento è al celebre articolo sui “Professionisti dell’Antimafia”. Alla fine degli anni ’80 lo scrittore di Racalmuto aveva perfettamente capito che fine avrebbe fatto la Sicilia. Aveva intuito che chi si professava antimafioso, alla fine, avrebbe preso il potere. Per farsi i cavoli propri. Anche in combutta con la stessa mafia. Pirandellianamente, avrebbe detto Sciascia che di Pirandello era conoscitore e ammiratore. Proprio quello che sta succedendo in Sicilia. Il fenomeno è in corso da anni. Perché è da tempo che, nella terra di Pirandello, o meglio in Italia, operano cosche mafiose e cosche antimafiose. Entrambe le cosche fanno affari. Le prime – le cosche mafiose – sparando (anche se molto meno dopo le stragi del 1992). Le seconde – le cosche antimafiose – criminalizzando gli avversari politici e sostituendoli nella gestione degli affari.

Non è bello scrivere queste cose: ma è la verità. Uno di questi ‘Professionisti dell’Antimafia’ è l’attuale presidente della Regione siciliana – l’equivalente di un governatore di uno Stato americano – Rosario Crocetta. Un personaggio inquietante. Soprattutto per gli appoggi incredibili di cui gode. A tutti i livelli. Il vero ‘capo’ della Sicilia, però, non è lui. Crocetta – già Sindaco di Gela, città massacrata dallo stabilimento petrolchimico dell’Eni, dove ne ha combinate di tutti i colori – è solo una pedina. Peraltro di bassa caratura (forse scelto proprio per questo). Chi, oggi, comanda veramente nell’Isola è Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia. E’ lui che controlla tutto. Tutto. Anche lui, ovviamente, si è forgiato con l’attività antiracket e con l’antimafia. Circondato da due personaggi che gli fanno da spalla: Ivan Lo Bello e Giuseppe Catanzaro. Tutt’e tre sono esponenti di Confindustria. Tutti e tre si fregiano del ‘patentino’ di antimafiosi. E tutti e tre si fanno i cavoli loro. Alla grande. E alla faccia di quei minchioni che ancora gli vanno dietro. Personaggi incredibili, predicano la legalità, ma nei fatti la legge, per loro, quando non gli va a genio, la ignorano.

Emblematico il caso dell’Irsap, l’Istituto regionale per le attività produttive (che in Sicilia non ci sono più). Lì hanno imposto un loro sodale privo di titoli. Ignorando a bella posta una legge dello Stato (il Decreto legislativo n. 39 di quest’anno) che detta norme particolarmente severe in materia di nomine. Incredibili, questi personaggi di Confindustria Sicilia. Parlano di ‘legalità’ e di trasparenza e, in alcuni casi, sono dentro i peggiori affari della Sicilia. E’ il caso di Giuseppe Catanzaro, vice presidente di Confindustria dell’Isola. Accusato di essere un affarista da un assessore della Giunta di Rosario Crocetta, cioè Nicolò Marino, magistrato, già alla Procura della Repubblica di Caltanissetta. La polemica tra l’assessore Marino e Giuseppe Catanzaro suscita tanti interrogativi tra gli osservatori della vita politica siciliana. Perché Catanzaro è il braccio destra del potentissimo Montante, il vero ‘capo’ – lo ribadiamo ancora una volta – della Sicilia di oggi. Ed essendo Montante “the big sponsor” di Crocetta è strano che un assessore della Giunta regionale dello stesso Crocetta attacchi il braccio destro dello stesso Montante. Eppure succede.

Perché un magistrato, oggi assessore, attacca il numero due di Confindustria Sicilia? Chi sono, in realtà, questi personaggi potentissimi e intoccabili di Confindustria? In genere, quando si parla di un industriale, in tutto il mondo, si pensa al titolare di grandi industrie. Il presidente degli industriali siciliani, in quanto tale, dovrebbe essere titolare di grandi o medie industrie della Sicilia In realtà, Montante, nell’Isola, è titolare di una piccola bottega di biciclette. Le industrie, le sue attività industriali, li esercita fuori dalla Sicilia. Anche il già citato Catanzaro non svolge attività industriali: si occupa di raccolta e smaltimento di rifiuti. Operando in concessione con la pubblica amministrazione regionale. Anche del terzo personaggio di Confindustria Sicilia non si conoscono attività industriali in Sicilia degne di nota. Di lui si ricorda la costante presenza nei consigli di amministrazione delle banche. Resta da chiedersi perché questi tre personaggi che in Sicilia, con le attività industriali hanno poco a che vedere sono diventati i padroni di Confindustria Sicilia. Questo rimane un mistero.

Mentre non è un mistero il perché l’assessore regionale Marino ha più volte attaccato il gruppo di Giuseppe Catanzaro. Lo ha attaccato perché questo signor Catanzaro opera, in Sicilia, con le discariche. Ora se diciamo agli americani che in Sicilia, ancora oggi, il 95 per cento del rifiuti viene seppellito sotto terra, inquinando terreni e falde acquifere ci prendono per matti. E invece è così: la Sicilia è esattamente come Napoli: una grande ‘Terra dei fuochi’, più estesa e, per certi versi molto più pericolosa di quella della Campania. Con la differenza che in Campania i fatti criminali stanno venendo fuori, mentre in Sicilia la mafia è fortissima e tiene tutto nascosto.

L’assessore Marino sta provando – è proprio il caso di dirlo – a fare venire fuori tutta questa merda. E si sta scontrando proprio con il gruppo Catanzaro. E quindi con i ‘Professionisti dell’Antimafia’ di Confindustria Sicilia. Che, nonostante siano ormai stati sputtanati, continuano a godere di protezioni incredibili. Anche da parte di magistrati ingenui e, spesso, poco informati. Così torniamo alla mafia e all’antimafia. Al signor Crocetta che ha voluto inserire nello Statuto autonomistico della Sicilia la buttanata della “Sicilia che è contro la mafia”. A parole. Perché la Sicilia, oggi più di ieri, è controllata dalla mafia, dallantimafia e dalla mafia dell’antimafia…

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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