È un giorno che ricorderemo per tanto tempo il 16 novembre 2013. L'Italia da Nord a Sud è finalmente unita da un'unico comune denominatore: la protesta. L'immagine è quella del fiume in piena. Migliaia e migliaia di italiani sono scesi in strada, ognuno con la sua buona ragione per manifestare, per far sentire la propria voce, gridare i proprio dissenso.
“I mafiosi speculano, lo stato li assiste, la Valle resiste”
A Nord il Movimento NO TAV ha organizzato una marcia ordinata verso Susa. È una resistenza storica quella che da anni si conduce in Val di Susa con la partecipazione attiva degli abitanti dell'intera valle: uomini e donne. A sfilare sono quasi 30 mila. Gli striscioni parlano chiaro “Ricostruire L'Aquila. Demolire il TAV”. E alla sigla NO TAV si aggiunge anche la scritta NO mafie. Sono persone comuni, lavoratori di ogni settore e di ogni appartenenza quelli che fianco a fianco in questo tempo lunghissimo si sono messi a scudo del loro territorio, proteggendolo da quello che hanno da sempre ritenuto e motivato come un'opera inutile, che avrebbe fatto solo più danni che altro. Si protesta contro la prevista occupazione militare della valle, che significa "sperpero di soldi pubblici che in tempi di crisi potrebbero essere destinati ad altro".

Il corteo a Napoli per dire Stop al biocidio
Stop al biocidio: Napoli scende in piazza per chiedere la bonifica della terra dei fuochi
Più a Sud un'altro fiume di esseri umani si è riversato per le strade. Siamo a Napoli, si protesta per il biocidio – la terra dei fuochi – quelle zone della Campania totalmente inquinate da tonnellate di rifiuti tossici interrati e scaricati lì per ordine della Camorra con l'aiuto di uomini delle istituzioni deviati e corrotti. La pioggia non ha scoraggiato gli oltre 50.000 partecipanti guidati da Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano e ormai simbolo di questa lotta, e dal cantante Nino D'angelo. Ad aprire il corteo i familiari dei tanti bambini morti per tumori incurabili, con in mano le gigantografie dei loro piccoli angeli. La gente sta morendo, i casi di cancro si moltiplicano ogni giorno. La morte non fa distinzioni, i veleni intossicano tutti: buoni e cattivi. Ed oggi la camorra non fa più paura, non più della morte garantita. Per un padre che ha perso un figlio di pochi anni, l'unica salvezza è quella di lottare per salvare qualche altro bambino, ed un'eventuale pistola puntata in testa lo può solo far sorridere.
La musica non può bruciare, mai!
Ancora più a Sud, a Reggio Calabria, nella punta estrema dello stivale, un'altra manifestazione stra-ordinaria. Qualche settimana fa il Museo dello strumento musicale è stato dato alle fiamme. Nell'incendio di origine dolosa, oltre 800 strumenti da tutto il mondo insieme a partiture antiche sono andati quasi tutti perduti. Un grosso colpo al cuore culturale di una città a cui da sempre si tenta di imporre un'unica identità: quella 'ndranghetistica. Ma i musicisti della bella Reggio insieme alla direzione del museo hanno deciso di organizzare l'indignazione, e scendere per strada, ognuno con i propri strumenti per suonare, fare rumore, far sentire a tutti che la musica non si può fermare. Il risultato è senza precedenti: una partecipazione corale che riaccende concretamente la speranza, che fa comprendere che i tempi sono maturi per avviare dei processi di cambiamento. I reggini stanno sviluppando una coscienza antimafia, sono finalmente stanchi della sopraffazione, della violenza, del ricatto. E sono disposti a prendere le distanze da quelle azioni criminali e a metterci la faccia.
Non si vedeva tanta gente a Reggio Calabria in corteo forse dai tempi del "boia chi molla". Una grande sfilata contro la violenza, contro la cultura malavitosa di coloro che vorrebbero cancellare la storia e la cultura di un popolo, le sue tradizioni e scriverne una nuova fatta di sangue, cadaveri e predominio della città. Ma oggi la musica cambia davvero. Questa è la prima vera grande risposta di Reggio Calabria contro la malavita.