C’era una volta la Teti. Che funzionava bene. Arrivò poi la SIP (reti unificate su scala nazionale), che funzionò altrettanto bene. Ancora alla fine degli Anni Settanta il sistema di comunicazioni telefoniche italiano era fra i primi al mondo. Di prim’ordine i dirigenti, gli impiegati, i tecnici, parliamo per esperienza personale. Nel 1973 a Firenze ci arrivò una bolletta telefonica ‘stratosferica’, qualcosa, se ben ricordo, intorno alle seicentomila lire (un redattore di prima nomina alla “Nazione” di Firenze ne guadagnava quattrocentoventimila al mese). Nelle settimane precedenti avevo ospitato mie amiche irlandesi, inglesi, ragazze con l’argento vivo addosso, un poco ‘spregiudicate’. Le “sospettate” erano loro…
Bene: mia mamma e io ci recammo alla sede fiorentina della SIP. La mamma chiese di poter parlare con un dirigente. L’usciere si scappellò e sparì dietro una porta. Tornò poco dopo e ci disse che il ‘dottor’ tal dei tali era pronto a incontrarci. Conoscemmo così un gran signore, un funzionario di Stato esemplare, uno vicino agli utenti, comprensivo, capace d’inquadrare subito con chi aveva a che fare. Anzi, prima che gli esponessimo la questione, aveva ordinato da bere per tutti e tre. Morale: ci concesse una comodissima rateizzazione e, quando ci alzammo per andarcene, s’alzò anche lui come s’era alzato all’ingresso di mia madre. Capito? Provate oggi ad agganciare un dirigente, un alto dirigente. Impresa senza speranza. Non è nemmeno tanto chiaro quali siano gli indirizzi delle sedi centrali delle compagnie telefoniche attive in questo Paese, e non tutte italiane (!). La telefonia italiana d’oggigiorno è fatta anche così: è nebulosa, ambigua; è scaltra. E’ “astratta”, ma non è per nulla ‘astratta’ quando c’è da reclamare i quattrini…
Il quotidiano La Repubblica giovedì scorso ha piazzato in prima pagina un’inchiesta proprio sulla telefonia italiana. “Incubo gestore”, dice il giornale. Vale a dire: il cliente che decide di lasciare un’azienda per un’altra, spesso va incontro ad attese “bibliche”, si trova impigliato in un groviglio il più delle volte inestricabile. Può buscarsi l’esaurimento nervoso… Minimo, diventa suscettibile, irritabile. Si ritrova nella morsa dell’esasperazione. E passano le settimane, passano i mesi… Un due o tre anni fa a Roma cadde un po’ di pioggia, la centralina della mia zona s’allagò: come altre decine di migliaia di utenti, rimasi per dieci giorni senza collegamento Internet, dieci giorni! E sapete perché? Perché la manutenzione in questo Paese suicida è ormai un elemento archeologico… Fuori moda! Costa troppo!
Ditemi voi se questa è Modernità. E’ l’antitesi della Modernità: difatti si chiama ‘modernismo’.
Ci avevano detto che i “pregi” della libera concorrenza sarebbero stati per tutti noi una beatitudine. Un risparmio! L’esperienza diretta ci ha insegnato che non è affatto vero. I telefoni in mano ai privati. Una bestemmia. L’ennesimo imbroglio di un Capitalismo rapace, ingordo. Inelegante.
Ridateci allora la SIP… O, perlomeno, si venga a sapere chi, e perché, una ventina di anni fa, volle spazzare via la SIP. Nossignori, noi non diamo “addosso” all’Italia. Diamo “addosso” a “questa” Italia…
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