Una Nazione, almeno secondo noi, la si può giudicare dal modo in cui i suoi cittadini – nel pubblico come nel privato – trattano le donne, i bambini, gli animali. Partiamo dagli animali. In Italia, salvo le numerose eccezioni alla regola, cani, gatti e altra fauna vengono trattati malissimo, come si fa in Spagna, in Iran, in Marocco…
I bambini. I piccoli in Italia, o vengono vezzeggiati, viziati, avviati quindi a un modo di vita disastrosamente asociale, paurosamente narcisistico, perciò orribilmente individualistico; o repressi, impauriti, manovrati come burattini. Condizionati fino dai due o tre anni di età. Cresceranno, così, o insicuri o violenti.
Il caso delle donne ricorda un po’ quello dell’infanzia. La donna italiana da almeno quarant’anni occupa ampi spazi nel mondo del lavoro, ed è giusto che sia così. La donna italiana dei nostri giorni appare sicura di sé, è volitiva, energica; magari non proprio colta, ma a un’istruzione di valore medio supplisce con spirito d’iniziativa, risolutezza, inventiva. E’ donna temuta, ossequiata, quindi; rispettata. Le si va incontro. Ci si dà daffare per ottenerne la stima. La si corteggia. Non di rado si riesce a conquistarla.
Ma, attenzione, fingiamo di credere nei principi che l’hanno condotta ai vertici del mondo del lavoro; in realtà, s’è sviluppato in noi un rancore sordo, vile, quindi; meschino; influenzato abbastanza spesso sia da violenza morale sia da violenza fisica. E’ la donna che si veste in “modo provocante”, la donna che eccita, che causa in noi un robusto rimescolìo… La vorremmo di nuovo “schiava”!
In tanto modernismo (non modernità) abbiamo fatto un balzo indietro di secoli, sissignori, secoli. Il problema è nazionale. Perciò gravissimo.
La scorsa settimana la Corte Costituzionale (ecco che arriviamo al sodo) ha sentenziato che servono misure alternative al carcere per chi stupra. La notizia era talmente dura e secca che l’abbiamo letta tre volte! Poi abbiamo approfondito. Ci dice la Corte Costituzionale: “La detenzione è da escludere quando si possono applicare misure alternative […] Indizi anche gravi non rendono automatica la carcerazione […] Ciò che vulnera i parametri costituzionali non è la presenza in sé, ma il suo carattere assoluto che implica una indiscriminata e totale negazione di rilevanza al principio del ‘minore sacrificio necessario’ […]”.
Il linguaggio è macchinoso, astruso; è da accademia del Seicento… E’ da “sapienti”… Restiamo allibiti. Indignati. Ci domandiamo se questo sia ancora il Paese di Cesare Beccaria, Pareto, Pirandello. Eccola, quindi, la veemente risposta alla donna italiana la quale “provoca”, nulla fa per non suscitare nel “povero” maschio istinti carnali dei peggiori. “Colpa sua, no…”?, se l’uomo la soggioga alla bruta. Meno male che mia figlia Lavinia vive e lavora felicemente in Germania, dove è tutelata da una società sana. Da una società giusta.
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