Qualche tempo fa sono stato in vacanza alle isole Hawaii. Un luogo bellissimo; un vero paradiso. Anzi, essendo parte degli Stati Uniti, è un paradiso col Wal-Mart!
Durante il giorno, tutto perfetto: spiaggie dalla sabbia bianchissima, il mare azzurro, le nuotate tra delfini e tartarughe marine, il tutto sotto un sole splendente.
La sera tuttavia, rimanevo perplesso. Malgrado il grosso numero di turisti presenti infatti, nelle strade della cittadina principale dell’isola di Kauai, non c’era nessuno: un deserto.
Una cosa sorprendente se paragonata a tutte le località turistiche italiane, grandi e piccole, dove la sera, nelle piazze e sui lungomare è tutto un susseguirsi di bar, ristoranti, locali e, soprattutto, di gente che passeggia. Persone di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali, che, dopo i bagni, le gite fuori porta o la cena in pizzeria si riversano in strada per terminare la giornata con la passeggiata, le chiacchiere con gli amici e l’inesorabile fermata in gelateria.
A Kauai invece, niente di tutto questo. Dopo le sette di sera per strada non si vedeva un'anima tanto dal farmi chiedere se fossimo finiti effettivamente alle Hawaii o al triangolo delle Bermude.
In realtà, anche le caratteristiche urbanistiche della capitale, Lihue, non sembravano prestarsi particolarmente alla socializzazione notturna. Niente lungomare, niente piazza principale, niente centro. Proprio come la maggior parte delle città californiane, delle quali ricalcano lo stile, anche quelle hawaiane non hanno centro, non hanno un punto tradizionale di aggregazione sociale, essendo state concepite e costruite non in funzione delle persone ma in funzione dell’automobile.
A guardarla da vicino, questa delle città americane soprattutto quelle della West Coast, non è solo una differenza urbanistica ma anche culturale ed esistenziale. A mancare infatti, non è tanto la piazza ma l’Agorà.
Come abbiamo scoperto in seguito, i turisti di Kauai la sera frequentavano i bar e le discoteche che si trovano all’interno dei grandi alberghi e delle varie “resorts” della zona. Lo spazio pubblico, l’Agorà, è ridotto al minimo e quindi per strada, malgrado il clima dolcissimo, la luna piena ed il cielo stellato, non si vedeva nessuno.
Tutto ció é dovuto anche al fatto che mentre gli americani vanno in vacanza, gli italiani vanno in “villeggiatura”.
Quello della “villeggiatura” è un concetto sconosciuto negli Usa: esso implica un cambiamento radicale dello stile di vita e delle abitudini quotidiane: c’è la spiaggia di giorno e la passeggiata serale ma, in genere, la “villeggiatura” ha una connotazione negativa. Cioè, è il tempo del “non-fare”, il tempo dell’ozio non solo fisico ma anche e soprattuto psicologico, quando è possibile lasciarsi alle spalle la propria identitá di avvocato, notaio o idraulico per essere e sentirsi semplicemente dei “villeggianti”.
In America invece, dove l’Agorà non esiste nè nelle città nè nelle coscienze, anche l’andare in vacanza ha una valenza attiva. É un contesto in cui ad alcune routines quotidiane (l’andare al lavoro, a fare la spesa, o andare a scuola) se ne sostituiscono altre (l’andare a fare surf, sci nautico o a prendere la tintarella).
Nelle cittadine turistiche italiane la gente passeggia di sera fino a tardi. In quelle americane la gente fa “jogging” di mattina presto. Al contrario della passeggiata, che è un’attività dello spirito senza alcuna utilità pratica, fare jogging è un’azione che serve ad un fine pratico: il mezzo per il raggiungimento di uno scopo, coerentemente col carattere pagmatico della cultura Usa.
Poiché la storia e la cultura di un luogo modellano l’archittetura delle città, in Italia l’Agorà è uno spazio fisico costruito in funzione di una dimensione culturale che non trova corrispettivi in America.
Tuttavia, negli Usa, negli ultimi decenni, c’è stata una riscoperta del concetto di Agorà anche se inserito in un contesto del tutto diverso. Il risultato architettonico-culturale di questa riscoperta sono gli strip malls, i bruttissimi shopping centers in cui negozi e botteghe di ogni genere si affacciano su vialetti climatizzati, resi più ameni dai tavolini dei caffè, dal dolce scrosciare delle fontane e dagli alberelli attentamente selezionati per sopravvivere in condizioni di luce artificiale. Nei malls, tutto puzza di finto, di falso perchè essi cercano di riflettere artificialmente una cultura “copiata”; che non esiste. Anzi, cercano di nascondere dietro l’apparenza disimpegnata dell’Agorà, il vero praticissimo scopo della loro esistenza: il commercio delle botteghe. Quello si, ben radicato nella cultura del luogo.
Ecco perchè in America, anche un paradiso come le Hawaii, resta comunque “un paradiso col Wal-Mart”.