I pittori ti illustrano, i poeti ti raccontano, i musici ti intonano, gli inventori ti immaginano, i paurosi ti temono, i credenti ti pregano, gli impavidi ti sfidano, i narratori di favole ti stuzzicano, gli spiritosi ti infastidiscono, i bugiardi fingono di cercarti, i mimi studiano il modo di rappresentarti, i ballerini piroettano sperando la tua ammirazione, i paralitici non pensano neppure pensarlo, i ricchi meditano di comprarti, i poveri si rassegnano, i ladri studiano qualche piano e insomma tu sei un tipo estremamente popolare e allo stesso tempo detestato, curioso e pericoloso, attraente e repellente, affascinante e disgustoso.
La tua immagine più comune e antica che ti rappresenta è uno scheletro vestito con un mantello nero che ti sta troppo largo e sul capo un cappuccio anch’esso nero che nasconde la tua faccia e anche gli occhi che non si vedono ma si dà per sicuro che li hai. Molto vistosa, poi, è la grande falce che porti sempre con te e che quando uno meno se lo aspetta, tu la meni sul primo collo che ti si avvicina forse per coraggio esagerato, per disperazione, per stanchezza o forse semplicemente per distrazione.
A suo tempo Gioacchino Belli, sempre inbevuto di ironia, si spaparanzò (uno dei verbi da lui inventati) sul fioristico dialetto romanesco. Ti coniugò al femminile e frugando nel suo genio infarinato dello spirito della Roma Sparita, ti chiamò La Commare Secca. Recentemente, invece, la Hollywood dai tanti soldi e poca immaginazione, ti ha brutalmente staccato dal popolaresco e ti ha dato perfino la bella faccia di un vivente: il divo Brad Pitt, imperlato dalle luci degli studios per arricchirlo con un alone ambiguo: gentile e inesorabile. Il grande Ingmar Bergman, più lontano nel tempo, ebbe il ghiribizzo di giocare con te una partita a scacchi e ti acconciò un cappuccio molto stretto sulle orecchie che lasciava vedere solo il centro della faccia. Lui gli occhi li aveva eccome ed erano penetranti, scaltri, minacciosi, ironici e con una luce che sembrava di sapere tutto ciò che si deve.
Quelli che ti cercano pretendono di strapparti qualche scampolo di coscienza. Ti si rivolgono come fossi una persona vera, ma il soggetto di questa vicenda non sei tu: sono quelli che ti immaginano. Per un breve momento anch’io sono scivolato nell’immaginazione, vedendo un po’ se ci fosse spazio per negoziare. Imponendomi un sorriso forzoso, pensavo che facendo amicizia con te avrei potuto ottenere qualche consiglio sul da farsi per camminare meglio sulla strada. Ma poi ho capito che la strada è tutta e solo mia. Tu non c’entri. Sei una mia immagine, ti ho partorito io. S’è mai visto un figlio che ne sappia più del padre?
La Commare Secca rimane un geniale prodotto del Belli, ma lei non c’entra. Brad Pitt è molto bravo a rendere la condizione del suo personaggio malato di potenza. E quanto alla partita di scacchi, non sei tu a giocarla e io non posso fare nulla di fronte alle regole inflessibili. La Torre soffre tristemente, ma è incastrata nel moto verticale. Il Cavallo scalcia infuriato, ma c’è solo un salto sbilenco che possa fare. E quanto all’Alfiere, può solo rassegnarsi a percorrere l’obliquo.
Sebbene la strada sia piena di sorprese, illusioni e imbrogli, la meta è fissata e il percorso sfuma rapidamente. Prima che sfumi devo sbrigarmi a dare alcuni consigli alle persone che amo, affinché sfruttino quel poco che ho imparato mentre mi avviavo verso la strada. Niente da fare. E’ tempo di sfumare.