Le elezioni politiche del 25 settembre si svolgono in un momento drammatico per il mondo e per il nostro Paese. La guerra in Ucraina, le code della pandemia, l’inflazione, la recessione e il cambiamento climatico sono elementi che pongono a rischio il benessere dell’intero pianeta. Esse rappresentano un pericolo ancora più forte per l’Italia afflitta da mali antichi. Ho deciso quindi di indirizzare un appello ai candidati della Circoscrizione Nord e Centro America per stringere un patto del dopo voto: chiunque vincerà e chiunque starà all’opposizione dovrà impegnarsi a battersi unitariamente per migliorare la condizione degli Italiani d’America e per migliorare i rapporti con la nostra Patria. Per monitorare questa attività propongo un Forum informale permanente di consultazione e di monitoraggio dell’attività dei parlamentari d’America. Io ci sono. Per la fase organizzativa ne parliamo dopo il 25.
Venendo al merito, la questione più urgente e la meno meno impervia da risolvere è quella del rapporto dei cittadini italiani con il Consolato. Il Consolato è molto simile a uno sportello della pubblica amministrazione italiana, come il Municipio. Soffre di risorse insufficienti e organici molto al di sotto di quelli necessari per soddisfare la domanda. Bisogna fare in modo – e su questo penso saremo tutti d’accordo – che i servizi consolari siano radicalmente digitalizzati.
Si tratta del mio campo professionale – l’amministrazione fondata sull’uso avanzato di dati e tecnologie. Ho esperienza con altri governi e so benissimo che si tratta solo di volontà politica. La tecnologia esiste da anni e non è complessa. Si ridurrebbe il carico di lavoro dei consolati e, per quella parte di utenti che ha difficoltà con il digitale, un sistema telefonico ne farebbe le veci. Iscrizione all’Aire e cambio di indirizzo immediati, certificati, rinnovo passaporti etc dal proprio computer.
Dare priorità assoluta a questo problema è strategico: si sposa con una forte necessità dell’Italia intera e con un piano di intervento con fondi già allocati (Pnrr). A differenza di altri temi ostici come il riacquisto della cittadinanza, trovare leadership politiche alleate è molto più semplice: gli italiani non conoscono la questione cittadinanza, mentre conoscono bene la questione burocrazia ed è molto più facile trovare alleati pronti a spendere capitale politico su questo tema.
Inoltre, la questione entra nel quotidiano di tutti, vecchia e nuova immigrazione, chi si stanzia a lungo e chi fa il pendolare. La soluzione più giusta sarebbe un sistema di customer service che usi il ticketing: chiami o scrivi, ti si apre un ticket che finalmente ti informa sul punto dove si trova la tua pratica. È difficile? No.
Purtroppo il problema si inserisce in un contesto che vede l’Italia molto indietro su innovazione in generale. Nei partiti manca quasi del tutto una cultura dell’innovazione e delle startup, le principali aziende innovatrici. Un solo dato è sufficiente: nel 2021 nella sola New York City ci sono stati 55 mld di investimenti in venture capital, in Italia 1 mld (UK 32, Spagna 4).
Per l’altra urgenza, il riacquisto della cittadinanza, che ritengo vergognoso e mi fa venire in mente le leggi razziali, il terreno è difficilissimo. In Italia non è una priorità politica perché gli italiani non ne sanno nulla. Di conseguenza, non interessa a nessun leader politico spenderci energia. Dobbiamo affrontare la questione da un’angolatura diversa: far conoscere il tema attraverso un martellamento su tutti i mezzi di comunicazione possibile. Inclusi documentari e film. Su questo ho delle carte in più di qualsiasi candidato dati i miei consolidati rapporti col mondo dei media.
Le urgenze non finiscono qui, ma dobbiamo scegliere le battaglie che possiamo vincere. Per esempio, trovo essenziale e fattibile soddisfare la necessità di generare un ponte tra Roma e il Nord America via New York. Pensiamo ai giovani. In passato mi sono prodigato per rinnovare l’accordo bilaterale fra l’istituto che promuove l’insegnamento della lingua italiana nelle scuole di New York (IACE) con il NYC Department of Education. Ma è poca cosa. Continuerò a lavorare con i vari Board of Education dell’America Centrale e Settentrionale, per facilitare la creazione di classi dual language sia private che pubbliche. Proprio attraverso public-private partnership fra hub culturali locali e quelli italiani, incluse scuole e università.
E poi bisogna promuovere al massimo scambi per gli studenti, anche nell’ambito dello sport, attraverso borse di studio erogate in accordo tra l’Italia e il paese di residenza. Un modello bello e pronto sono le borse Fulbright, grazie alla quale sono arrivato negli USA nel ’96, per portare più studenti stranieri o italiani di seconda generazione in Italia e viceversa. Serve come il pane insegnare ai ragazzi italiani come relazionarsi col resto del mondo. Entrare in contatto con italiani cresciuti qui, sarebbe molto efficace. In Italia è ancora altissima la percentuale di ragazzi (non parliamo degli adulti) che non parla l’inglese. Persino i francesi lo parlano meglio di noi e hanno capito che non significa sminuire la propria lingua, ma piuttosto avere un mezzo più efficace di comunicazione su cui fare leva per la promozione della loro cultura.
Infine, cari amici e cari elettori, la questione della legge elettorale. Si moltiplicano in queste ore notizie di disservizi e brogli. Urge una riforma della legge sulla rappresentanza degli italiani all’estero. Altrimenti un giorno o l’altro perderemo questo diritto. Bisogna studiare le soluzioni che consentano un vera rappresentanza, oggi molto scarsa, attraverso un migliore mezzo di voto (la soluzione postale sarà sempre più problematica perché la popolazione all’estero aumenta e il personale dei consolati no), le modalità di diffusione delle liste degli iscritti AIRE e la dimensione dei collegi. Partecipazione al 30%, quasi la metà dei voti senza preferenza: la maggior parte degli elettori non ha idea di chi siamo.
Si finisce che gli eletti rappresentano principalmente le aree circoscritte dove vivono. accade quello che sta accadendo anche nelle migliori famiglie: chi è ricco e può contare su multinazionali dell’organizzazione aziendale è in grado di muoversi con ampi passi nel mega collegio impiegando risorse di ogni genere chi invece, come me, ha come risorsa solo il legame stretto e di cuore con la Comunità degli Italiani d’America trova grandi difficoltà. Bisogna cambiare perché l’elettorato è troppo frammentato e granulare: non c’è un dibattito politico comune e sufficiente informazione per un esercizio della democrazia. Bisogna anche lavorare di fantasia come proposto da Chiara Prodi da Parigi: perché il ministero degli Esteri non si fa carico di creare un luogo ufficiale, nella rete, dove vengono presentati i candidati con informazioni di base che poi ogni elettore può approfondire da se? Un “one stop shop” da dove partire.
Ultimo punto. Con totale rispetto verso i candidati che spesso sono di gran qualità, votare liste che non siano PD o Destra in Nord America ha poco senso. I seggi andranno a questi due schieramenti salvo cataclismi politici. Quindi, dico agli elettori di altre liste che è forse meglio scegliere il candidato/a che meglio vi può rappresentare in queste due liste.
Buon lavoro, buon voto, Viva l’Italia e Viva l’America!