Il gran giurì di Manhattan che sta indagando sul pagamento in denaro di Donald Trump alla porno attrice Stormy Daniels si è riunito oggi pomeriggio per ascoltare ulteriori testimonianze.
E’ stato ascoltato l’ex editore del National Enquirer in relazione a pagamenti effettuati dall’ex presidente a Stormy Daniels. David Pecker, che in precedenza è stato CEO di American Media, la società madre di The Enquirer, è entrato nel tribunale di New York verso le 3:30. Pecker era già comparso davanti al gran giurì a gennaio per raccontare le circostanze della sua mediazione nell’accordo tra Daniels e l’ex avvocato di Trump, Michael Cohen.
Trump aveva affermato nove giorni fa che sarebbe stato arrestato già martedì scorso, incitando i suoi sostenitori a manifestare contro le accuse. Un fatto questo che ha messo la polizia di New York in allarme, con tutti i 36.000 agenti pronti a schierarsi in caso di disordini.

Trump si è nuovamente scagliato questa mattina contro il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg in un post sui social media. La settimana scorsa aveva anticipato che il rinvio a giudizio era imminente. Poiché i giurati ancora non hanno emesso il verdetto l’ex presidente sostiene ora che il ritardo è dovuto perché Bragg non riesce a convincerli della sua colpevolezza. “Ha già deciso di non continuare la sua inchiesta” ha detto sabato ai giornalisti che lo seguivano sul suo aereo mentre lasciava Waco per tornare a Palm Beach in Florida.
Questa mattina un parlamentare democratico alla Camera ha tenuto una manifestazione in sostegno del procuratore di Manhattan dopo che tre parlamentari repubblicani nei giorni scorsi hanno cercato di ostacolare l’inchiesta.
“Siamo qui per dire che il processo continui e nessuno è al di sopra della legge, nemmeno un presidente degli Stati Uniti”, ha detto Adriano Espaillat, che rappresenta Upper Manhattan, in una manifestazione di Harlem a cui hanno partecipato una dozzina di altri democratici locali.
Giorni fa i parlamentari repubblicani Jim Jordan, James Comer e Bryan Steil – rispettivamente presidenti della Commissione Giustizia, Commissione di supervisione e Commissione amministrativa della Camera hanno inviato una lettera a Bragg chiedendogli di testimoniare in privato. Le richieste sono volontarie poiché i vertici repubblicani non hanno emesso un mandato di comparizione. Bragg ha risposto su Twitter affermando che “non era appropriato che il Congresso interferisse con le indagini locali in corso”.
Da un processo all’altro. In Georgia il giudice della corte superiore della contea di Fulton, Robert McBurney, ha ordinato all’ufficio del procuratore distrettuale di Atlanta di rispondere a una mozione degli avvocati dell’ex presidente Donald Trump di respingere il rapporto del gran giurì speciale che ha svolto le indagini sui tentativi di interferire nelle elezioni presidenziali dello stato del 2020. La mozione del team legale di Trump cerca anche di eliminare tutte le testimonianze dall’inchiesta e di impedire al procuratore distrettuale della contea di Fulton, Fani Willis, di continuare a indagare o perseguire Trump.
Il giudice ha ordinato a Willis di rispondere entro il 1° maggio e di fargli sapere se è necessaria un’udienza per risolvere eventuali problemi. Un portavoce di Willis ha detto che il suo ufficio risponderà attraverso i documenti depositati in tribunale.
Si tratta di un altro tentativo degli avvocati di Trump per tentare di sfuggire a una delle molteplici sfide legali che l’ex presidente deve affrontare.
Fani Willis ha iniziato le sue indagini dopo che l’ex presidente telefonò al segretario di Stato Raffensperger, che registrò la telefonata, di “trovargli” il numero esatto di voti necessari per ribaltare la sua sconfitta elettorale. Il gran giurì speciale ha ascoltato circa 75 testimoni e ha considerato altre prove prima di pubblicare un rapporto che include raccomandazioni per Willis sulle accuse penali. Il giudice McBurney ha reso pubbliche solo parti delle raccomandazioni: l’introduzione e la conclusione del rapporto, nonché una sezione in cui i giurati hanno espresso preoccupazione per il fatto che alcuni testimoni avrebbero mentito sotto giuramento, ma il resto del rapporto è rimasto finora segreto.
Willis ha dichiarato in un’udienza di gennaio che le decisioni sulle accuse erano “imminenti”.
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