A meno che non prevalga la follia e venga schiacciato il bottone della guerra nucleare, ci sono due scenari della guerra di aggressione della Russia all’Ucraina che sono entrambi irrealizzabili!
Il primo: la Russia vince la guerra e costringe alla resa l’Ucraina. Il secondo: l’Ucraina riconquista tutto il suo territorio incluse le enclave russofone e filorusse del Donbass e la Crimea ricacciando le truppe russe e i mercenari della Wagner fuori dai propri confini.
Solo quando questi due scenari saranno per tutti – russi, ucraini, europei, americani, cinesi – un dato indiscutibile, sarà più facile sedersi al tavolo per discutere prima un cessate il fuoco, poi una tregua stabile e duratura, infine una conclusione della guerra di aggressione scatenata dal presidente russo Vladimir Putin in nome della ideologia imperialista della Grande Russia.
A poco più di un anno dall’invasione dell’Ucraina, la situazione di oggi è quella della cosiddetta guerra di attrito, conflitto dove le parti un po’ avanzano conquistando pezzi di terreno e qualche cittadina, un po’ arretrano perdendo quanto conquistato il giorno prima. Con il tragico conto di migliaia di morti e di feriti da ambe le parti. Da un anno si combatte come nella prima guerra mondiale, conflitto di trincea al quale oggi si aggiungono razzi, missili e droni per colpire il nemico più lontano della guerra fatta solo con obici e cannoni. Ma senza poter arrivare da nessuna delle due parti alla vittoria.
Con l’aggravante che chi pensa o invita a ritenere possibile che una delle due parti prevalga in modo totale sull’altra, non si fa scrupoli di trasformare non solo Russia e Ucraina in una macelleria a cielo aperto, ma pone le basi perché il rischio di guerra si allarghi all’intero continente europeo.

L’appoggio che l’Europa, gli Stati Uniti e la Nato stanno dando al governo di Kiev – finanziario, umanitario e bellico – è stato negli ultimi 12 mesi sincero, grande e unitario, anche se ovviamente in alcuni momenti si sono confrontate visioni diverse sulle scelte da fare che hanno però trovato sempre un momento di sintesi. Ma se la guerra dovesse continuare a lungo è assai probabile che le diverse sensibilità e visioni del fronte pro Ucraina possano trasformarsi in punti di vista destinati a incrinare l’unità.
Non è detto infatti che uno o più fondatori dell’Unione europea vogliano seguire sempre e in ogni caso le scelte del più forte degli alleati – gli Stati Uniti – le cui mosse non guardano solo allo scacchiere europeo ma si allargano a quello asiatico e al confronto a distanza con la Cina. E Washington potrebbe non avere problemi a una interminabile guerra di attrito nel cuore dell’Europa essendo lontana migliaia di chilometri e protetta dall’Oceano.
Anche gli interessi (e le sacrosante preoccupazioni) dei Paesi dell’Europa orientale e del Baltico che sono a ridosso dei confini russi potrebbero creare problemi all’alleanza se le loro politiche saranno indirizzate verso un massiccio riarmo accompagnato dalla richiesta di spostare l’arsenale atomico occidentale sempre più verso est. Oggi, almeno per le nazioni che fanno parte della Nato, l’articolo 5 del trattato garantisce il quasi automatico intervento in soccorso di un Paese membro la cui integrità territoriale fosse violata da un aggressore esterno.
I tempi lunghi di una guerra di attrito possono dunque incidere seriamente nei rapporti interni alla alleanza Nato e non è detto che l’unità di interessi resti sempre quella che c’è adesso. Mai dimenticare che negli anni precedenti all’invasione russa dell’Ucraina, l’Occidente nelle sue varie articolazioni politiche e militare non è stato in grado di elaborare una politica capace di far rispettare, ai russi come agli ucraini, gli accordi di Minsk che avevano provato a congelare il conflitto a bassa intensità del Donbass. Così come Stati Uniti, Europa e Nato non sono stati capaci di trovare politiche capaci di impedire, e poi di rendere impossibile, l’invasione russa della Crimea del 2014.
Ovviamente, l’Italia ha vissuto e vivrà questa stagione in prima linea. La sacrosanta decisione di schierarsi al fianco dell’Ucraina, di contribuire per quanto possiamo agli aiuti militari a Kiev, non deve però ostacolare gli sforzi per indicare una strada capace di fermare la guerra e di affermare i valori della pace e della risoluzione dei conflitti attraverso la diplomazia. In questi mesi, il dibattito interno ha però vissuto momenti di bassissimo livello: con le uscite pro Russia di Silvio Berlusconi e della Lega (oltre che di qualche minoritario nostalgico della fu Unione Sovietica), di una parte dell’area pacifista più incline alla soluzione non diamo le armi al premier Zelensky senza dire che ciò porterebbe velocemente i soldati russi a Kiev, con la caccia degli ultrà atlantici ai filorussi con allegate liste di proscrizione senza senso.
Il dibattito, secondo un antico stile italiano, è stato più rivolto agli equilibri politici interni tra i partiti e tra le correnti dei singoli partiti che alla ricerca del modo migliore per affrontare la crisi, fermare i russi e aiutare a trovare un percorso che faccia tacere le armi.