C’è chi prevede che l’annuncio ufficiale possa arrivare tra poche ore, addirittura prima del discorso sullo Stato dell’Unione che terrà il 7 febbraio davanti al Congresso a camere riunite. I margini d’incertezza sembrano ridursi sempre di più.
Gli indicatori interni ed esterni al partito democratico puntato tutti al bis. Joe Biden, che ha già 80 anni, è pronto a presentarsi per un secondo mandato presidenziale nel 2024. E lo farà con Kamala Harris al suo fianco come vice presidente. Ormai sembra fatta. All’hotel Sheraton di Filadelfia durante il fine settimana in occasione della Democratic National Conference, il presidente ha detto che il lavoro non è finito e lui è pronto ad andare avanti. La gente applaudendo lo incitava gridando “ancora 4 anni, ancora 4 anni…”.
Non è stata una nomination in pectore, visto che quella vera si terrà nell’estate del 2024, ma qualche cosa di molto simile.
Il motivo ufficiale del summit democratico in Pennsylvania in realtà era un altro. Cambiare lo storico calendario delle primarie democratiche che non inizieranno più in Iowa ma dalla Carolina del Sud il 3 febbraio 2024. Saranno seguite da quelle in New Hampshire, Nevada (che passerà dai complicati caucus al voto con le schede) per proseguire in Georgia e Michigan.
Una rivoluzione di 180 gradi rispetto alle tradizionali formazioni del consenso verso i rispettivi candidati, durante le quali i grandi sponsor noti e segreti del partito decideranno su chi puntare e soprattutto potranno influenzare o dissuadere se qualcuno penserà seriamente di impensierire Biden o attaccarlo politicamente una volta sceso in campo.

Ma la scelta viene motivata soprattutto, e non a torto, con la necessità non più rinviabile di aumentare la diversità razziale e geografica in tutti gli stati dove si esercita il voto anticipato.
E l’indicatore più forte in questo cambio di strategia viene proprio dalla scelta della Corolina del Sud come stato di partenza, perché è proprio qui, grazie all’appoggio dell’elettorato di colore, che Biden nel 2020 rilanciò le sorti della sua corsa diventandone il leader.
Il voto degli iscritti democratici, che ha visto qualche contenuto dissenso sulla nuova procedura, potrebbe servire anche a riallineare in uno sforzo comune tutte le anime democratiche per arrivare alla scrittura di un’agenda per il 2024 condivisa dall’intero partito e con un accento centrista e meno liberal (come è nelle corde di Biden) per attirare al momento del voto, sia per posta che nell’election day, un numero maggiore di giovani, ma soprattutto la massa sempre più robusta degli indipendenti e delle donne che da tempo sono diventati i silenziosi e potentissimi aghi della bilancia per il successo democratico nelle urne.
Anche se Trump si è ufficialmente già ricandidato, è troppo presto per dire se alla fine con le primarie rimarrà lui la scelta finale dei repubblicani o se invece l’ago delle preferenze si potrebbe spostare questa volta sul governatore della Florida De Santis, o su una donna come l’ex governatrice proprio della Carolina del Sud Nikki Haley. Oppure se si assisterà ad una rivincita del tycoon in calo di consensi con lo stesso sfidante del 2020.
Un fatto è certo, il fronte repubblicano, anche con la discesa in campo anticipata di Trump non sarà meno affollato, quello democratico invece con un presidente uscente che torna a correre si dovrebbe assottigliare nel nome dell’unità del partito e contro la litigiosità dei suoi leader, risultata la mossa vincente non solo nel 2020 ma pure nelle ultime consultazioni di metà mandato, che hanno permesso di rafforzare il controllo del senato anche se la Camera è stata persa per una manciata di voti.
Prepariamoci quindi al Biden bis. Anche se oggi nell’ultimo sondaggio il presidente è solo al 42% delle preferenze.