«Di destra è tutto quello che abbiamo fatto, cerco di fare cose compatibili con la mia visione… Vale la pena di fare tutto quello che sto facendo se sei fiero di quello che hai fatto, se sei coerente con quello che sei».
Queste le parole del presidente del consiglio Giorgia Meloni alla conferenza stampa di fine d’anno, poche ore dopo l’approvazione con voto di fiducia della Legge di bilancio per il 2023.
La fotografia della prima finanziaria di un governo di destra-centro (ne fanno parte Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia e cespugli centristi) indica che il presidente del consiglio ha voluto rassicurare e compattare quella parte del paese che l’ha votata. Le risorse a disposizione non erano poche – oltre 30 miliardi di euro – ma la maggior parte, più di 20, erano obbligatoriamente destinate al salvagente energetico: tutte misure dedicate alle imprese e alle famiglie per alleviare il peso del caro energia (elettricità e gas) figlio della guerra che la Russia ha dichiarato all’Ucraina.
Se si guarda al resto della legge di bilancio, è stata scritta e approvata all’insegna della protezione e del regalo a quei settori che il governo ritiene abbiano votato massicciamente la coalizione di destra-centro.
È stato dato uno schiaffo a tutti coloro che vivono di lavoro dipendente, ampliando la flat tax per i lavoratori autonomi. I quali possono non solo pagare l’aliquota fissa del 15 per cento su un fatturato (o reddito lordo) che arriva a 85 mila euro annuali. Con in più, il regalo di un ulteriore ribasso di fronte agli incrementi di fatturato da un anno all’altro. Semplificando il confronto, un lavoratore dipendente con un reddito tra 28 e 50 mila euro paga il 35 per cento e oltre 50 mila euro il 43 per cento.
A sentire il presidente del consiglio non c’è nessuna discriminazione perché «il lavoratore autonomo non ha nessuna delle tutele, giuste che vorremmo anche per gli autonomi, dei dipendenti». Se si parla delle grandi tutele dello Stato come sanità e istruzione, gli autonomi non hanno nulla di meno rispetto ai lavoratori dipendenti. Se poi guardiamo a questioni come le pensioni, i lavoratori dipendenti pagano contributi per formare la pensione che vengono dedotti dallo stipendio (in parte pagati ai datori di lavoro), così come gli autonomi se vogliono garantirsi una pensione devono pagare dei contributi deducendoli dal loro reddito lordo.
Nel campo delle pensioni, la legge di bilancio ha pasticciato sulla questione rivalutazione. A fronte di un’inflazione a due cifre, le pensioni più basse hanno avuto la rivalutazione più corposa (ma non totale) e salendo l’incremento si è fatto sempre più magro, tagliando corposamente le pensioni del cento medio. Con tante liti interne al governo, visto che Forza Italia premeva per portare tutte le minime, e senza differenza di età, a 600 euro e suonava ancora le trombe della demagogica campagna elettorale al grido di mille euro di pensione per tutti.
Gran parte dei fondi necessari vengono dal taglio del reddito di cittadinanza, considerato dai partiti al governo il Male per definizione, mentre in tutti i paesi moderni e inclusivi esistono forti strumenti per combattere la povertà. Certo, il reddito di cittadinanza, che da oggi non potrà essere erogato per più di 7 mesi a chi potrebbe lavorare, non è perfetto (lo credeva solo un demagogo come l’ex 5Stelle Luigi Di Maio che esultò dicendo “abbiamo sconfitto la povertà”), ha bisogno di manutenzione continua, di verifiche sulla sua funzionalità e che deve contenere strumenti di controllo per evitare abusi. Ma tagliarlo senza aver creato e testato gli strumenti per creare nuovo lavoro, appare soltanto come un’affermazione di identità della destra. Il taglio del reddito non è stato accompagnato nella legge di bilancio da strumenti per mettere in moto il mercato del lavoro.
L’altro regalo all’elettorato di riferimento nella finanziaria 2023 è la cancellazione delle cartelle fiscali fino a mille euro precedenti il 2015 e l’offerta per quelle successive anche superiori ai mille euro di un pagamento a rate con modesti interessi. Tolta una percentuale di persone che non hanno pagato perché non hanno il denaro per farlo (ma il governo si è ben guardato dal fornire cifre), il governo ha finito per fare un regalo ai furbetti di ogni tipo.
Come si sentiranno coloro che ricevuta una multa sono corsi a pagare in tempo? Penseranno, senza sbagliare, che essere buoni cittadini che quando sbagliano onorano il loro errore sia da cretini. Nella cancellazione delle cartelle, il governo non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo, temendo le reazione delle amministrazioni locali. Ha dato facoltà ai comuni di decidere se aderire o meno a questa parte delle legge. Che cosa accadrà? Risse nelle amministrazioni locali, conflitti tra periferia e centro politico, ulteriori diseguaglianze dei cittadini davanti al fisco.
Eccolo il biglietto da visita del governo di destra-centro. E Giorgia Meloni, che da Palazzo Chigi parla e si atteggia ancora come la militante di destra dura e pura promette: «Io prendo in considerazione l’ipotesi di non essere eletta tra 5 anni, quello che non prenderei in considerazione è di non fare quello che ritengo giusto fare». Il presidente del consiglio sa perfettamente che può dormire tra due guanciali per molto tempo se non cambia il modo di fare politica della disorientata e presuntuosa opposizione che va dai centristi, alla sinistra riformista e a quella populista.